Le cronache raccontano come il suo soprannome gliel’abbia affibbiato un amico deejay di Amsterdam: da Pieter (Janssen) a Parra, che sta per paranoico, perché lo assillava per paura di non essere nella lista d’ingresso del club. Curiosamente, parra risulta essere anche il nome comune di un piccolo uccello africano di palude dal piumaggio rossastro, bianco e nero e una placca cornea azzurra sopra il becco appuntito. Curiosamente, perché quel profilo e quelle stesse tinte le ritroviamo nelle pitture del suo omonimo, che ritrae uomini e donne-uccello in pose ambigue, spesso a sfondo sessuale, che mettono a nudo manie e fobie del vivere contemporaneo.
Sono tele, acquerelli, poster, disegni e murales tra Pop Art e fumetto, che espone in musei e gallerie di qua e di là dell’Atlantico – l’anno scorso era ospite del MoMA di San Francisco, cui ha donato il murale Weirded Out. Ma ci sono anche le sculture in porcellana; le magliette, le felpe e i berretti che vende sotto il marchio Rockwell; le tavole da skate Enjoi; le sneakers che ha disegnato per Nike, Converse, Vans ed Etnies; i video e le grafiche della sua band Disco, New Wave, Italo, Electro, House, Techno, Pop – (sic!) – Le Le; le locandine delle esibizioni dei Parra Sound System.
Una ventina di nuovi lavori “da galleria” – tele, acquerelli, disegni in bianco e nero – sono in mostra fino al 26 luglio a Milano da Patricia Armocida, che l’aveva già ospitato nel 2009. Il tema – e il titolo – sotto cui sono raccolti è Il senso di colpa: quello di una donna-parra piuttosto in carne che porta alla bocca una generosa fetta di torta; quello di due amanti in crisi; quello di una trapezista che s’è lasciata sfuggire la sua compagna. S’è già accennato ai riferimenti artistici dell’olandese, che qui diventano chiari (sebbene mai a discapito dell’originalità delle sue opere): innanzitutto Keith Haring, nell’apparente frivolezza delle composizioni che invece veicolano messaggi forti e nella produzione di un proprio merchandise (che però in Parra precede la carriera d’artista); poi Roy Lichtenstein, nelle inquadrature da fumetto e nelle frasi che spesso accompagnano le scene, spiegandole o ingarbugliandole, come fanno i balloon nelle tele del pittore americano; infine – ed è forse un’evidenza tutta nostrana – le strisce della Pimpa di Altan, nell’uso totalizzante della linea curva, dei pois, delle deformazioni psichedeliche. In mostra anche tre sculture in porcellana – una sfinge-parra con stivali alle zampe e due Marie-parra, una rossa e una blu, da appendere al muro –, più una serie di serigrafie e stencil print in due formati (50×70 e 29,5×42 cm), acquistabili per tutta la durata dell’esposizione.
Continua la fortunata collaborazione della galleria con la tipografia Fontegrafica, che trasforma gli inviti delle mostre in piccole stampe tridimensionali con la riproduzione di un’opera esposta – stavolta la tela Il senso di colpa (2013), con immagine in rilievo e verniciatura profumata alla fragola. Da collezionare.
Stefano Ferrari
Parra. Il senso di colpa
27 maggio – 26 luglio 2013
Galleria Patricia Armocida
Via Lattanzio 77, Milano