Dopo aver focalizzato l’attenzione sulle tappe fondamentali del fenomeno graffiti-writing, con l’emergere di ciò che abbiamo definito post-graffiti (vedi dal successo al post-graffiti) giungiamo a considerare un universo creativo ancora più grande, complesso e di non facile lettura, quello della Street art.
La grande novità della Street art consiste nel voler creare una nuova dimensione dello spazio pubblico, sostituendo i parametri e gli schemi mentali a cui siamo sottoposti abitualmente nel vedere le cose, con nuove prospettive che indagano la possibilità di una riconsiderazione delle categorie estetiche usuali, una nuova modalità nel giudicare il bello e il brutto.
La Street art costruisce un dialogo aperto e circolare con la città, senza la pretesa di poter dettare qualcosa, ma con l’aspirazione unica di essere notata, attraverso l’alterazione del campo semantico e spaziale dei luoghi in cui agisce. Per le sue caratteristiche di immediatezza, visibilità, partecipazione, democraticità, oggi rappresenta un fenomeno culturale e una forma d’arte di grande rilevanza sociale, sostenuta da una rete infinita di persone che manifestano e alimentano le proprie idee in maniera non filtrata.
Sentiamo parlare per la prima volta di Street art negli Stati Uniti, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, quando alcuni artisti come John Fekner, Jenny Holzer e Richard Hambleton iniziano a utilizzare stencil, poster e vernice esplorando i confini tra arte concettuale, messaggio politico e arte pubblica nella città. Nel 1985 Allan Schwartzman pubblica un libro intitolato proprio Street Art, che insieme ad alcune opere degli artisti precedentemente citati, raccoglie i lavori di Keith Haring e di tutti quegli altri artisti che attraverso la loro opera trasformano la percezione dello spazio urbano. È questo il primo utilizzo dell’espressione in una pubblicazione; da allora la sua diffusione cresce sempre più e si allarga a tutto il mondo.
Cercando di arrivare a una corretta definizione di Street art si può partire da ciò che John Fekner dice essere: tutta l’arte che avviene in strada e che non riguarda i graffiti. Aggiungendo i tratti delle origini, riferibili ai temi dell’illegalità, della parziale anonimia e dell’assoluta assenza di mediatori possiamo circoscrivere meglio il concetto, che quindi esclude tutto il vasto campo dell’arte pubblica tradizionalmente intesa. Pur mettendo da parte writing e arte pubblica dal novero di ciò che può essere considerato Street art, l’area di individuazione rimane estremamente ampia, eterogenea e complessa, comprendendo une molteplicità di soggetti e tutta una serie di pratiche che spaziano dall’eco di ideologie sub-culturali e contro-culturali sino a quelle di ampio seguito e richiamo (mainstream), dall’utilizzo di semplici tecniche e materiali sino alla realizzazione di articolate installazioni.
Questa complessità riflette la ancor grande confusione terminologica e concettuale che non di rado porta a scambiare o uniformare graffitismo ovvero writing e Street art.
Fuor d’equivoco, la linea di demarcazione tra il primo e l’altro mondo è abbastanza netta e include differenze nell’approccio, nelle intenzioni, nei destinatari e nei medium delle realizzazioni. Mentre i writer formano una comunità abbastanza chiusa, in quanto regolata da precise norme, codici estetici, tecniche, persino uno slang, e con interessi che in molti casi ricadono nella cultura hip-hop o in altre tendenze di matrice alternativa e underground, non si può dire lo stesso per coloro che sono indicati quali street artist, i quali non aderiscono a nessun tipo di organizzazione e presentano diverse opinioni e forme di natura politica, sociale e culturale. Come abbiamo visto, la Street art resiste a ogni tipo di classificazione sul fronte estetico-linguistico, esprimendo di volta in volta nuove tipologie, strumenti e sembianze, senza correre il rischio di venire meno a una struttura o a una filosofia di base, quel che, invece, rappresentano le tag, l’estetica delle lettere e i colori spray per i writer. Fondamentale è anche ciò che concerne le intenzioni e gli interlocutori: peculiarità del linguaggio dei graffiti è che, seppur intervenendo nello spazio urbano, esso si proclama autonomo nella rappresentazione di se stesso e del suo mondo interno, riuscendo ad essere pienamente comprensibile solo da chi ne prende parte. Al contrario la Street art, invece di esistere per se stessa, esiste come riflessione sul contesto, con cui instaura un dialogo aperto, costruibile e modificabile, invitando a essere indagata e completando il suo senso solo con la partecipazione a questa riflessione di tutti gli elementi del discorso: spazio, ambiente e uomo. Per questo il linguaggio della Street art si esplica sovente in forme semplici, con simboli immediatamente riconoscibili e una spiccata tendenza all’immagine figurativa.
Accomunati ai writer delle origini dalla violazione della legalità, questo nuovo corpus di creativi è al contempo estremamente lontano dall’esclusione e l’impossibilità di esistere, elementi strettamente connessi alla nascita del writing. Spesso brillanti frequentatori di accademie artistiche e scuole di grafica e design, gli street artist, non costretti dalla difficile condizione sociale, bensì consapevolmente, scelgono di intervenire in strada, palcoscenico ideale per poter esprimere un’arte a vera disposizione di tutti, fuori dalle consuetudini museali nonché dal solo riconoscimento all’interno di un gruppo ristretto.
Egidio Emiliano Bianco