Il 2 dicembre 2015 si è inaugurata presso gli spazi di Hangar Bicocca la prima mostra personale dedicata a Petrit Halilaj (Kostër, Kosovo, 1986), Space Shuttle in the Garden. L’esposizione, curata da Roberta Tenconi, raccoglie dieci progetti realizzati tra il 2008 e il 2015, alcuni pensati appositamente per quest’occasione, altri riadattati per il nuovo allestimento. Il titolo fa riferimento a They are Lucky to be Bourgeois Hens II (2009), un’opera emblematica in quanto sintetizza il pensiero dell’artista e le sue modalità operative. Egli vive in prima persona il conflitto tra Kosovo e Serbia (1998-99) e la condizione di rifugiato in un primo momento, per poi assistere alla rinascita di un paese indipendente in lotta con l’integrazione e in costante confronto col sogno europeo. Da ciò derivano costanti riferimenti alla propria storia personale, che sono un punto di partenza per la creazione di paesaggi immaginari e utopici, in una fusione e scambio costante tra realtà e finzione. La struttura del razzo spaziale in legno esposto all’esterno di Hangar Bicocca, alla quale il pubblico non può accedere fisicamente ma solo con lo sguardo, è realizzata con gli stessi materiali utilizzati per edificare la casa di famiglia.
Anche l’installazione The places I’m looking for, my dear, are utopian places, they are boring and I don’t know how to make them real (2010-2015) è composta dal calco originale per la costruzione della nuova abitazione a Pristina, la capitale in cui si è trasferita la famiglia di Petrit Halilaj. La casa non è semplicemente un luogo fisico ma è uno spazio d’appartenenza e di condivisione. È una dimensione utopica e ideale, in costante trasformazione – così come accade all’artista nei suoi frequenti spostamenti tra un luogo e l’altro e tentativi di adattarsi ad una nuova realtà (prima in Kosovo, poi in Italia e infine in Germania).
Altri lavori riportano in luce oggetti appartenenti all’eredità familiare, come i gioielli della madre ingranditi cento volte, sopravvissuti alla memoria perché nascosti nel terreno di casa durante la guerra. Non solo le installazioni – realizzate con materiali povere quali terra, legno, acqua e argilla – indagano temi come l’esodo e la ricerca d’identità, ma anche le opere realizzate con altri media, come video, disegni e sculture. L’artista riesce a evocare il senso di fragilità e precarietà dell’esistenza legando sempre la propria storia personale a un immaginario universale e portando elementi irreali e magici nel reale.
Eleonora Roaro
Petrit Halilaj
Space Shuttle in the Garden
A cura di Roberta Tenconi
dal 03.12.2015 al 13.03.2016
Spazio: SHED, Hangar Bicocca, Milano