Come può un solo artista, oltretutto straniero, influenzare tanto la scena artistica di un determinato paese? Per scoprirlo sarà senz’altro utile visitare la mostra Rauschenberg in Cina dal 12 giugno al 21 agosto 2016 presso l’UCCA (Ullens Center for Contemporary Art) di Pechino.
Si tratta della più grande mostra su Rauschenberg che si sia mai tenuta in Cina, ma è anche la terza in trent’anni; questo ci permette di comprendere come sia stretto il legame tra l’artista statunitense e il “paese di mezzo”.
Tre i nuclei principali della mostra. Il primo, e forse il più importante, è quello costituito da The 1/4 Mile or 2 Furlong Piece. E’ questa un’opera imponente, sia per le dimensioni (191 parti diverse, per una superficie totale di 305 metri), che per i tempi di realizzazione (17 anni). Qui i vestiti, le serigrafie, gli oggetti prelevati direttamente dalla strada si affiancano e si sovrappongono, ben mostrando da una parte il senso estetico di Rauschenberg – che passa attraverso il forte cromatismo e il sapiente uso della composizione – e dall’altra la poetica più tipica dell’artista, e cioè la connessione tra arte e vita, resa attraverso l’abbattimento del tradizionale confine tra pittura e scultura.
Sono sempre assemblaggi, ma di tipo involontario, i soggetti dei due album di fotografie a colori (Studies for Chinese Summerhall) immortalati da Rauschenberg durante il suo primo viaggio in Cina nell’estate del 1982. Queste fotografie sono le uniche alle quali l’artista abbia mai dato la dignità di opere d’arte e pertanto costituiscono il secondo nucleo della mostra. Ritraendo gli angoli di anonime strade e gli oggetti di vita intima e quotidiana, Rauschenberg ci dimostra ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, che l’arte si trova potenzialmente ovunque.
Fu forse in virtù di questo principio che l’artista tra il 1984 e il 1991 portò a compimento progetto ROCI (Rauschenberg Overseas Culture Interchange), che consisteva nella realizzazione di una serie di mostre internazionali, culminanti nella grande retrospettiva alla National Gallery di Washington del 1991. Tra i vari paesi visitati da Rauschenberg vi fu anche la Cina, dove egli si recò per ben due volte. La prima fu nel 1982, quando ebbe modo di visitare una fabbrica di carta tradizionale cinese a Jingxian, nella provincia dell’Anhui. La seconda fu invece nel 1985, quando visitò Lhasa e Pechino. In quest’ultima città, e precisamente al National Art Museum , si tenne dal 15 novembre al 5 dicembre la mostra ROCI China, che attrasse più di 300.000 visitatori, rappresentando, come afferma il critico d’arte Li Xianting, “uno stimolo enorme per gli artisti cinesi che in quegli anni erano ancora intrisi di spirito rivoluzionario”.
Anche gli artisti Qiu Zhijie , Xu Bing e Wang Yin ci ricordano di come l’atmosfera di totale sperimentazione del Black Mountain College , di cui Rauschenberg aveva fatto parte in qualità di studente, si trovasse esattamente agli antipodi di quella respirata invece fino ad allora dai giovani artisti cinesi, come erano loro all’epoca. Solo qualche anno più tardi, nel 1989, molti artisti facenti capo alle varie correnti d’avanguardia (le si racchiude tutte per comodità sotto l’unico termine di ’85 New Wave), esponevano le loro opere sempre al National Art Museum di Pechino nella storica mostra China Avant-Garde .
Per concludere, il segno lasciato da Rauschenberg sull’arte contemporanea cinese fu senz’altro molto forte. Ma l’obiettivo della mostra, come afferma Philip Tinari, direttore artistico dell’UCCA, è quello di mostrare come ugualmente sia stato incisivo il segno lasciato dalla Cina su Rauschenberg. Sicuramente più forte dell’influenza che il paese ebbe su Warhol, che negli stessi anni compì un analogo viaggio, immortalato negli scatti dell’amico e fotografo Christopher Makos. Rauschenberg e Warhol. Il primo mediatore, il secondo dissacratore. Entrambi comunque interpreti a loro modo acutissimi della realtà cinese.
Viola Morisi
Rauschenberg in Cina
Fino al 21 agosto 2016
UCCA, Pechino, Cina