Quando nel 1946 a Buenos Aires, Carmelo Arden Quin dava lettura del manifesto Madi, teorizzava alcuni assunti che avrebbero dato significativo contributo al processo di svecchiamento dell’arte iniziato da qualche anno attraverso il dibattito sorto nel milieu culturale della capitale argentina, che vedeva la presenza di letterati, intellettuali ed artisti legati alle avanguardie europee, tra i quali Lucio Fontana e Joaquìn Torres-Garcia.
Il movimento Madi, in realtà, era già in nuce nell’estate del 1944 quando venne pubblicato l’unico numero della rivista Arturo da parte dello stesso Arden Quin con Edgar Bayley, Vincente Huidobro, Gyula Kosice, Tomàs Maldonado, Murrillo Mendes, Lidy Prati, Rhod Rothfuss e Joaquìn Torres-Garcia. Dalle pagine della rivista d’avanguardia si evince la volontà di trovare un’espressione estetica nuova, consona ai programmi di modernizzazione da troppo tempo sperati e fortemente desiderati. Quest’arte non poteva che essere “concreta”, quindi portatrice di una nuova sensibilità fondata sul concetto di “creazione – invenzione” piuttosto che di “espressione – imitazione”, ed estendere il suo campo d’azione a tutte le arti ed alla vita stessa.
A prescindere dalle varie scissioni e dalla conseguente formazione di diversi gruppi usciti dal nucleo iniziale dei collaboratori della rivista Arturo che si divisero a causa sottili contrasti (Asociación Arte Concreto-Invención, Movimiento Madi, Perceptismo ecc.), l’arte concreta conosce un momento di fecondo sviluppo, seguito dal definitivo consolidamento, nell’Argentina peronista.
Riportando l’attenzione sul già citato Movimiento Madi (il cui nome deriverebbe dall’unione delle prime due sillabe di “materialismo dialettico” ovvero la filosofia marxista le cui teorie stanno alla base del comunismo) si precisa che esso portò avanti le ricerche artistiche del concretismo in modo originale attraverso: la sperimentazione di nuovi materiali tecnologici, la rottura dei quadri formati da quattro angoli retti e l’abolizione della cornice-chiusura, l’introduzione di parti mobili nelle opere nella cui possibile trasformazione viene richiesta l’azione dello spettatore, lo studio e l’analisi della percezione visiva nell’arte.
Quando Carmelo Arden Quin decide di stabilirsi a Parigi è l’anno 1948. Con lui emigrano i principi teorici del Madismo che nella capitale francese trovano ambiente ricettivo e terreno fertile tanto da inaugurare una serie di eventi (tra i quali la ventennale partecipazione ai Salons des Réalités Nouvelles) che fanno da trampolino di lancio per la diffusione del Madismo, prima in Europa ed in seguito in tutto il mondo.
Tali assunti sono tutt’oggi validi e costantemente divulgati attraverso le opere dei pochi Madisti fondatori ancora attivi, come Carmelo Arden Quin e da quelli, molto numerosi, delle nuove generazioni, tra i quali si citano gli italiani Franco Cortese, Mirella Forlivesi, Reale Franco Frangi, Gino Luggi, Vincenzo Mascia, Renato Milo, Gianfranco Nicolato, Marta Pilone, Gaetano Pinna, Giuseppe Rosa, Piergiorgio Zangara. A più di sessant’anni dalla data di creazione del movimento essi sono impegnati non solo a perpetuarne il pensiero originario, ma anche ad attualizzarlo in relazione ai cambiamenti della nostra epoca ed integrandolo con contributi personali. E’ proprio questo flusso e riflusso di generazioni che, unendo vecchie e nuove esperienze nonché culture di diversi paesi, permette al movimento Madi di essere ancora al centro del dibattito estetico contemporaneo con la sua storia, con la sua solida base teorica e con un’apertura al confronto che si esplica attraverso convegni, esposizioni, festivals ed eventi internazionali, tra cui la creazione di collezioni museali espressamente dedicate.
L’arte vive le tensioni dell’ambiente e dell’epoca in cui è creata, ha la capacità di influenzare il mondo perché origina nuovi stimoli e modelli in quanto motore dei meccanismi spirituali umani più profondi. Il pensiero Madista poggia sul concetto di arte come trasformazione e invenzione, in polemica con l’arte figurativa tradizionale che si limita all’interpretazione o all’imitazione del reale. Le opere Madi provocano richiami intensi ed immediati nel fruitore perché appaiono subito ciò che sono, ovvero oggetti concreti e visibili nella loro essenza.
Gli artisti del gruppo condividono e manifestano queste posizioni attraverso opere che, con il dinamismo di forme sempre diverse, il brio di accostamenti inusuali, l’euforia della scoperta, vanno a toccare le sottili corde della sensibilità umana in un itinerario in continua evoluzione che implica curiosità, forza interiore, energia e massima libertà di pensiero.
Partendo dall’immutabile realtà delle forme geometriche, essi creano combinazioni che portano alla nascita di una concezione dell’espressione dove l’emotività dell’artista si identifica con linee, piani, angoli, colori, in uno spazio di relazioni, in un gioco di tensioni e rimandi. Non si può nascondere che, per il suo carattere di speculazione spirituale in corrispondenza intima con la ricettività dell’uomo contemporaneo, tutto ciò richieda una sensibilità acuta ed affinata.
Paola Silvia Ubiali
D’ARS year 49/nr 197/spring 2009