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Urban Art Map: Parigi parte 2

Nasty e Slice sono tra i primi ad avventurarsi e a dipingere la metro parigina nonostante il più classico dei generi di graffiti trova a Parigi un terreno non facile a causa delle veloci pulizie che rendono difficoltoso vedere un proprio pezzo girare. Tal fatto induce molti writer a cambiare punto di vista sui treni della metropolitana, che da oggetto divengono destinatari dell’azione – lo stesso Stalingrad (vedi Street Art Map: Parigi parte 1) deve parte del suo successo alla metro sopraelevata che permette una visione panoramica dei muri dipinti – ed è curioso notare come oggi la linea più segnata dai graffiti sia la Petite Ceinture, una vecchia ferrovia in disuso dove di treni non c’è traccia.

Petite Ceinture, photo by Julian Wrong, foto con licenza Creative Commons BY-SA 2.0
Petite Ceinture, photo by Julian Wrong, foto con licenza Creative Commons BY-SA 2.0

I veri vagoni dipinti di Parigi sono gommati e si muovono sulla strada, rappresentando una delle principali fonti di visibilità per i writer cittadini. Parigi è considerata la capitale mondiale dei cosiddetti truck graffiti, ovvero lavori realizzati sulle fiancate bianche e piatte delle centinaia, forse migliaia, di camion da trasporto o lavoro che si muovono ogni giorno nella metropoli. In nessun altra città del globo questa tipologia di graffiti raggiunge la quantità – basta andare in uno dei tanti mercati di quartiere per rendersi conto dell’intensità del fenomeno – e in particolare la ricercatezza formale dei pezzi dipinti, che tradisce in molti casi la legittimità dei lavori.

FD Crew, 2008, photo by Dubwise Version, foto con licenza Creative Commons BY-SA 2.0
FD Crew, 2008, photo by Dubwise Version, foto con licenza Creative Commons BY-SA 2.0

Sono molti, infatti, i commercianti che commissionano a diversi artisti pannelli sulle fiancate dei propri mezzi: Stesi, che ha dipinto oltre 250 trucks in tutta Parigi, di volta in volta propone il suo lavoro ai proprietari dei camion nell’interesse di far girare il più possibile le sue creazioni. Non manca chi agisce esclusivamente nell’illegalità, vedi Mesta. La FD crew è una delle più conosciute nell’ambito del genere, i suoi elaborati disegni accompagnati spesso dall’inserimento di characters fumettistici viaggiano in ogni direzione della città; altre firme itineranti molto comuni sono quelle di Wean, Horfé, Gap e Mygalo 2000, quest’ultimo riconoscibile per i suoi lugubri scheletri.

A cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta l’età d’oro del writing parigino coincide con la sua massima espansione: Click, primo king del bombing parigino con Disney, poi Colorz e l’inesauribile O’Clock.

O’Clock (in basso uno degli “Homme en Blanc” di Jérome Mesnager), photo by Marie Neubauer, foto con licenza Creative Commons BY-SA 2.0
O’Clock (in basso uno degli “Homme en Blanc” di Jérome Mesnager), photo by Marie Neubauer, foto con licenza Creative Commons BY-SA 2.0

I graffiti che dilagano sui muri della città iniziano a rappresentare per istituzioni e opinione pubblica, sempre più una minaccia da combattere, soprattutto in seguito all’evento occorso nel 1992, dove l’intera stazione di Louvre-Rivoli, comprese molte copie di statue in esposizione, viene vandalizzata da un gruppo di writer. In apparente contrapposizione a questo episodio, il rapporto tra le istituzioni culturali cittadine e il mondo dei graffiti a Parigi è uno dei più prolifici in assoluto, se non da primato: dal 2009 al 2015 almeno quattro grandi mostre dedicate al tema in altrettanti prestigiosi istituti di esposizione, tra cui il Grand Palais (Tag, 2010) e la Fondation Cartier (Born in The Streets – Graffiti, 2009/2010).

Les Magasins Généraux di Pantin, 2012, photo by Jeanne Menj, foto con licenza Creative Commons BY-SA 2.0
Les Magasins Généraux di Pantin, 2012, photo by Jeanne Menj, foto con licenza Creative Commons BY-SA 2.0

Oggi, oltre alle sempre funzionali fiancate dei camion, molte strutture in disuso hanno guadagnato il titolo di colonie delle nuove generazioni di writer: Les Magasins Généraux di Pantin, alle porte di Parigi, sono una di queste. Tra questi ambienti in disuso dal 2004 si dispiega oltre un decennio di attività artistica urbana1, come quella di Lek, uno dei primi a marcare il luogo con i suoi graffiti dal ricercato dinamismo astratto e spaziale, sin quando nel 2016 l’intero complesso passerà a nuova funzione. Destino simile a quello di 5Pointz (vedi Urban art map: USA parte 1) per lo Stalingrad del nuovo millennio.

Egidio Emiliano Bianco

1 Sul sito web http://www.graffitigeneral.com/en/tag/lek_005 è possibile effettuare un tour virtuale dell’intero complesso.

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