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Riverberi d’immaginario. Il dispositivo web e la sperimentazione teatrale nel progetto ECO

Per chi avesse la curiosità di mettere alla prova la propria abitudine di spettatore teatrale e sperimentare una diversa possibilità della comunicazione “dal vivo” potrebbe essere molto interessante addentrarsi nel sito www.pietrobabina.net/eco e seguire le fasi di un progetto di teatro online ECO – Electronic Cooperation Online inaugurato proprio quest’anno da Pietro Babina e da Mesmer An Artistic Association.
Già dal nome del progetto è possibile capire come ECO si inserisca a pieno titolo nel percorso consolidato della sperimentazione sul rapporto fra arte e tecnologie digitali. Un percorso che oggi può fare affidamento sul livello di consapevolezza acquisito dagli artisti relativamente alle potenzialità espressive offerte dal web.

ECO sessioni di lavoro con Piero Babina, Claudia  Marini, Francesca Mazza e Mauro Milone
ECO sessioni di lavoro con Piero Babina, Claudia Marini, Francesca Mazza e Mauro Milone

L’idea di fondo è proprio quella di ripartire dal compito del teatro e dell’arte in genere: recepire le innovazioni per farle rientrare in un discorso di rappresentazione diverso dal quotidiano. Se Internet fa ormai parte dell’immaginario collettivo, informa il nostro modo di stare nella comunicazione e quindi nella società, allora il teatro pare oggi nelle condizioni di far emergere più chiaramente le possibilità su cui da molto tempo gli artisti si interrogano.
Il punto di partenza del progetto ECO può essere colto nel tentativo di realizzare un’esperienza teatrale che non mira principalmente a farsi prodotto (spettacolo finito) ma a qualificarsi come processo messo a disposizione dell’utente/spettatore. ECO è un lavoro complesso in cui la dimensione creativa è inscindibile dal suo carattere sperimentale.
A cominciare dal testo. Coerentemente con la logica di networking supportata dalla Rete, il progetto si basa sull’autorialità d’équipe in cui inizialmente due autori (Chiara Lagani e Jonny Costantino), associati a due personaggi per due attori (Francesca Mazza e Mauro Milone) costruiscono un testo stratificato, che si crea nel tempo e che lo spettatore può seguire nel suo farsi. Nella parte “Ecotext” del sito, infatti, possiamo seguire, rigorosamente cominciando dal fondo, il blog (tecnicamente un Tumblr) con il plot scritto alternativamente dagli autori, rivisto in fase di redazione (di cui il sito dà conto nella sezione “redazioni”) con il regista, che fa propri ragionamenti, pensieri, idee, dubbi degli attori e dei collaboratori rintracciabili a loro volta nella parte blog “riflessioni”.
Sempre in “Ecotext” troviamo pubblicate le immagini dei luoghi, reali, in cui una location viene immaginata e resa concreta attraverso i link su google maps e dalle foto caricate. Questo focus sui luoghi della storia – funzionale alla resa drammaturgica di un progetto che mette a tema il rapporto fra de-territorializzazione e ri-territorializzazione dell’immaginario e i diversi piani di realtà in gioco – è potenziato dall’uso dei QR code (nel sito “QR code info”) che permettono, attraverso uno smartphone, ad esempio, di collegare l’immaginario creato dalla scrittura con la realtà di un luogo esistente (un “vero” centro commerciale, una cabina telefonica, ecc.). Arrivando in uno dei luoghi reali “marchiati” dal QR code e “catturandolo” o, potremmo dire “fotografandolo”, si può finire nel blog e trovarsi dentro la storia. In sintesi: dal blog ai luoghi e dai luoghi al blog in un continuo slittamento fra vita vera e realtà della storia raccontata in ECO.
Un altro capitolo importante è indubbiamente quello dello streaming live delle prove. In giorni definiti e annunciati dalla mailing list e dai partner del progetto è possibile seguire, seduti di fronte al proprio monitor, le prove, il lavoro degli attori, gli scambi con il regista, ecc. L’attenzione verso la qualità temporale del web ha prodotto nel tempo dei cambiamenti importanti sul piano drammaturgico: da una prima fase di streaming coincidente con il tempo delle prove si è passati alla ripresa trasmessa 24 ore su 24 nei tre giorni di prova così da rendere la sala prove un ambiente di “attesa degli eventi” anche casuali che possono entrare nelle immagini (e nel sonoro), un po’ come succede su YouStream o con l’uso delle webcam diffuse sui territori e delle spycam. Anche in questo caso il punto sta nella dinamica processuale, nell’andare oltre l’idea di un appuntamento da palinsesto televisivo (contro cui il teatro continua pervicacemente ad opporsi) e nel valorizzare invece l’entrata, volontaria, nel flusso di micro-eventi che, prima e al di là della presenza degli attori e dello staff, stanno già dentro la realtà di quello “spettacolo”.
La messa in scena dei diversi punti dei punti di vista e l’attenzione per le modalità dello sguardo teatrale si ritrova inoltre nel rapporto fra lo streaming live e i podcast delle sessioni che sono il “precipitato” di quello che si è visto e che sono già il risultato di un punto di vista drammaturgico, montato ed estetizzato rispetto alla diretta.
Infine il pubblico. Senza intervenire direttamente, se non nella parte “commenti” del sito e in altre occasioni di ascolto ancora sperimentali, la dimensione partecipativa dello spettatore riguarda la completa trasparenza del processo creativo e soprattutto la possibilità di costruire autonomamente il percorso di fruizione nell’idea, sicuramente meno ingenua della creatività spettatoriale a tutti i costi, che un oggetto come ECO non sia univoco ma anche proprietà di colui che lo guarda e lo compone.
Non è del tutto dato sapere se vedremo mai lo spettacolo a teatro ma è anche vero che sono tante le strade che il progetto ECO percorre in stretta omologia con le caratteristiche del web e che riguardano, ad esempio, la traduzione della parte blog in un libro che però va ripensato nella sua forma in relazione al dispositivo web da cui proviene, il potenziamento della dimensione spaziale con il progetto di Augmented Reality, con un’attenzione più serrata per l’attività spettatoriale… Non opera finita, si è detto, ma dinamica che trova perciò nel dispositivo del web un luogo privilegiato per pensare a un teatro che senza perdere la sua identità la rinegozia, come è sempre stato.

Laura Gemini

D’ARS year 51/nr 206/summer 2011

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