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The FAR game. L’architettura si racconta attraverso la gamification

La mostra The FAR Game: Constraints Sparking Creativity del Padiglione Corea alla 15. Mostra Internazionale di Architettura, racconta il problema dell’edificabilità nella città di Seoul attraverso gli step di un gioco

The FAR Game: Constraints Sparking Creativity, Padiglione Corea, 15. Mostra Internazionale di Architettura. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia
The FAR Game: Constraints Sparking Creativity, Padiglione Corea, 15. Mostra Internazionale di Architettura. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Una scelta audace, quella del padiglione della Corea del Sud, di portare all’attenzione internazionale non un progetto, come spesso accade in queste manifestazioni, ma un processo complesso, quello della crescita urbana, con l’ambizione di spiegarlo attraverso la gamification anche a chi non ha molta familiarità con queste dinamiche.

Il FAR, acronimo di Floor Area Ratio, è un indice che misura la quantità di superficie edificabile in un’area. La città costruita, la qualità degli spazi e della vita passano attraverso questo parametro che, secondo il curatore Sung Hong KIM, è un termine molto conosciuto tra i coreani, a differenza di chi pensa sia solo un gergo tecnico per professionisti del settore.

Il processo di sviluppo della città è illustrato nel padiglione come un gioco tra tre parti: il proprietario del suolo che ambisce a massimizzare la superficie edificabile, il governo che attraverso i vincoli limita l’espansione incontrollata e l’architetto che ha il compito di trovare soluzioni creative e innovative per superare le restrizioni delle norme. Lo sforzo dell’architetto di trovare accordi tra le prime due parti è definito“gioco della FAR”.

The FAR Game: Constraints Sparking Creativity, Padiglione Corea, 15. Mostra Internazionale di Architettura. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia
The FAR Game: Constraints Sparking Creativity, Padiglione Corea, 15. Mostra Internazionale di Architettura. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

L’aspetto ludico è doppiamente presente all’interno del padiglione. Nella chiave di lettura stessa del progetto espositivo è riconoscibile la dinamica di un gioco nel quale il visitatore è guidato attraverso cinque step: quali sono le regole e chi sono i giocatori, come si gioca (calcolo del FAR, progetto dell’involucro edilizio ed esenzioni), il contesto socio-economico-urbano in cui ci si muove (alta densità e crescita verticale, prezzo del suolo e costi di costruzione), alcuni esempi creativi di soluzioni ideate o già applicate e l’importanza del FAR game per gli sviluppi futuri della città.

La scelta di utilizzare un metodo non usuale come quello della gamification – ovvero l’utilizzo di dinamiche e delle logiche proprie dei giochi in altri contesti – incontra la necessità di trovare nuove forme di racconto dell’architettura, che riescano a coinvolgere lo “spettatore”, interessarlo e renderlo partecipe. È un metodo che viene spesso utilizzato nei processi di apprendimento che quindi ben si sposa con lo scopo della Biennale di far conoscere il panorama e le questioni nazionali e internazionali relative all’architettura o all’urbanistica. È anche una forma di comunicazione che si adegua a un mondo sempre più interattivo, al contrario di una disciplina, quella dell’architettura, che ancora troppo spesso illustra l’evoluzione delle proprie tecniche con linguaggi poco innovativi.

The FAR Game: Constraints Sparking Creativity, Padiglione Corea, 15. Mostra Internazionale di Architettura. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia
The FAR Game: Constraints Sparking Creativity, Padiglione Corea, 15. Mostra Internazionale di Architettura. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia

Il contesto stesso della Biennale, in cui si concentrano una grande quantità di contenuti da esaminare e immagazzinare, meriterebbe un’attenzione alla comunicazione molto più elevata rispetto ai soliti metodi di racconto dei progetti, fatti di pannelli scritti, fotografie, plastici e video. Quella del padiglione coreano è sicuramente una scelta che va in questa direzione e prende in considerazione e allevia, una volta tanto in questo tipo di manifestazioni, la fatica dello stremato pubblico deambulante di padiglione in padiglione, nel tenere attenzione e memoria sui progetti presentati.

Simona Quagliano

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