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Stakhanov: profezie al tempo dei Big Data

Si è parlato di Big Data allo scorso Transmediale festival di Berlino e tra le questioni sollevate dai vari interventi di ricercatori e artisti è emersa una realtà ancora troppo poco discussa: l’invasione della privacy da parte dei maggiori attori del web a prescindere dalla volontà degli utenti dei vari servizi – social network, browser, app e ora elettrodomestici collegati alla rete (vi ricordate il momento in cui si iniziò a parlare di Internet of Things?).

 

 AOS, Art is Open Source, Stakhanov’s cosmology 1, 2005
AOS, Art is Open Source, Stakhanov’s cosmology 1, 2005

Risposte per cercare di controllare questo andamento? Per ora l’agenda digitale dell’Unione Europea sembra iniziare a prendere solo timidamente in considerazione la possibilità di parlare di diritti dei navigatori nella gestione dei propri dati. Nel frattempo c’è chi già inizia a raccogliere contributi critici, studi e proposte sull’argomento (abbiamo parlato ad esempio delle riflessioni di Ippolita ne L’acquario di Facebook). E chi solleva la questione anche attraverso inquietanti operazioni artistiche, invocando nuove ingombranti divinità con rispettivi profeti i cui poteri risiedono proprio nel web e nella possibilità di raccogliere, catalogare e organizzare quanto rilasciato dai navigatori al loro passaggio negli spazi privati del web, social network in testa.

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AOS, Art is Open Source, Stakhanov’s cosmology 2, 2005

Stiamo parlando del recente lavoro di Art is Open Source (AOS, Salvatore Iaconesi e Oriana Persico), Stakhanov, “oracolo divino” che realizza un moderno e ironico modello di determinismo basato sull’invasione della privacy. Presentato proprio al festival Transmediale di quest’anno, questo nuovo dio dei Big Data sa tutto quanto gli utenti hanno lasciato che si sapesse di loro e delle loro azioni, relazioni, posizioni e preferenze. Raccoglie queste informazioni e le utilizza per predire il futuro degli utenti o delle comunità che lo interrogano.

AOS, Art is Open Source, Stakhanov, 2005
AOS, Art is Open Source, Stakhanov, 2005

Come nella migliore tradizione divinatoria, quella che non assume poteri paranormali, Stakhanov realizza dunque le sue predizioni sulla base di quanto lasciamo sapere di noi:

“You went running on the last three tuesdays, as documented by neat little maps published on Facebook? Well, Stakhanov predicts that you shall happily jog next tuesday, too: the gods-of-data say so”.

E lo fa monitorando il comportamento delle grandi stack, termine con il quale Bruce Sterling indica i “big five” del web: Facebook, Apple, Google, Amazon e Microsoft, coloro che determinano le regole e l’immagine stessa del web.
Questi dei del moderno Olimpo sono rappresentati in una cosmogonia ideata dagli artisti. Si nutrono della sfera celeste del Socialis Continuus, in cui risiedono le relazioni umane e le loro interazioni nella rete, e sono mossi dalla sfera degli algoritmi, Res Algoritmica, motore strutturale di tutti i cieli che organizza i dati per renderli utilizzabili.
Stack Veritas è poi il luogo in cui le stack in quanto Artifex ri-definiscono l’immagine del mondo con le loro interfacce che condizionano comportamenti e costruzioni identitarie nella rete (Imago che è anche l’immagine che il navigatore e ha di sé).

 AOS, Art is Open Source, Stakhanov’s cosmology 2, 2005
AOS, Art is Open Source, Stakhanov’s cosmology 2, 2005

Per fare questo accedono al Cloud, Caelum Internum, il luogo in cui si trovano i dati rilasciati dagli utenti delle stack e ai quali solo queste possono accedere. Tuttavia alcune di queste informazioni possono essere captate attraverso l’intermediazione di altri attori della cosmogonia, le APIs di entità minori che insieme a Stakhanov popolano il Caelum Internum. In questo luogo al limite tra spazio divino e realtà, l’oracolo trova ispirazione per i propri vaticini e li riporta a noi attraverso una stampante a rullo continuo, generatrice di papiri profetici. Il messaggio va ben oltre la derisione della nostra ingenuità di utenti; l’immagine che ci restituisce è intrisa di pop-culture (perché siamo moderni!) sfornita di qualsiasi strumento per una comprensione laica della realtà.

Stakhanov svela il possibile e spiana la strada a riflessioni che AOS vuole approfondire con e oltre l’arte, in un percorso che attraversa la maggior parte delle sue operazioni artistiche e che sfocia nel progetto di ricerca Ubiquitous Commons, sul concetto di Bene Comune al tempo dell’onnipresenza tecnologica.

Martina Coletti

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