Nervous Systems in mostra a Berlino presso la Haus der Kulturen der Welt: venticinque artisti per riflettere sulla fiducia nei metodi di classificazione e controllo dei flussi di dati e sulle inevitabili ripercussioni che queste pratiche possono generare a livello del sistema nervoso.
La vita quantificata e la questione sociale sono i punti chiave attorno a cui è stata concepita la mostra Nervous Systems a cura di Anselm Franke, Stephanie Hankey e Marek Tuszynski, visitabile fino al 9 maggio presso l’Haus der Kulturen der Welt di Berlino. L’analogia tra il sistema nervoso e i network attraverso i quali circolano dati e informazioni si presta a descrivere questa visione binaria, computazionale, altamente tecnologizzata della dimensione collettiva. La stessa biologia diventa traducibile in quelle forme puramente statistiche che ritroviamo in ogni ambito del quotidiano.
Con una fiducia quasi positivista nelle nuove tecnologie digitali le corporation globali promettono un futuro pieno di smart solution dove le minacce e i disastri saranno previsti grazie alla raccolta massiccia di dati, all’applicazione degli algoritmi come strumenti di analisi e previsione, al riconoscimento di pattern ricorrenti. Garantendo il flusso continuo d’informazioni e la produzione di feedback in tempo reale sarà possibile gestire al meglio ogni aspetto dell’esistenza, dal singolo individuo fino alle crisi internazionali.
Il percorso espositivo di Nervous Systems presenta il lavoro di 25 artisti attraverso un allestimento architettonico che richiama il paradigma epistemologico della modernità con la sua aspirazione alla classificazione e al controllo. Tracciando alcuni paralleli storici con gli esperimenti dell’Arte Concettuale e della Body Art (Vito Acconci, Stephan Willats, Douglas Huebler) si arriva al presente continuo, interpretato e restituito dalle macchine come nel video Robot Readable World (2012) di Timo Arnall.
La visualizzazione astratta e matematica produce un nuovo genere di normatività che abbraccia qualsiasi esperienza. Ma questi paradigmi possono davvero contenere il caos, il disordine, l’immaginario? Qui s’insinua un nervosismo diffuso che destabilizza il sistema e lo costringe a un movimento ininterrotto producendo paranoia, insicurezza, sorveglianza. L’apertura rischia di generare solo minacce, la pattern-analysis funziona per esclusione, la necessità di anticipare diventa un imperativo culturale.
I danzatori dell’Opéra di Parigi che Julien Prévieux ha utilizzato per la performance Pattern of Life (2015) eseguono delle coreografie in setting differenti basandosi su protocolli e risultati scientifici mentre la voce narrante esplicita il contesto politico, economico e militare di ogni passaggio.
Nella sezione White Room del Tactical Technology Collective i visitatori vengono accolti in uno spazio che ricorda le sale asettiche delle grandi multinazionali, attrezzato con strumenti di vendita e training. Gli esperti in uniforme bianca guidano lungo un percorso di de-familiarizzazione rispetto alle abitudini e le pratiche di utilizzo delle nuove tecnologie.
I quattro ambiti tematici corrispondo ad altrettanti passaggi cruciali: “the bar” illustra il funzionamento della società quantificata, “something to hide” analizza la costruzione del sé mentre “the big mama” è il nuovo stato concepito per il bene di ciascuno che, in un’ottica di caring, potenzia i processi di tracciamento e riconoscimento appoggiandosi a una sorveglianza burocratizzata; infine, “normal is boring” rappresenta in miniatura il mondo dominato dalle corporation che ormai, in nome del profitto, inglobano i settori più disparati.