Marco Cadioli è un fotografo e, come tutti fotografi con un progetto importante, gira il mondo alla ricerca dei suoi soggetti per immortalarli e presentare il suo particolare punto di vista; però, anziché girare il mondo “sublunare” infinitamente dettagliato e mutevole, percorre l’immagine digitalizzata e incorruttibile del globo registrata dai satelliti, che Google rende disponibile online.
Cadioli, insegnante di Net Art all’Accademia delle belle arti di Brescia, non è nuovo a questo genere di ricerca fotografica che ha a che fare con quanto accade online, avendo lavorato sotto lo pseudonimo di Marco Manray dal 2005 al 2008 come foto-reporter in Second Life, documentando una realtà che, come egli stesso afferma nel suo “Net Photography Manifesto” del 2003, quando scomparirà non lascerà nemmeno le rovine.
La mostra Necessary Lines, inaugurata il 18 Gennaio 2014 al Link Point di Brescia, si apre con immagini in bianco e nero dove le stampe fotografiche, applicate al muro senza cornice, riportano linee poligonali che manifestano immediatamente una forte regolarità, con andamenti paralleli e spigoli vivi o retti.
Non conosciamo la scala di queste immagini e l’immaginazione potrebbe ricondurci a configurazioni che ricordano il percorso di fresatura di una macchina utensile o l’antenna di un RFID, ma pensiamo comunque a qualche cosa realizzata dall’uomo.
Osservando con maggiore attenzione e avvicinandoci alle foto, iniziamo a scoprire delle irregolarità nei tracciati e degli elementi estranei al disegno generale. Capiamo che Cadioli ha lasciato volutamente visibili ai bordi dell’immagine delle linee che corrispondono a strade, e da questo intuiamo che i puntini neri al bordo sono dei pali, forse della linea elettrica o, più nostalgicamente, del telegrafo. Si vedono poi delle case e dei silos, e allora non c’è dubbio che queste estensioni di terra sono dei campi arati. L’ordine di grandezza di questi campi è di un miglio o mezzo miglio, dimensioni notevoli per la concezione agricola europea, ma non per l’approccio statunitense, fortemente automatizzato, all’agricoltura. Queste linee sono state verosimilmente realizzate con macchine controllate da un GPS, quindi tramite altri satelliti.
La mostra prosegue con un’altra serie di immagini a colori, dove la terra ocra fa da sfondo ad un altro tipo di figure regolari; in queste immagini le coltivazioni assumono da lontano l’aspetto delle colonne di un giornale e infatti una delle opere è intitolata Page one.
Se è la regolarità su grande scala a sorprenderci a prima vista, l’attenzione si sposta rapidamente verso le irregolarità: uno dei percorsi della macchina ha assunto un andamento caotico, un minuscolo rettangolo ciano contrasta con il giallo dello sfondo e manifesta una piscina. Ecco che ci siamo spostati sulla scala umana e cominciamo ad immaginarci delle storie sugli uomini che vivono in questo posto. Le grandi linee geometriche dei campi hanno avuto l’effetto di un segnale di richiamo lanciato verso lo spazio e noi siamo atterrati proprio sul bordo di quella piscina – oasi nel deserto dell’Arizona – e saremmo curiosi di ritornare lì almeno virtualmente, di zoomare meglio, cercando di capire se possiamo incontrare qualcuno che fa il bagno. Ma Google ha aggiornato le mappe, non ci sono più quelle linee ; dato che ora la vegetazione è cresciuta nel campo, non ritroviamo più lo stesso posto. La foto di Cadioli ha colto l’attimo irripetibile dello spazio-tempo.
Ma forse, se anche non abbiamo trovato l’uomo che abita questi luoghi, abbiamo trovato l’Uomo che popola la terra e cerca di darle una forma che, rappresentata regolarmente in assi cartesiani, con delle “linee necessarie”, possa essere compresa logicamente.
Anche le “necessary lines” dei black paintings di Frank Stella, come definite da Carl Andrè, si possono leggere in questa chiave: l’artista minimalista, eliminando il superfluo, trova una linea geometrica regolare che caratterizza l’uomo nel profondo. Regolari fino a un certo punto perché, dipinte a mano, le linee di Stella mantengono quella caratteristica di leggera variabilità che le rende interessanti: da lontano si vede la linea ideale, da vicino si vedono le irregolarità fisiche della pennellata umana.
Cadioli si è trovato di fronte a involontarie opere di Land Art. Stampandole fisicamente e presentandole in mostra, le rende veramente opera d’arte e oggetto di discussione perché, in effetti, l’arte porta sempre oltre il “What you see is what you see”.
Marco Brianza