È uno studio: lo spettacolo di danza SOLO PER… che ha debuttato “per gli amici” al Teatro alla Cartiera di Rovereto avrà ulteriori tappe di raffinamento. Un mese di prove sono poche per il perfezionismo della compagnia Abbondanza-Bertoni. Ci saranno altri due momenti pubblici a luglio (Fies e Kilowatt) prima di un debutto nella sua forma conclusiva in ottobre a Modena.
Eppure, se potessimo congelarlo così come l’abbiamo visto, lo terremmo con quelle aperture al pubblico, quell’ascoltare il “presente vivo” degli spettatori, quei vuoti e quell’ironia così necessaria per smobilitare le certezze accademiche in cui spesso si arrocca la danza. Nelle note che accompagnano il lavoro, Michele Abbondanza usa verbi come destrutturare, spiazzare, coinvolgere, provocare (il nonsenso e il paradosso oltre che il pubblico) eppure tutto è in quel devastante “per” che accompagna “Solo” e gli evita di essere tragicamente l’ennesima autobiografia compiaciuta.
Per chi Michele rimane solo? Per la danza, per noi, per se stesso, per necessità? Complemento di causa o complemento di fine? Senza quel “per” sarebbe ulteriore solitudine, ma sterile. Le note di regia parlano anche di improvvisazione, di occasionalità anche se apparentemente dopo la costruzione dell’incipit le tappe sembrano cronologiche e storiche. Ad un primo sguardo è la storia del percorso artistico di Michele Abbondanza. Invece no. È quello ma non solo.
Innanzitutto, se ci è concesso chiederci questo come altro, chi parla? Il danzatore o forse, meglio, il mezzo stesso, cioè la danza? Il danzatore si sdoppia tra voce dal vivo e voce registrata, diventando anch’egli ascolto. Di cosa? Del dialogo tra la verità di una vita danzata e la finzione di una danza vitale. Un chiasmo che produce dinamismi sul palcoscenico vuoto. Michele Abbondanza prova a riempirlo, di eccessi circensi, di tempi e sicurezze, di incontri artistici. Ma è solo un modo alla Böll per collezionare attimi e riordinare il passato per possederne il senso. Abbondanza gira attorno a quel cerchio di luce centrale, in realtà è un’ellisse, perché un centro non c’è, ci sono solo fuochi, scentrati o pericolosi.
Bruciarsi negli attimi passati per non per raccontare raccontandosi. Così decentrato diventa anche il tema del tempo. Ma come si può raccontare senza abbracciare mortalmente il tempo? Allora il tema è un altro. Trovare un tempo che sia una memoria presente, che sia l’autentico essere che hanno lasciato le esperienze. Non c’è presente ma un grumo di presenti strappati con ironia e autoironia dal passato e naufragati su un palco e dentro il corpo di un danzatore. Lì dentro, canterebbe Fossati, è tutto un altro carnevale. Fossati c’è, perché Abbondanza impugna la chitarra e canticchia Carte da decifrare. E poi c’è pure Battiato con il suo Perduto amore.
Momenti in cui l’ironia sta a guardare lo struggimento di chi fa un passo indietro per farne uno avanti. Noi lì sentiamo l’abbraccio spezzato da Antonella Bertoni. Dopo aver riso per il coraggio di strappare le pagine dell’abecedario della danza. Da Carson, Nikolais, Abbondanza ha preso la lezione più importante: “qualsiasi cosa immaginata può esistere da qualche parte”. Che importa delle rughe, delle stempiature, o di un corpo che cede sotto la lycra. Che importa se Antonioni (citato nella sequenza video di Zabriskie Point) ha esploso i suoi rifiuti per le cose. C’è un incipit e un finale da costruire. Nell’incipit è meglio non essere soli, il finale (meraviglioso) si può scrivere, con una spolveratina, un frontale, un taglio luci, un controluce. Guardandosi da fuori quinta. E poi che sia pure buio.
di Simone Azzoni
SOLO PER…
Con Michele Abbondanza, di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni, con la collaborazione di Bruno Stori e Tommaso Monza.
Compagnia di danza Abbondanza-Bertoni