Uno sguardo da Rebel Rebel la seconda edizione del festival dedicato all’eclettico universo del fanzine ospitato al FRAC-PACA – Fondo d’Arte Contemporanea della regione Provence-Alpes-Côte d’Azur.
Cinquanta gli autori invitati a esporre le loro opere, riviste che circolano attraverso i canali sotterranei della controcultura, indipendenti rispetto alle classiche reti di distribuzioni e svincolati da ogni regola editoriale o costrizione economica
Samuel Etienne, specialista del fanzine punk presta a Rebel Rebel la propria definizione di questo oggetto sfuggente e composito : Un supporto d’arte originale: il termine FANZINE, apparso negli anni ‘30 negli Stati-Uniti tra i dilettanti appassionati di Science-Fiction è la contrazione di FANatic magaZINE, letteralmente “Giornale dei Fans”. Dopo gli anni ‘70 l’estetica è stata fortemente marcata dalla cultura punk e dalla filosofia D.I.Y (do it yourself). Indipendente, auto-editato, a tiraggio limitato, finanziariamente disinteressato e distaccato da ogni considerazione commerciale, l’oggetto ha dunque una vera libertà di forma e di spirito, e permette ai suoi artefici di esprimere una creatività senza limiti.
Se il movimento punk degli anni ‘70 aveva legato l’immagine del fanzine a quella di un magazine fotocopiato, di pessima qualità, semplice e rugoso, i fanzine contemporanei esposti a Rebel Rebel integrano pratiche diverse che permettono l’espressione di un’estetica più articolata.
Come per La Revue Batarde (La rivista bastarda), aperiodico, senza formato o numero di pagine predefinite, realizzata dal collettivo Indekeuken, che in fiammingo significa “fatto in cucina”. Il collettivo, composto da tre poeti, un fotografo, tre grafici, un artista, una performer e un professore di scuola, invita diversi artisti a inviare il loro contributo su un tema: la cellula, il compromesso, la felicità… La Revue Batarde assembla i punti di vista attraverso una sapiente orchestrazione visiva, testi irregolari che invitano il lettore a capovolgere la pagina, fotografie, immagini trovate intercalate da simboli e parole. Diventato il terreno di gioco degli illustratori del collettivo, il forte carattere grafico della rivista è accentuato dalla tecnica d’impressione scelta, la risographie (risograph), ovvero una stampa realizzata con dei duplicatori digitali: rapida e poco costosa, dai colori fluo e una trama tipica della serigrafia.
È proprio la serigrafia la tecnica scelta per la realizzazione del fanzine Pipoo dall’Atelier 17 17 : Pipoo è il racconto della mia vita, di quello che voglio ricordare – spiega l’autore Jean-Pierre Alemao – All’interno ci sono foto personali, mescolate alle immagini dei film che mi hanno segnato, ad articoli e fotografie erotiche… ma le citazioni non sono sempre leggibili. La serigrafia permette di sovrapporre, comporre, sfocare. Ma è anche la lentezza del processo, oltre all’aspetto grafico, che mi hanno fatto scegliere la serigrafia. Una lentezza che prolunga il piacere di restare con l’immagine.
Pipoo ha una tiratura di 15/20 esemplari ed è realizzato su tessuti o su fogli di giornale stropicciati, con immagini visibili solamente al buio e dettagli arricchiti di polvere di vetro. Un fanzine che non ha altra vocazione che il piacere della creazione, il diario intimo e surreale dell’autore stesso, ormai molto lontano dal dilettantismo che caratterizzava la stampa del fanzine dei decenni passati.
Come ricorda Samuel Etienne, fare un fanzine è già, di per sé, un atto politico. L’originalità del fanzine è la totale assenza di regole, estetiche ed editoriali. Questa totale libertà di espressione spinge oggi numerosi artisti ad appropriarsi di questo medium, per la diffusione e la democratizzazione delle proprie opere d’arte.
È il caso di Journal d’un Glouglou, realizzato da Atelier 1867. Non più oggetto fine a se stesso, ma supporto per la diffusione e la democratizzazione dell’opera d’arte, questo fanzine è l’oggetto derivato di una serie di incisioni che ricordano le stampe grafiche dell’Espressionismo Tedesco. Giunto al decimo numero, la narrazione si sussegue come su un feuilleton (romanzo a episodi). Ma il rigore grafico non maschera lo spirito libertario del contenuto, che mescola un’acuta critica politico-sociale a uno spiccato gusto dell’assurdo.
Il fanzine permette di diffondere le mie opere ad un pubblico più vasto – racconta l’artista catalana Sandra March – La differenza principale tra il fanzine e il libro d’artista è il prezzo. Se il libro d’artista presenta un progetto nella sua globalità, il fanzine sarà limitato a un aspetto di esso, a una tematica più ristretta e circoncisa. Il fanzine rientra allora tra gli oggetti derivati di una stessa pratica artistica.
Ma l’ingresso del fanzine nel mondo dell’arte contemporanea non è un fenomeno recente. Esso risale agli anni ‘70 con un artista ormai di culto come Pat McCarthy. Pat ha iniziato il suo primo fanzine, intitolato Born to Kill, mentre percorreva solo, a piedi, gli Stati Uniti. Il fanzine gli apparve allora come il mezzo ideale per raccontare le sue peregrinazioni sotto forma di road stories – racconta Laura Morsch-Kihn, co-direttrice artistica di Rebel Rebel. Da allora, il fanzine è diventato per l’artista traccia di performance, di esperienze, di costruzione di sé e dell’immaginario.
Che assuma la forma di carnet de voyage, archivio, diario intimo o di lavoro, il fanzine rappresenta lo spazio di fusione tra arte e vita, mentre per il lettore esso diventa uno strumento di intrusione diretta e clandestina nella sfera privata e intima dell’artista. Born To Kill, che l’artista spacciava a 3$ agli angoli della strada, è oggi venduto come opera nelle gallerie d’arte contemporanea statunitensi.
Il recente acquisto del MOMA (The Museum of Modern Art) di The News Stand, un’istallazione del collettivo 8 ball, conferma questa tendenza. The News Stand è infatti un chiosco a giornali abusivo che per un anno ha invaso le strade di New York vendendo esclusivamente fanzine.
Non stupisce allora se Laura Morsch-Kihn utilizza il fanzine come supporto di mostre e critica d’arte. La sua pubblicazione intitolata Le nouvelle esprit du vandalisme (Il nuovo spirito del vandalismo), si conforma all’estetica punk: redatto su una vecchia macchina da scrivere e poi fotocopiato, arricchito di oggetti analogici come fotografie e registrazioni sonore su nastro, ogni numero presenta l’opera di un artista cosicché l’intera collezione diventa una sorta di enciclopedia sperimentale sull’arte contemporanea.
Come rammenta l’autrice stessa, il fanzine de-complessifica e democratizza la logica elitaria dell’editoria, permettendo a chiunque di scrivere e pubblicare ciò che pensa. Esso si pone alla confluenza tra un arte nobile diffusa attraverso le istituzioni museali e un arte popolare che si muove attraverso i circuiti della cultura alternativa.
La diffusione del fanzine negli spazi riservati all’arte contemporanea attraverso eventi dedicati, come il festival Rebel Rebel al FRAC di Marsiglia, è il riconoscimento del suo valore culturale ed artistico. Privo di regole e costrizioni economiche, il fanzine sta attraversando i decenni impregnandosi di volta in volta dell’estetica del suo tempo, diventando cosi un testimone diretto dell’evolvere delle tendenze artistiche della controcultura dal XX Secolo in poi.
Giada Connestari