Luoghi spaziali, fisici, ideali, tematici (e non comuni) dell’arte urbana nella Capitale.
1. Piazza Augusto Imperatore o i pionieri
Anche a Roma, come in altri capitali europee, c’è chi sceglie di confrontarsi con la strada ben prima dell’arrivo dei graffiti americani. La ricerca artistica di Fausto Delle Chiaie è tutt’uno con ciò che gravita nello spazio pubblico; pur realizzando opere che formalmente esulano un diretto confronto, l’atteggiamento è il medesimo che opera alla base della Street art: i suoi lavori prendono forma e vivono unicamente nella relazione con i vari elementi presenti nell’ambiente esterno. Dal 1989 lo scenario urbano di Piazza Augusto Imperatore, al cospetto dell’Ara Pacis e del mausoleo imperiale, è il suo unico atelier creativo e insieme luogo espositivo. L’azione, la gratuità e la temporaneità sono peculiarità delle sue “infrazioni” (Manifesto Infrazionista – 1986) nei musei e negli spazi pubblici che, datate 1984, anticipano le incursioni non autorizzate di Banksy di oltre un ventennio.
Tempi precorsi anche nel lavoro urbano di Pino Boresta, noto in particolare per le cosiddette “smorfie adesive”, sticker che ritraggono ghigni e boccacce sul volto dell’artista. Le prime applicazioni in città risalgono alla fine del 1993, data in cui lo sticker artistico, medium del tutto sconosciuto alle vie di Roma, inizia a emergere nel contesto delle attività di arte urbana grazie a figure chiave d’oltreoceano quali Shepard Fairey e i writer newyorkesi Cost e Revs. Gli adesivi di Boresta propongono, mediante la ricerca di interazione con i passanti, una riflessione sull’ingerenza pubblicitaria nello spazio pubblico, rispetto alla quale si pongono come risposta e al tempo stesso alternativa. In altri lavori degli anni Novanta la pratica di détournement evidenzia lo sbocco del pensiero situazionista nell’intervento artistico stradale, relazione che forgia i geni della Street art di cui Pino Boresta è sicuro e pioneristico interprete.
2. La Galleria Colonna o la storia del Writing romano
Attraversando il passaggio pedonale sotto i binari nei pressi di Piazza della Radio, intitolato alla memoria di Massimo “Crash Kid” Colonna, si passa da alcune delle più significative pieghe di quasi trent’anni di pittura urbana, una porzione del Sancta Sanctorum di un ideale tempio romano consacrato al Dio Graffito.
Scavando alle fondamenta dell’edificio emerge la funzione portante di un’altra Galleria Colonna (dal 2003 Galleria Alberto Sordi), quella storica, adiacente all’omonima piazza. In questo luogo -oggi salotto buono lungo Via del Corso – nel cammino degli anni Ottanta si fa la storia dell’hip hop italiano sull’onda d’urto degli scratch di Ice One e dei sensazionali headspin di Crash. Al tempo il b-boying si vive a tutto tondo e nello scambio tra discipline risulta centrale il ruolo di Napal Naps, uno dei grandi senatori romani del Writing, allora in città configurabile solo dalle immagini dei libri e dei film americani – nonostante qualcuno ne avesse avuto un contatto più diretto già a partire dal 1979, visitando la mostra di Lee Quiñones e Freddy 5 Five alla Galleria La Medusa, appuntamento di avanguardia per tutto il movimento europeo.
Dalla L.T.A. (Licensed to Art) di Crash e Naps la storia del Writing romano si allunga e si articola su molteplici binari e crocevia, producendo vicende multiformi e particolari. Un aggrovigliato filo di Arianna che nell’arduo compito di risoluzione si tradisce esteticamente nella relativa linearità della lettera, non piuttosto annodata e frammentata, come nel wildstyle, bensì sciolta in forme più ampie, mantenendo un buon grado di leggibilità anche per l’occhio meno esperto.
3. La linea B della metro o la New York de’Noantri
Roma è una delle città in cui un pannello dipinto su un treno può durare di più al mondo: un trenino a tre vagoni transitante sulla Via Casilina e dipinto nel 1997 da Yess e Seme della TUW, poi nel 1999 e nel 2000 da altri writer romani, è stato avvistato nel 2014 con i tutti i pezzi ancora integri dopo più di quindici anni.
Tali primati sono raggiungibili grazie a una sorveglianza poco efficace accompagnata da interventi di pulitura episodici, elementi che hanno fatto e continuano a fare del sistema dei trasporti urbani e locali su rotaia un obiettivo marcato in rosso nelle mappe di decine e decine di crew provenienti da ogni angolo del globo. La parabola romana dello “spray su metallo” ha inizio nei primi anni Novanta con Napal Naps e Crash Kid, tra i primi writer locali a graffiare i vagoni della Roma-Lido, poi seguiti da Stand e da tutti gli altri autori del treno miliare del 9 settembre 1992.
Alla fine degli anni Novanta Roma brucia nel suo ventre di ferro sotto i colori della moltitudine di pannelli dipinti ogni notte, una selva di lettere nella quale prendono vita le sorprendenti creature bio-zoomorfe dipinte da Bol, vento di freschezza nell’ambiente. Una delle rotte più seguite porta alla yard di Magliana, la più grande di tutta l’Urbe, recinto per intere generazioni di writer capitolini. Magliana significa anche e soprattutto il regno di Howen/Poison, “King of Blue”, dal disegno limpido e ancheggiante, emblema stesso della pittura romana su treno all’alba del nuovo millennio.
In 25 anni di bombing la metro della capitale, le sue vetture, le sue yard, i suoi lay up, trasudano memorie da condividere, sulle tracce delle piste più calde che da sempre viaggiano in ragione degli eventi. Oggi a mostrarsi più dipinti sono i vecchi treni della B e della Lido, dove talvolta lo spazio è saturo e la sensazione di ritrovarsi improvvisamente catapultati nella New York della fine degli anni Settanta è forte e insieme affascinante.
To be continued…
Egidio Emiliano Bianco