Come si evolve l’arte, in un mondo dove scienze, tecnologie e società sono in rapido cambiamento? La complessità dell’interazione tra vettori scientifici, tecnologici e vettori del sociale ha generato una moltitudine di tensioni e di tendenze, tuttavia è possibile intravedere alcuni scenari. Oltre alla diffusione di forme espressive basate sul video, quantitativamente quelle più utilizzate e ormai assurte alle manifestazioni più tradizionali storicamente dedicate all’arte, in questi ultimi dieci anni abbiamo assistito all’esplosione di pratiche sostanzialmente incentrate sulla rete e sulla multimedialità – dunque sul digitale – che hanno dato luogo a una grande varietà di applicazioni, di cui la net.art è probabilmente la più nota. Queste applicazioni, che hanno contribuito a innovare anche la comunicazione, hanno spesso insistito su alcuni elementi fondamentali, per esempio inerenti all’esponibilità, alla diffusione e replicabilità, all’interazione mediata e remota come elemento artistico, alla dimensione sociale, diretta o mediata, come input e orizzonte degli eventi…
Accanto a queste forme artistiche ve ne sono tuttavia altre che invece traggono dalle tecnoscienze un contributo importante, sia nelle poetiche che negli strumenti. Si tratta di una tendenza che ha le radici nei tardi anni ‘80 del novecento e che si sviluppa negli anni ‘90. Oggi vi è un rinnovato interesse intorno a queste forme, dovuto al fatto che alcune delle tematiche scientifiche e filosofiche di quegli anni hanno ormai assunto un’urgenza e un peso culturale rilevanti, e che a queste tematiche se ne sono aggiunte di nuove altrettanto nevralgiche. Sono forme in genere più complesse delle precedenti, che richiedono agli artisti anche competenze di ordine scientifico e che spesso necessitano della collaborazione di scienziati e/o di laboratori di ricerca, anche per preservare come valore il rigore dell’approccio scientifico.
È soprattutto nell’ambito di quest’ultimo contesto che si è svolta a Praga la terza edizione di Entermultimediale (Enter3), festival su arti, scienze e tecnologie organizzato dal CIANT (l’International Centre for Art and New Technologies di Praga, attivo dal 1998) in collaborazione con Leonardo (rivista statunitense dell’International Society for the Arts, Sciences and Technology, che festeggiava i quarant’anni di attività), con Hexagram (l’Institute for Research/Creation in Media Arts and Technologies canadese, nato nel 2001) e con Pépinières européennes pour jeunes artistes (un’organizzazione francese che da quindici anni promuove la mobilità internazionale dei giovani artisti). Enter3 ha ospitato varie mostre, proiezioni e performance in diverse sedi nella città di Praga, alcune di carattere storico e altre focalizzate sulla contemporaneità. Tra le prime Point-Line Universe, una retrospettiva dedicata a Frank J. Malina (1912-1981), scienziato e artista americano di origine ceca pioniere nel campo delle scienze e dell’arte cinetica; Zoosystematicien. Hypothetical Organisms, retrospettiva sul lavoro di Louis Bec, scienziato e artista; e On Vampyroteuthis Infernalis, mostra-omaggio a Vilém Flusser a cura dello stesso Bec, che del filosofo di origine praghese è stato amico e collaboratore.
Altre mostre hanno messo in scena la contemporaneità. Unsafe Distance, a cura di Pavel Sedlák, ha esplorato le pratiche artistiche imperniate sulla sicurezza, sull’ambiente, sull’identità umana e non umana, dove molti degli artisti hanno lavorato in collaborazione con scienziati. Transgenesis: Artists in Science Labs, a cura di Denisa Kera e Petra Vargová, ha presentato lavori di artisti cechi che nel 2007 hanno avuto residenze in laboratori scientifici grazie a un progetto del Ministero della Cultura. i.resident, a cura di Pavel Sedlák e Pavel Smetana, ha messo in scena i lavori dei giovani artisti selezionati dal programma europeo Pépinières européennes pour jeunes artistes. Web 2.0 Generation, a cura di Denisa Kera, Mahir Mustafa Yavuz e Radka Peterová, ha cercato di connettere industrie creative, economia della conoscenza, modelli di business innovativo e “tecnologie sociali” interrogandosi sull’influenza di queste pratiche nella creatività e nell’arte. Infine la mostra Blue Morph. Connecting Art and Nanoscience era dedicata a un lavoro in progress sulla nanofotonica di Victoria Vesna e James Gimzewski, scienziato in questo settore.
La parte espositiva di Enter3, piuttosto interessante, è stata accompagnata da una parte convegnistica molto ampia e altrettanto, se non più, intrigante: tre conferenze internazionali sulle interazioni tra arti, scienze e tecnologie svoltesi a Praga (MutaMorphosis: Challenging Arts and Sciences e European Tradition and Future, conferenza internazionale su Vilém Flusser) e a Berlino (Re:PLACE 2007, International Conference on the Histories of Media, Art, Science and Technology) nell’arco di dieci giorni, che hanno visto la partecipazione di studiosi, scienziati, artisti, teorici provenienti da tutto il mondo. In particolare MutaMorphosis: Challenging Arts and Sciences ha ruotato intorno ad alcuni temi il cui significato è stato spiegato da Louis Bec nell’opening plenary speech: “Sembra che MutaMorphosis venga a proposito per riflettere sulle grandi mutazioni che pesano sull’avvenire del nostro mondo, sull’evoluzione degli uomini e delle società e di conseguenza sui loro modi di conoscenza scientifica e tecnologica, sui loro modi di espressione artistica e di comunicazione. MutaMorphosis deve favorire delle nuove configurazioni di scambi e comprovare che tutti i problemi necessitano ora di approcci basati sulla pluralità delle discipline scientifiche, tecnologiche e artistiche, e devono tenere conto di condizioni etiche, epistemologiche ed ecosistemiche.”
Vi sono dunque nuovi territori a cui rivolgere l’attenzione, da investigare in maniera interdisciplinare, anche da parte della comunicazione, delle scienze sociali, dell’arte. Il grande balzo che scienze e tecnologie hanno compiuto nel ‘900 ha aperto vasti scenari con cui la cultura umana si confronta che diverranno sempre più presenti e consueti nei prossimi anni: le nanotecnologie e i nanomondi, gli ambienti estremi ed ostili, le varie accezioni della robotica, la dimensione del cosmo come habitat, la dimensione dell’organico, le biotecnologie, la sensorialità e la sinestesia, la percezione dei cambiamenti del clima, l’ecologia della trasformazione, i materiali intelligenti, la comune dimensione dei network a livello organico e inorganico, la percezione mediata…
Quali saranno le conseguenze di queste trasformazioni sull’arte? E quale ruolo avrà l’arte – avranno le arti – nell’indagare questi contesti? È un mondo di pionieri quello che si avventura per queste strade, di artisti, studiosi e teorici a volte nuovi, altre volte noti ma operanti in territori che si confrontano spesso con questi argomenti. Roger Malina, scienziato, astronomo e chairman del board di Leonardo, nel suo intervento ha insistito sulle potenzialità dell’arte nel produrre delle visioni, delle nuove metafore, dei concetti innovativi, utili per affrontare sia i nanomondi che il cosmo.
Questo esteso e complesso processo di consapevolezza poggia su una continua interrogazione sui limiti etici, sull’applicazione di conoscenze interdisciplinari e transdisciplinari, sul superamento di pregiudizi, come ha sottolineato Roy Ascott, docente di Technoethic Art e presidente del Planetary Collegium all’Università di Plymouth, nonché pioniere di media art. Secondo Ascott il paradosso è che il più estremo, ostile e innaturale territorio della mente sia dentro di noi, nelle consuete modalità di pensiero e comportamento, dove esistono le più impenetrabili barriere a quella che egli chiama “la consapevolezza espansa”. Mentre il surriscaldamento del pianeta avanza, oltre a un’ecologia della Terra è necessaria dunque anche un’ecologia della mente, un’attenzione ai valori globali e all’etica umana. Tecnologie come la telematica, il ciberspazio, la telepresenza moltiplicano e “distribuiscono” la mente, l’identità, il sé. Gli artisti – gli artisti consapevoli delle discipline scientifiche – devono riflettere sulle trasformazioni indotte dalle tecnoscienze lungo un percorso destinato a ridefinire ciò che viene considerato umano. Anche per questo potrebbero avere un ruolo nella scienza del futuro.
Pier Luigi Capucci
D’ARS year 47/nr 192/winter 2007