Nell’800 i grandi filosofi europei avevano visto nel teatro e nelle sue rappresentazioni drammatiche il massimo coinvolgimento dello spettatore che, colto da simpatia per la vittima, provava emozioni vere quanto il protagonista. Nel corso del ‘900 l’attenzione per le stragi e per tutto ciò che è macabro è stata vista, sempre in campo filosofico, come una evoluzione di questo interesse. In entrambi i casi, però, la simpatia filosofica (dal latino sympathia, dal greco συμπάθεια, termine composto di σύν – con – e πάτος, affezione, sentimento) coincidente etimologicamente con compassione, denotandone il nostro sentimento di partecipazione per qualunque passione1) si innesca poiché lo spettatore è consapevole di essere agente esterno dell’azione; prova sensazioni quasi reali, cerca la paura, lo strazio, lo struggimento, ma sa che tutto ciò che vede e prova è frutto di una finzione.
Quello che tenta di fare Micol Assaёl con il suo lavoro, al contrario, è di condurre chi si approccia alle sue opere verso zone di confine della percezione umana attraverso la creazione di istallazioni basate su meccanismi fisici, a tratti pericolosi e incontrollabili dall’uomo. Lo spettatore diviene così parte integrante e necessaria dell’opera mediante la sua componente soggettiva. L’ elemento soggettivo e personale, totalmente slegato da ogni chiave di lettura indotta dall’artista, è palesato già nel titolo della mostra presentata in Hangar Bicocca, uno “scioglilingua musicale” composto da termini greci accostati tra loro senza alcun significato: ILIOKATAKINOMUMASTILOPSARODIMAKOPIOTITA.
L’esposizione, curata da Andrea Lissoni, si compone di quattro opere create dall’artista tra il 2003 e il 2009, più una inedita pensata per lo spazio dello Shed: Vorkuta, 2003; Senza Titolo, 2003; Mindfall, 2004; 432Hz, 2009.
Nata a Roma nel 1979, residente attualmente in Grecia, Micol Assaёl dal 1999 comincia a viaggiare per l’Europa (Islanda, Russia, Germania, Grecia) fino a sviluppare, a partire dal 2001, l’interesse per lo studio di fenomeni fisici ed elettrici, fascinazione che l’ha portata a collaborare stabilmente con un gruppo di ingegneri della Scuola Superiore per l’energia di Mosca.
Il suo lavoro consiste o nel modificare lo spazio architettonico espositivo o nel creare stanze isolate quasi come fossero dei laboratori per esperimenti. Questi sono gli scenari che l’artista propone: luoghi chiusi e claustrofobici, arredati mestamente con oggetti recuperati da discariche o da laboratori in disuso; raffiche di vento e temperature al limite della sopportazione; rumori assordanti; odore di benzina; lampi e scariche elettriche. Luoghi al di fuori dal mondo e dal tempo, quasi meditativi, dentro i quali l’uomo (unità di misura per eccellenza), in uno spazio di confine a-temporale, alle prese con i propri limiti e con fenomeni affascinanti, ma incontrollabili, può scoprire e vedere la verità. O almeno provarci. Ciò che resta è il ricordo di quanto accaduto.
Questo è quanto viene richiesto da Micol Assaёl: saper spingersi ai confini di noi stessi e poi oltre; oltre la propria percezione, oltre i propri limiti, per vedere cosa accade con l’incontrollabile e l’imprevedibile. Lasciarsi catturare dal fascino del rischio e della paura. Della realtà.
di Gaia Badioni
MICOL ASSAЁL ILIOKATAKINIOMUMASTILOPSAROKOPIOTITA
HangarBicocca – Milano 31.01.2014 / 04.05.2014
1 M. La Rosa, Etica economica e sociale. Letture e documenti, ed. Franco Angeli, 2005, p.40
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