Tony Cragg e la Lisson Gallery sono amici di lunga data. È proprio nella sede di Londra – allora c’era solo quella! – che nel 1979 tenne la sua prima personale. A quel tempo esponeva oggetti di plastica destinati alla discarica, impilati e ordinati per classi di colore. Poi sarebbero venute le sculture vere e proprie, di bronzo, di marmo, di ferro, che lo hanno reso famoso: le Early Forms, sagome sinuose e ancestrali e i Rational Beings, i famosi volti in rotazione.
Oggi Cragg è considerato uno dei più importanti scultori al mondo, tanto che nel 2007 la Japan Art Association gli ha conferito il prestigioso Praemium Imperiale per la scultura, l’equivalente del Nobel per uno scienziato (l’hanno preso, tra gli altri, anche Gormley, Kapoor, Bourgeois, Penone e Arnaldo Pomodoro).
Quella alla Lisson Gallery di Milano è la sua prima personale nella sede meneghina: cinque nuove massicce sculture e qualche opera su carta. La tecnica è quella che usa ormai da un ventennio: prende un oggetto e lo ruota “futuristicamente” lungo assi invisibili e la forma finale è data dalla rappresentazione tridimensionale di tutte quelle rotazioni. Ma, a differenza della bottiglia di Boccioni che, seppur centrifugata, ancora si riconosce come tale, qua l’oggetto girato e rigirato restituisce una forma diversa dall’originale, prendendo un aspetto spesso floreale o zoomorfo. Ciascuno ci veda ciò che vuole: un albero, un fungo, un corpo in movimento.
E questa libera interpretazione – cosa guardiamo? come guardiamo? – è l’aspetto fondamentale della poetica scultorea di Cragg. Il pezzo forte è First Person (2014), una coda di balena che s’immerge – secondo chi scrive – esposta nel cortile della galleria sullo sfondo della Casa degli Atellani e della meravigliosa vigna di Leonardo, da poco aperte al pubblico.
Altre sette sculture sono esposte presso il Duomo, sei sulla terrazza e una all’interno della cattedrale, ispirate ai pinnacoli scolpiti che decorano la basilica (Tony Cragg. Dialogo con il Duomo è il titolo dell’operazione voluta dalla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano). Sul belvedere viene a comporsi una curiosa prospettiva a tre piani: davanti a noi, le sculture di Cragg; poco più in là, le guglie affollate di santi e martiri; all’orizzonte, i grattacieli della nuova Milano dell’Expo. Tutto spinge verso l’alto.
Dentro la chiesa è esposta Paradosso, versione cragghiana della famosa Madonnina, la settecentesca scultura della vergine che svetta sulla cuspide più alta del Duomo, trasfigurata dall’artista in un vortice di marmo bianco di tre tonnellate, alto il doppio d’un uomo. Una volta, coi suoi 108,5 metri, la Madunina era il punto più alto di Milano. Oggi la Torre Isozaki, antenna compresa, ne misura 247. E qui viene in mente il titolo di un’altra vecchia opera di Boccioni, che più di un secolo fa parlava della stessa cosa: La città che sale.
Stefano Ferrari
Tony Cragg
Fino al 18 settembre 2015
Lisson Gallery. Via Zenale 3, Milano
Tony Cragg. Dialogo con il Duomo
Fino al 31 ottobre 2015
Terrazze del Duomo di Milano