(…) interpreto la svolta postumana come una felice opportunità di decidere insieme cosa e chi possiamo divenire, una possibilità unica per l’umanità di reinventarsi in senso affermativo, attraverso la creatività e il miglioramento delle relazioni etiche, e non solo in senso negativo, attraverso la vulnerabilità e la paura. (1)
È uscito da pochi mesi per DeriveApprodi Il postumano – la vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte; l’autrice è Rosi Braidotti, docente di studi di genere a Utrecht, filosofa e femminista. Braidotti pubblica un libro autorevole e coraggioso, nel quale non solo fa il punto della situazione, ma prende una netta posizione scrivendo in prima persona, avventurandosi in un discorso difficile e pieno di insidie, sostenuto con ferrei strumenti filosofici e un pizzico di enfasi visionaria che dà sapore al testo. Un tono assertivo e un linguaggio che cerca di incarnarsi, talvolta frenato da un principio di fedeltà a regole non scritte dal mondo accademico del quale ella è parte attiva, che prevedono un certo metodo e una lingua franca. Di fatto, trattare tali argomenti presuppone un notevole coraggio intellettuale, visto che l’attaccamento alla specie e il conseguente umanesimo paiono radicati nella coscienza ontologica al punto da non potere, ancora per molti, essere messi in discussione. Braidotti lo fa partendo da presupposti fondamentali, tra i quali il riconoscimento di un continuum natura/cultura, ovvero una teoria non dualista dell’interazione tra le due. Il postumano pone diverse domande che si estendono ai vari ambiti, dalla filosofia tout-court all’ecologia, dalla politica all’universo tecnologico – che riveste un ruolo fondamentale in questo processo mutazionale. L’autrice le affronta una a una, tenendo vivo un approccio critico coerente e intellettuale, dando qua e là diritto di cittadinanza a un linguaggio maggiormente visionario e creativo che seppur disincantato, non nutre alcuna nota nichilista.
Fondamentale l’analisi di tutti gli aspetti che caratterizzano la condizione postumana, da quelli positivi fino a quelli che includono lati inumani e disumani. Per questo una teoria critica che tenga conto di tutti tali aspetti è necessaria, soprattutto se ci dà opportunità di riflessione e mutazione.
La teoria postumana si fa funzionale a un ripensamento fondamentale dell’umanesimo “eurocentrico e androcentrico” che, se ha sancito l’uomo come misura di tutte le cose lo ha “autorizzato” a commettere i peggiori crimini in nome della sua presunta “umanità”.
L’uomo, come soggetto imperante in questo sistema, è tendenzialmente un uomo di sesso maschile, europeo, eterosessuale e di razza bianca che poco include le alterità (umane e non) e le minoranze. Il femminismo ha messo in luce le contraddizioni e i limiti dell’umanesimo, insieme alla generazione di pensatori radicali postrutturalisti, che trova in Michel Foucault il principale protagonista, colui che tra i primi mette in luce l’arroganza di porre l’uomo al centro dell’universo. Viviamo in un universo complesso, dunque non possiamo trovare soluzioni se non spostando il punto di vista, se non progettando nuovi schemi sociali, etici e discorsivi della formazione del soggetto per affrontare i profondi cambiamenti cui andiamo incontro, se non affermando un tipo costruttivo di panumanità. Braidotti quindi cerca di non ricadere nella retorica della crisi dell’uomo ma, partendo dall’eredità della cultura antiumanista, tenta una concettualizzazione della soggettività postumana. Una soggettività che tiene conto della complessità della contemporaneità e che potenzia il sentimento di interconnessione tra il sé e gli altri, inclusi i non umani e gli “altri della terra”, attraverso la rimozione dell’ostacolo rappresentato dall’individualismo eurocentrato. Ci occorre visualizzare il soggetto come entità trasversale che comprende l’umano, gli animali, la terra e che sia in grado di de-sacralizzare il concetto di natura umana.
La componente politica è inevitabile in tale riflessione, anche perché fortemente connessa alla questione dell’identità, altro tema forte nel pensiero braidottiano. Già in testi precedenti la filosofa parla d’identità nomade che qui si delinea postnazionalista per permettere l’uscita da identità prestabilite fondate sulla nazione (e dunque foriere di razzismi, opposizioni, chiusure) e creare aperture o meglio consapevolezze riguardo ai miscugli cre-attivi di razze, sessi, culture. Aperture che si rivelano straordinarie opportunità di potenziamento del soggetto non arroccato in schemi predefiniti. La trasformazione è in atto da tempo e come tutte le svolte epocali non è una frattura violenta, ma un movimento tettonico, un sistema dinamico aperto.
Nel 2002 Antonio Caronia scriveva un passaggio illuminato: ma se invece pensiamo all’umano come a una processualità, come a un “divenire”, a una entità mutevole che può essere definita solo provvisoriamente sulla base delle sue relazioni con l’altro da sé, ecco che il postumano ci appare solo come una nuova tappa del processo di ibridazione culturale in atto da sempre nella nostra specie, come una nuova frontiera della nostra cangiante e complessa relazione col mondo (2).
La svolta postantropocentrica si colloca dunque in un sé relazionale ed esteso che sa immaginare, interpretare e infine “concepire”la vita non come proprietà esclusiva di una sola specie su tutte le altre ma come processo interattivo. È il primato di zoe (forza dinamica della vita) su bios. L’egalitarismo zoe-centrato, scrive Rosi Braidotti, è il nucleo della svolta postantropocentrica: è una risposta materialista, laica, fondata e concreta all’opportunistica mercificazione transpecie che è la logica del capitalismo avanzato. Si può comprendere dunque la portata politica e sociale di queste riflessioni, il valore simbolico e teorico insito nella ricerca di un pensiero tutt’altro che debole, che sfida sia gli umanisti che gli antiumanisti incentivando il superamento di questa illusoria dicotomia. Illusoria, perché per quanto ci allontaniamo dall’uomo/donna sarà la nostra natura/cultura stessa a stabilire i parametri di tali presunte o reali distanze. L’essere “misura di tutte le cose” è un limite che forse il progresso tecnologico e l’aumento di ibridazione con le macchine potrebbe in un certo senso superare ma sempre incontrando altri limiti e altre impossibilità.
Braidotti affronta nel libro il rapporto con le altre specie, con la tecnologia, con la morte, con la cultura, spostando l’asse di osservazione in questo orizzonte postumano. Sull’onda di altri pensatori ai quali si ispira, come Deleuze e Guattari, vive la filosofia contemporanea come invenzione di nuovi concetti e nuove relazioni etiche, come trasformazione radicale dell’unità di riferimento del passato.
Un ruolo funzionale alla ricerca postumana potrebbe essere rivestito dall’arte, che – secondo la filosofa – è cosmica per definizione e quindi postumana di struttura, dal momento che ci conduce ai limiti di quello che i nostri sé incarnati possono fare e sostenere (…) essa raggiunge i limiti della vita stessa e si confronta con gli orizzonti della morte.
Il salto ulteriore dunque non potrà che attingere alla creatività, forma laica e materiale di trascendenza e forse unica caratteristica “umana” capace di traghettarci oltre, in dimensioni di pensiero e azione che sempre più rientrano negli scenari futuri già presenti.
Coloro che sono in grado di pensare al futuro hanno cervelli profetici e visionari.
Cristina Trivellin
D’ARS year 54/nr 218/summer 2014 (articolo completo in italiano)
(1) Rosi Braidotti, Il postumano – la vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte. DeriveApprodi editore. Tutti le parti in corsivo, dove non altrimenti specificato, sono citazioni tratte dal libro.
(2) Antonio Caronia, Dopo l’uomo in “Cyberzone” n. 16, 2002
Rosi Braidotti, The Posthuman
A few months ago, DeriveApprodi published The posthuman – life beyond the individual, beyond the species, beyond death by Rosi Braidotti, professor of gender studies at Utrecht University, philosopher and feminist. Braidotti has written an authoritative and brave book, which not only provides an overview of the situation, but also takes a clear position by writing in the first person; venturing in a difficult discourse full of potential pitfalls, it is backed up by solid philosophical tools and is tinged with a visionary emphasis that enhances the book’s flavour. (…)
Cristina Trivellin
D’ARS year 54/nr 218/summer 2014 (abstract dell’articolo in inglese)
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