Nel 1967 D’ARS pubblica una lettura critica sul film Blow Up a cura del celeberrimo Morando Morandini, definito dall’Enciclopedia del Cinema Treccani uno dei pochi studiosi che ha saputo attraversare le diverse fasi del cinema, italiano e mondiale, elaborando una visione della critica come risultato di una percezione emotiva e non semplicemente intellettuale.
(…) Blow Up non è un film che s’affidi alla psicologia tradizionale che il cinema narrativo ha ereditato dal romanzo o dal teatro , cioè non è un dramma il cui fine consiste nella rivelazione di personaggi e nel loro conflitto sulla base di motivi realisticamente attendibili. Di personaggi, in questo senso, non c’è che Thomas, il fotografo: gli altri sono poco più che larve. Non bisogna cercare in Blow Up, inoltre, lo sviluppo di un’idea attraverso uno schema di rappresentazione logica. Credo di essere un individuo che ha qualcosa da mostrare piuttosto che qualcosa da dire ha detto di se stesso Antonioni. (…) Se intende essere una riflessione sull’inconoscibile del reale, è, date le premesse, una scoperta di scarso rispetto. Più attendibile, invece, è Blow Up come riflessione di Antonioni sul suo mestiere, sui mezzi che ha scelto per captare la realtà ed esprimerla cioè sul cinema. O, se si vuole, sull’arte e sui suoi limiti conoscitivi. Quel che dice Bill, il pittore amico di Thomas, davanti a uno dei suoi quadri astratti, potrebbe essere il commento stesso di Antonioni sul proprio film. (Morando Morandini)
D’ARS n.38-39, Anno IX, 1967/1968
Pagina 125, rubrica CINEMA
Selezione a cura di Cristina Trivellin, direttrice D’ARS