Con la rete nasceva la net.art, un nuovo territorio per l’arte la cui poetica di volta in volta ha assunto carattere ironico-dadaista, anarco-surrealista, pop, performativo, relazionale e attivista. Tra i suoi più eclatanti e interessanti risvolti, le pratiche del fake o del detournement. Tra i più significativi interpreti italiani Les Liens Invisibles, duo di artisti definito “immaginario” dai suoi componenti, Clemente Pestelli e Gionatan Quintini, che spiegano nel loro sito come il loro lavoro consista nella ricombinazione eclettica della cultura net pop, nel reverse engineering, nel social media subvertising e in qualsiasi altro tipo di riappropriazione dei media. Dal 2007, si legge, Les Liens Invisibles si è infiltrato nelle reti di comunicazione globale, al fine di ampliare le connessioni invisibili tra arte e vita reale. C’è spesso la parvenza di un gioco nelle loro opere, la sensazione di partecipare ad azioni di poco conto, ma, prima cosa, nella loro net.art spesso si “partecipa” e dalla dimensione partecipativa e performativa di ogni lavoro, viene restituito sempre qualcosa in più all’utente, preziosi dettagli che influiscono sulla coscienza di fruitori del web.
Prima dall’avvento del cosiddetto 2.0 la fruizione della rete Internet consisteva per la maggior parte delle persone nell’accesso a informazioni disseminate nel web da chi poteva costruire o farsi costruire siti. Ciò ha portato gli artisti a indagare le dinamiche di questa comunicazione ancora abbastanza monodirezionale e a dare vita alla pratica del fake. Inserendosi nella storia della net.art, anche Les Liens Invisibles hanno creato siti clone, come Peking 2008, fake di quello ufficiale delle olimpiadi cinesi del 2008 con nome del dominio molto simile all’originale e creato allo scopo di denunciare l’azione repressiva del governo cinese in Tibet. Non solo, hanno anche messo a disposizione degli utenti non esperti di programmazione informatica la piattaforma A Fake is a Fake! del 2008 per costruire siti fake di alcune delle principali testate giornalistiche online internazionali, un’opera con la quale ci suggeriscono di praticare noi stessi la beffa rivelatrice di tali operazioni, Don’t blame the fake! Become the Fake!
La pratica del fake, adottata da molti artisti in tutto il mondo, spesso è stata perseguita legalmente dai proprietari dei siti “detournati”, come accaduto a Les Liens Invisibles con Liberté, Egalité, Volonté. The Blasphemous Art Riot, un sito fake creato nel 2007 per solidarietà nei confronti del collettivo artistico Mollendustria del quale era stata chiesta la censura dell’opera Operazione pretofilia. Significativo l’esito della sentenza italiana del 2010 che ha assolto gli artisti in nome dei diritti di libera espressione e di satira e nella quale è scritto “non v’è dubbio che la satira possa essere realizzata anche con la rielaborazione della home page di un sito” (il testo integrale è visionabile dal sito degli artisti www.lesliensinvisibles.org). Significativa perché in qualche modo regola all’interno della società un’azione tipica della net.art e ci indica che la sperimentazione artistica in questo campo ha concluso una fase della sua storia, quella che ha accompagnato il primo web, per rivolgersi ora al cosiddetto web 2.0. I social network rappresentano il nuovo terreno sul quale imparare a muoverci, una geografia disegnata negli ultimi anni ed esplorata anche dall’arte. La difesa dell’immaginario e della consapevolezza degli utenti dei social network è ad esempio tra le priorità di Les Liens Invisibles. Una delle loro opere Subvertr.com è la parodia del social network Flickr, una piattaforma in cui ci viene chiesto di associare alle immagini le tag (parole significanti ciò che vediamo) in maniera autonoma, liberando le associazioni d’idee che derivano dal nostro personale immaginario ed evitando che sia un sito a definire per noi cosa un oggetto dovrebbe significare. Anche Facebook è entrato nel mirino di questi artisti con un’opera che ne svela i limiti e il reale funzionamento, oltre le dichiarazioni di libertà e gratuità di questo media sociale “calato dall’alto”. Seppukoo.com (2010) premiato con una menzione d’onore al festival Transmediale di quest’anno, permette agli utenti di Facebook di eseguire il suicidio virtuale del proprio account, disconnettere il proprio profilo e decidere se e quando “risorgere”, magari con una nuova coscienza di cosa significhi la costruzione di un’identità all’interno di questo contenitore. Cancellare il proprio profilo dal popolare social network è praticamente impossibile, poiché, oltretutto, quanto inserito dagli utenti (immagini, informazioni, opinioni, profili… ) nello spazio virtuale, appartiene di fatto ai gestori del sito. Con Seppukoo.com, operazione dal carattere rituale, interattivo e ironico, uscire dalla scena è possibile, o meglio era possibile dato che il “servizio” è stato sospeso a causa dei problemi sorti con Facebook. L’operazione non ci chiede di non utilizzare i social network, ma di riflettere su cosa stiamo utilizzando e su come lo facciamo, su quanto questo network utilizzi noi e sul senso di un profilo virtuale che non necessariamente ci rispecchia. Con Repetitionr.com (2010) invece è un altro il sistema preso in considerazione, quello delle “cause” diffuse tramite il web, le petizioni a favore di tematiche anche importanti alle quali si concede la propria adesione senza andare poi oltre all’atto di un click. Davvero si può sostituire l’impegno concreto nella costruzione di ciò che riteniamo importante lasciando i nostri corpi dietro uno schermo? Si tratta di un’allucinazione collettiva o di un nuovo strumento di democrazia? Alla domanda Repetitionr.com risponde offrendoci un servizio in grado di fornire in pochi secondi un milione di firme di adesioni per qualsiasi petizione online intendiamo creare: One man one vote? No more. One click is enough. Non resta che sperimentare e aspettare di vedere cosa succede.
www.lesliensinvisibles.org
Martina Coletti
D’ARS year 51/nr 205/spring 2011