La serialità è il formato narrativo che si è imposto negli ultimi anni e che ha raggiunto il suo apice in tempi abbastanza recenti, come dimostrano non solo la proliferazione di prodotti seriali – via broadcasting e web – ma anche l’interesse di studiosi e critica e, soprattutto, l’affezione dei pubblici. Sebbene quindi parlare oggi di serialità rimandi immediatamente alla grande serialità televisiva è vero anche che il meccanismo caratterizza molti altri prodotti culturali: dal cinema al fumetto, dai videogame al teatro.
Ed è proprio il teatro, una delle forme dal vivo che apparentemente è quanto di più lontano dalla serialità, a mostrare una natura proto-seriale che ha contemplato, fin dalle sue origini, questo tipo di scansione temporale. Basti pensare alla tragedia attica che già nell’Atene del V secolo a. C. presentava la struttura della tetralogia, ovvero la messa in scena in tre giorni programmati durante le Grandi Dionisie, di tre tragedie più un dramma satiresco e dove la durata degli spettacoli, dall’alba al tramonto, fa pensare ad un esempio ante-litteram di binge-watching.
La struttura per “puntate” scandite nel tempo si ritrova in moltissimi casi come i Mysteries Plays medievali che raccontavano il Vecchio e Nuovo Testamento per episodi, le Trilogie di Carlo Goldoni, pensiamo all’ambiziosa Trilogia della Villeggiatura, oppure L’anello del Nibelungo, opera in forma di tetralogia con cui Richard Wagner ha realizzato la sua idea di opera d’arte totale.
Se questi pochi esempi possono essere addotti per riconoscere nel teatro delle origini la messa a punto di un dispositivo di tipo seriale, è vero anche che poi la serialità si è venuta a definire come processo dell’industria culturale e mediale influendo a sua volta sulla forma della serialità teatrale. Bisogna quindi tenere conto di come un meccanismo che si è imposto nelle forme culturali non dal vivo ricada sulle pratiche prevalentemente dal vivo del teatro.
Al teatro appartiene una terminologia di tipo di seriale che troviamo nella replica, nel repertorio, nella segmentazione dello spettacolo e nella struttura a numeri (come nel varietà per esempio). Il processo di ibridazione – di forme, estetiche, linguaggi – che ha caratterizzato, e qualifica tuttora, le trasformazioni delle performing art riguarda anche le modalità con cui queste hanno intercettato e assimilato la forma seriale di stampo mediale, adattandola al processo dal vivo e ai modi con qui questo stesso essere dal vivo si è ridefinito. Se il teatro, insomma, è una forma proto-seriale lo è perché ha messo in luce dei bisogni di serialità cui ha poi risposto compiutamente la serialità (soprattutto) audiovisiva. Ed è nel rapporto con questa che possiamo provare a rintracciare il processo che porta il teatro verso la sua propria neo-serialità, frutto della sincronizzazione di una forma antica con lo spirito del tempo e con i suoi linguaggi.
Laura Gemini
D’ARS anno 56/n. 223/estate 2016 (incipit dell’articolo)