Luoghi spaziali, fisici, ideali, tematici (e non comuni) dell’arte urbana nella Capitale. Proseguiamo con i nuovi scorci su Roma (qui la prima parte).
4. La porta di via Canova 28 o i graffiti dei rioni centrali.
Tutta la nostra gran zodisfazzione
de noantri quann’èrimo regazzi
era a le case nove e a li palazzi
De sporcajje li muri cor carbone […]
“Sporcare” i muri di Roma è un’attività longeva, come ci ricorda il Belli nella prima quartina del suo celebre sonetto Un ber gusto romano (1834). La memoria di Trastevere – luogo per eccellenza del popolo di Roma cantato dal poeta – e degli altri rioni del centro storico testimoniamo, dunque, un secolare esercizio del graffito, oggi prevalentemente rivolto alla colonizzazione di porte e portoni dal caratteristico legno laccato verde o marrone. In via Canova 28, nei pressi dell’Ara Pacis, risiede uno dei più riusciti pezzi di questo genere di polittici stradali segnati da strati in perenne trasformazione. Il bombing policromo di tag al marker, nel suo insieme, intesse un tappeto ornamentale su cui si stagliano inserti figurativi a stencil tra cui quelli di Hogre, di About Ponny e dei due massimi specialisti internazionali dello stencil di figura/ritratto ritagliato su piccoli spazi del paesaggio stradale, il francese C215 e la romana Alice Pasquini.
Diversamente, la selva di tag è talmente fitta e coprente da non richiedere nessun altro apporto a imbastire un quadro compiuto; di molti, è il caso del portone in lamiera di ferro di via dei Delfini 34, nel rione Campitelli: qui le impronte calligrafiche svelano al più attento osservatore il passaggio dei ben noti ex-writer Twist aka Barry Mc Gee da San Francisco e L’Atlas da Parigi.
5. Le grandi strade romane o la lotta per la visibilità.
Tutte le strade portano a Roma, recita il proverbio. Crocevia di popoli e di merci la conformazione urbana della capitale non può prescindere dall’essere servita da grandi assi stradali che ne alimentano la comunicazione. Oggi come un tempo migliaia di persone si muovono ogni giorno lungo interminabili direttrici che, quali inesauribili miniere di visibilità, calamitano i maggiori addensamenti di graffiti della città. L’anello del Grande Raccordo Anulare è un corridoio d’asfalto dove il rapporto tra occhi raggiunti e rischi corsi si ottimizza al massimo. Un paese di Bengodi per i membri degli Hot Boys, rinomata crew romana, che hanno eletto l’infinito sistema di muri di contenimento e pannelli fonoisolanti del G.R.A. quale schermo di trasmissione del loro lettering morbido e diretto, nel puro stile romano.
All’interno del grande cerchio della viabilità capitolina si irradiano le antiche strade romane e medievali, arterie millenarie di comunicazione e vetrine contemporanee del “getting up” più massiccio.
A Ovest, Ostiense e Portuense veicolano un’offerta nostrana. Qui spiccano per copertura e riconoscibilità, oltre che originalità del throw-up, i giovani writer della Rst/Nsq (Keios, Selet, Tadh Boy, Stan) che ereditano una tradizione che in quei luoghi transita necessariamente dagli epocali flop di Panda.
Nell’area orientale, tra Casilina e Prenestina, si apre una delle principali aree di frontiera di Roma, dove tutto sembra sospeso al confine tra non ben definiti mondi. Uno scenario transitorio fatto di non luoghi, dove sottopassi, muri di cinta, pannelli stradali e stazioni attraggono il gioco sporco del graffito indomabile. Il lungolinea di Via Giolitti, prima dell’imbocco della Casilina, offre un saggio eloquente del materiale che abita le superfici dei muri, con i colorati blocchetti dei berlinesi 1UP, ospiti costanti della capitale, che qua e là emergono, vincitori della fragorosa battaglia per la visibilità romana.
6. Le università o la scuola dello stencil.
All’alba del nuovo millennio la tecnica dello stencil, ancora poco conosciuta in Italia, compare tra i banchi di gruppi di studenti dell’Istituto Europeo di Design e della facoltà di Scienze della Comunicazione alla Sapienza: dell’ultimo indirizzo fanno parte il giovane Sten e la giovane Lex, i quali iniziano a utilizzare lo spray su mascherina influenzati da un’amica comune. Ha così inizio l’era dello stencil romano e, mentre i due, ancora artisticamente indipendenti, diffondono le prime piccole figure a un livello per i vicoli del centro storico di Roma (alcune delle quali ancora oggi visibili), curiosamente nello stesso periodo è sempre lo IED, questa volta a Milano, il luogo dell’incontro e dei primi esperimenti degli Orticanoodles, tra i primi interpreti del genere nell’Italia Settentrionale.
Quella che ha origine in realtà è solo l’ultima tappa di un percorso che vede nello stencil uno strumento da sempre molto apprezzato nella Capitale: dagli stencil di propaganda fascista sino a quelli sulle tele dei pittori della scuola di Piazza del Popolo; qui piuttosto la riscoperta del metodo va di pari passo con la formazione della prima schiera della Street art capitolina, la quale già alcuni anni prima muove i primi passi con artisti come Diamond e Jb Rock, che dai graffiti fanno germinare qualcosa di diverso.
La scuola romana fa la storia del genere in Italia, venendo consacrata a livello internazionale dal celebre Cans Festival organizzato da Banksy nel 2008 a Londra. Su tre italiani invitati, oltre a Sten&Lex, da lì a poco protagonisti dell’innovativa tecnica dello “stencil-poster”, l’altro romano è Lucamaleonte, all’epoca autore di una minuziosa ricerca d’intaglio con effetto fotorealistico, manualmente debitrice del diploma acquisito presso l’Istituto Centrale del Restauro.
To be continued…
Egidio Emiliano Bianco