D’ARS ne ha già parlato qualche anno fa, in un articolo a firma Laura Gemini.
Noi l’avevamo ospitato sei anni fa nella rassegna Atto Terzo. Allora Daniele Timpano portò a Verona lo spettacolo Dux in scatola. Spettacolo anti-narrativo, politico e ambiguo. Su quello confrontiamo Sì l’ammore no tragicomica commedia. Siamo al Teatro Laboratorio, speciale nella sua accoglienza anche perché dona agli spettatori una fetta di torta e un bicchier di vino al termine di ogni spettacolo. Nella bagarre delle proposte scaligere anche un piccolo gesto fa la differenza.
Prima però sulle vecchie sedie di quello che fu Teatro Laboratorio c’è da vedere dove va la bussola di Timpano, attore intraprendente e imprevedibile. Il suo lavoro si accompagna oggi alla presenza scenica e drammaturgica di Elvira Frosini e ancora insiste sulla dinamica del potere, con i suoi segni, ovviamente anche quelli fascisti, magari che ritornano sotto le mentite spoglie della coppia. Non importa se accennati distesi, come ombre cinesi, con i corpi che cambiano la gravità terrestre.
In scena due giovani sposi (forse gli attori stessi) alle prese con entusiasmi plastificati, affettività crudeli e ciniche, il loro è un amore in differita, un playback, come recita il sottotitolo, che non combacia con la verità. Ma cerca di raccontarla in presa diretta. I luoghi comuni non collimano con la quotidianità della coppia. Sono eterni nella loro insignificanza. Però la coppia stessa è costretta a confrontarsi con l’alterità e la diversità di genere. Differenze inconciliabili. Maschile e femminile sono prototipi di violenza.
Dux in scatola inaugurava la stagione di un teatro che faceva i conti con una narrazione stanca di raccontare. Nuove valvole dovevano sfogare un’aggressività latente al recitato. Sì l’ammore no è un tentativo di esplosione. Piccole intemperanze, insofferenze che rigurgitano rancore, forse contro il teatro stesso e il suo star system.
Timpano è andato così oltre il meta-teatro da ri-confluire nel colloquiale. Infatti l’attore interagisce con gli spettatori e la Frosini porge il microfono al pubblico per domande a risposta secca del tipo: “hai mai tradito tua moglie?” Il recitato si fa eccentrico, un realtà teatrale accresciuta, per prendere a prestito un termine dalla virtualità. Sfoghi, esplosioni che potremmo iscrivere in quella fatica declamata dal teatro di Pippo Del Bono se non fosse che non c’è continuità, linearità interpretativa. Anzi, vige l’effetto Jeff Koons, il kitsch e il souvenir prima dell’esperienza, blocca i due attori in pose da Duane Hanson. Iperrealismo che fissa i corpi dei due attori in statuine da torta nuziale. I due si sono conosciuti, innamorati, fidanzati, ma la violenza latente del pensiero maschile e la fragilità cinica del femminile ci dicono che ciò che stiamo vedendo è apparenza. Un dinosauro giocattolo è più vero di un corpo di carne. E i due sono dei ready made umani, apparenza finta e realtà vera combaciano in una umanità denudata da sistemi di difesa. La donna può anche impugnare il mitra e sparare ma questo “troppo umano” corre il rischio inevitabile di diventare post-umano e sicuramente disumano.
Simone Azzoni
Sì l’amore no
di e con Daniele Timpano ed Elvira Frosini
Teatro Scientifico – Verona
Prossime repliche: 27, 28, 29 marzo 2015 – Sala Ichòs Napoli