Si è tenuta, presso il Museo del Risorgimento di Milano, la Tavola rotonda Poesia e Psicanalisi, indetta in occasione dell’uscita della Rivista semestrale di ricerca transdisciplinare “Poesia e Spiritualità”, fondata e diretta da Donatella Bisutti.
Sono intervenuti per trattare il rapporto tra le due prospettive culturali, Eugenio Borgna, Alessandro Defilippi, Carla Stroppa, Cesare Viviani. La rivista, che persegue il progetto di ricerca di una nuova spiritualità nel contemporaneo, ha già organizzato dibattiti al Convegno TorinoSpiritualità e all’estero, alla Maison de l’Italie di Parigi e al Dipartimento di Italianistica della Columbia University di New York. Il Prof. Eugenio Borgna, docente all’Università di Milano e autore di numerosi saggi di psichiatria, ha esordito ricordando la definizione del poeta tedesco Clemens Brentano: “La follia è la sorella sfortunata della poesia”. Entrambe, infatti, sono caratterizzate da due grandi emozioni: l’angoscia e la malinconia. Esiste una follia come guscio vuoto ma anche una follia ove può ancora vivere una creatività emozionale. Esiste una malinconia come stato d’animo, che porta in un altrove ove avviene la trasfigurazione lirica, oppure come sofferenza psichica, più profonda e radicale. Proprio da queste dolorose esperienze e alte tensioni emozionali, artisti e poeti, attingono la Stimmung, la propria ispirazione: viene naturale citare Antonia Pozzi, Emily Dickinson, Ingeborg Bachmann, Giacomo Leopardi, Georg Trakl, Sylvia Plath.
Esiste una creatività alleata della follia, che tende ad esprimere dimensioni diverse da quelle che comunemente si abitano e ad espandere orizzonti. Scriveva Karl Jaspers: “Lo spirito creativo dell’artista, pur condizionato dall’evolversi di una malattia, è al di là dell’opposizione tra normale e anormale e può essere metaforicamente rappresentato come la perla che nasce dalla malattia della conchiglia. Come non si pensa alla malattia della conchiglia ammirandone la perla, così di fronte alla forza vitale dell’opera non pensiamo alla schizofrenia che forse era la condizione della sua nascita.” Nelle esperienze artistiche trovano espressione l’angoscia e la malinconia psicotica e non psicotica: la condizione esistenziale di noi tutti vi scopre un riflesso, una sua descrizione, che la psichiatria organicista trascura, riconducendo ogni processo psichico ad alterazioni neurofisiologiche e neurochimiche, mentre quella fenomenologica raccoglie, per offrirla a chi vuole conoscere quanto è nascosto nell’anima. Ognuno di noi è, infatti, impegnato ad armonizzare le dissonanze tra il mondo della ragione e quello delle emozioni. I poeti sono “i più arrischiati”, ricordava il filosofo tedesco Martin Heidegger, i più vicini agli scenari della follia dove la condizione umana è descritta fino ai limiti estremi, fino al desiderio di una morte volontaria come sigillo della perdita di ogni speranza. “Noi siamo un colloquio” diceva il poeta tedesco Friedrich Hölderlin e il filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein: “I confini del mio linguaggio significano i confini del mio mondo”. La psichiatria, dunque, afferma Borgna, va intesa come ricerca infinita di orizzonti di senso e come riflessione ininterrotta sul dolore, sulla speranza, sulla inquietudine agostiniana e pascaliana del cuore. Da questo argomentare emerge il grande tema della fragilità umana che la sofferenza e la malattia dilatano, riconoscendola come una delle strutture portanti dell’esistenza ove si annida il mistero del vivere e del morire. E’ necessario, dichiarava William Shakespeare, in Macbeth, “dare parole al vostro dolore altrimenti il vostro cuore si spezza”.
Alessandro Defilippi, psicoanalista e autore di numerosi romanzi, ha introdotto la riflessione sulla pratica artigiana del fare che lega la poesia, (da póiesis, creazione compiuta), e la psicanalisi, che racconta la realtà, in un lento lavoro di costruzione: in questo fare si attua un insediamento di senso, che viene compreso, proprio, attraverso questo viaggio esperienziale interiore. Per confermare questa affermazione, ha dato lettura dell’intensa poesia Itaca di Kostantinos Kavafis: l’isola è una metafora. È la meta di un viaggio lungo il quale è possibile prendere coscienza della condizione umana, affermando l’autonomia della coscienza e la libertà di determinarsi: una parabola positiva sull’acquisizione della consapevolezza; gli dei, che ostacolavano il cammino, rappresentano solo le intime resistenze che l’uomo oppone alla sua crescita, comportando, le trasformazioni, sempre grande sofferenza.
Attraverso questo processo individuativo, che guida a diventare se stessi, l’analista e il paziente si trovano insieme davanti al mistero visione proprio come accade al poeta, che vi giunge attraverso la propria intuizione. Carla Stroppa, psicoterapeuta e autrice di numerosi saggi, ha approfondito ulteriormente il tema. Questa ricerca d’identità, che si fa specchio della poesia, è sempre attraversata dalla cognizione del dolore: nella creazione della forma letteraria, infatti, si rinarra il dolore. E’ così possibile ritrovare quella narrazione identitaria in cui ci si riconosce: è il grande aiuto che offre il poeta. Lo sviluppo dell’io, della coscienza di sé, è un percorso in divenire che può essere sostenuto, quindi, da altri settori della conoscenza per incontrare la speranza.
Cesare Viviani, poeta e psicanalista, ha sottolineato che quanto si può dire su poesia e psicanalisi non è, mai, una definizione esatta, ma sempre una narrazione, una metafora: nel concreto c’è l’operatività artigianale della poesia e della psicanalisi. La sua riflessione si è mossa sul riconoscimento che la vita ha un limite insuperabile. Anche il cammino mistico non è avvicinamento a Dio per raggiungerlo, ma, piuttosto, un cammino di spoliazione. E’ la scoperta dell’inaccessibilità. La consapevolezza della condizione umana è, dunque, segnata dalla perdita. La psicanalisi fa esperienza dell’irriducibilità dell’inconscio. La maggior parte delle attività sono finalizzate a separare la vita dalla morte ma sono intrecciate anche forza e fragilità, splendore e caducità. Poesia e psicanalisi impongono, entrambe, di riempire un vuoto.
Silvia Venuti
D’ARS year 50/nr 201/spring 2010