Prendete una top model franco-americana da copertina di Vogue e altre riviste di moda, aggiungete una volontà inesauribile di esprimersi e creare, completate con un vissuto familiare traumatico: il risultato è Niki de Saint Phalle, una delle donne più libere ed emancipate del ‘900. A lei il Grand Palais di Parigi ha consacrato una retrospettiva aperta fino a fine gennaio.
Costellato dalle Nanas – il termine argotique (slang) per dire ragazza in francese – che sono divenute icona e feticcio della rivendicazione del ruolo della donna, il mondo di Niki presenta troppe sfaccettature per essere ricompreso in una definizione.
Il lato estetico appariscente e multicolore che non smette di esercitare l’interesse anche dei visitatori più piccoli – difficile vedere una mostra d’arte più affollata di bambini – fa da contraltare al vissuto sofferto della figlia oggetto delle attenzioni sessuali del padre e in costante rivolta contro la violenza di un mondo troppo misogino. Spose, prostitute, dee si sussumono in un atto unico di denuncia: il tiro con il fucile, che sancisce la morte di un determinato approccio all’arte rinnovandone canoni formali ed espressivi.
La trasformazione non indolore provocata dalla deflagrazione riconcilia l’universo femminile che si afferma in una rinnovata esplosione di vitalità. In questo risiede il fulcro della produzione di Niki: l’affermazione della femminilità attraverso la riappropriazione del suo ruolo creativo di fattrice e di madre nel senso più ampio del termine. Declinate in molteplici materiali e dimensioni, queste giunoniche presenze si fanno di volta in volta interpreti delle tematiche sociali a cuore dell’artista: il razzismo, i diritti civili e, negli ultimi anni, la sensibilizzazione all’AIDS. Oltre a battaglie contro la vendita delle armi in USA o a favore dell’aborto e della contraccezione.
Tra le oltre 200 opere in mostra spiccano i modellini di quel Giardino dei Tarocchi (realizzato in Toscana) che costituisce una sorta di apoteosi e di testamento spirituale del suo immaginario spirituale, ecologista, esoterico.
Incentrati sul ricorrente dilemma della vita, i crani e i totem ispirati dalla mitologia precolombiana affascinano nella loro spettrale luminosità: “La morte non esiste. Esiste il cambiamento-trasformazione. La nostra vita è Eterna”.
E l’occasione per una pausa di riflessione arriva di fronte alla grande scultura Le rêve de Diane (Il sogno di Diana), concentrato di archetipi la cui interpretazione sfugge al mero pretesto della dimensione onirica.
Al termine del percorso è sorto spontaneo in chi scrive chiedersi perché ci sia ancora così tanta gente incapace di realizzare come i problemi messi in risalto da Niki siano tuttora di capitale importanza.
Danilo JON SCOTTA
Niki de Saint Phalle
Grand Palais, Galeries nationales