La simulazione ha costituito l’argomento di Nuovi Orizzonti per tutto il 2010, attraversandone tutti i numeri. Perché dedicare tanto spazio a un tema così onusto e in definitiva banale per la cultura umana, dato che, come abbiamo riconosciuto nel numero introduttivo, da sempre copiamo la natura per finalità che vanno dalla realizzazione di immagini alla medicina, dalla creazione di dispositivi alle applicazioni dell’intelligenza artificiale?
Abbiamo mostrato, anche grazie al contributo di teorici, artisti ed esperti, come la simulazione abbia rivestito e rivesta un ruolo fondamentale nella storia delle immagini, dalle origini alla contemporaneità, alla fotografia, al cinema, alla computer grafica e all’animazione 3D, alla Realtà virtuale, ai metaversi e ai videogames 3D…, tutte figurazioni che condividono la comune base derivata dalla prospettiva rinascimentale. Di fatto ogni volta che si cerca di trasdurre il reale in immagini bidimensionali si continua a impiegare la prospettiva, e nel calembour delle odierne figurazioni di simulazione, ottenibili e fruibili attraverso vari canali, media e dispositivi, si può affermare che probabilmente la cultura umana non è mai stata così abbondantemente pervasa da immagini prospettiche come nella contemporaneità: senza rendercene conto viviamo in un’epoca prospettica. Dopo quasi sei secoli di vita la prospettiva, un costrutto culturale innestatosi su modalità percettive naturali, è così radicata nel rappresentare e interpretare il mondo da divenire un elemento naturale, al punto che ciò che non si confà alle sue regole viene vissuto come errato, improbabile, infantile o provocatorio, in maniera particolare nelle culture occidentali.
Tuttavia, come abbiamo visto nei numeri precedenti, la simulazione non riguarda solo la visualità ma tutti i sensi: oltre all’udito è possibile simulare l’olfatto, il gusto, il tatto, con tecniche che dipendono dalle modalità di decodifica delle diverse tipologie di informazioni: elettromagnetiche per la vista, meccaniche per l’udito, chimiche per l’olfatto, chimiche, meccaniche e termiche per il gusto, meccaniche, termiche, elettromagnetiche e chimiche per il tatto. E queste evidenti sovrapposizioni nelle competenze sensoriali mostrano anche come negli eventi percettivi anziché di sensorialità separate sia più corretto considerare l’apporto di una sfera sensoriale articolata e coesa, in cui i sensi collaborano e operano in sinergia.
L’argomento della simulazione è tornato di attualità alla luce di scienze, tecnologie e discipline che oltre a fornire nuovi impulsi alle forme “rappresentative” sopra citate hanno aperto nuove opportunità. Negli ultimi anni varie manifestazioni hanno riconsiderato ed espanso il significato della relazione tra “simulazione” e “realtà”. La più recente, intitolata “Consciousness Reframed XI –Making Reality Really Real”, si è svolta a Trondheim, in Norvegia, la prima settimana di novembre, e ha visto la partecipazione di studiosi, scienziati e artisti da tutto il mondo. Secondo Roy Ascott, teorico e artista, presidente del Planetary Collegium all’Università di Plymouth nonché mentore dell’evento, “[…] fino a non molto tempo fa adattavamo la nostra sensibilità dentro scatole separate, variamente identificate come reale, virtuale, spirituale e così via, che consideravamo servite da ontologie separate. Quella separazione oggi si è trasformata in una continuità fluida in cui le telecomunicazioni, l’informatica, le nanotecnologie, la bioingegneria e la farmacologia giocano dei ruoli significativi. L’opposizione binaria tra reale e realtà virtuali non tiene più, e la concezione occidentale del cervello umano individuale che crea la propria mente isolata lascia il posto al riconoscimento di una intelligenza interconnessa in cerca di un accesso più completo a un campo primordiale di consapevolezza universale.” Nel gennaio 2011, inoltre, sulla mailing list Yasmin, sponsorizzata dal programma DigiArts dell’UNESCO e network di artisti, scienziati e istituzioni che promuovono la collaborazione tra arte, scienza e tecnologia nel bacino del Mediterraneo, avrà luogo una discussione, proposta e co-moderata dal sottoscritto, su vari aspetti della simulazione (una precedente discussione su questi argomenti si è svolta nei mesi di gennaio/febbraio 2010).
Accanto alla “simulazione rappresentativa” vi sono forme di simulazione che copiano dei processi, che non rappresentano ma ricostruiscono. In proposito, nel secondo intervento in questa sezione (nel n. 202 di D’Ars), abbiamo introdotto la “simulazione funzionale”: ciò che viene simulato non è più l’apparenza ma il funzionamento, il modo di operare. Le Nanotecnologie agiscono sul comportamento della materia alla dimensione molecolare e atomica per assemblare materiali con caratteristiche non ottenibili mediante i tradizionali processi di lavorazione.
Intelligenza Artificiale, Robotica,Vita Artificiale, Biologia Sintetica simulano i processi, i comportamenti e i materiali del vivente, che sono stati affinati dal lavorìo di milioni di anni di evoluzione e sulla cui efficacia è basata la vita sulla Terra. Sono dunque i più adatti a essere copiati e trasferiti dentro artefatti umani che devono agire autonomamente, interagire con l’ambiente, compiere operazioni complesse, essere implantati nel corpo o sostituire parti di esso… Queste discipline e applicazioni sono in rapida crescita, sia dal punto di vista quantitativo sia per gli aspetti di complessità insiti nei processi e nel comportamento degli artefatti che possono essere prodotti. Al punto che abbiamo avanzato l’ipotesi dell’evoluzione, in un futuro prossimo, di una sorta di “Terza vita”, originata dall’umanità,dopo la “Prima vita” (la vita biologica che conosciamo) e la “Seconda vita” (la vita nel virtuale), con nuove forme di vita e di intelligenza.
La simulazione, tuttavia, sembra operare anche a una dimensione più ampia, a un livello più generale, indipendente dai costrutti creati dalla cultura umana. Per esempio nel funzionamento del sistema dei neuroni specchio, inizialmente individuato nelle scimmie e in seguito nell’uomo e in altre specie animali, di cui abbiamo parlato la volta scorsa in questa sezione. Scoperto in Italia all’inizio degli anni ‘90 presso l’Università di Parma dall’équipe di Giacomo Rizzolatti, il sistema dei neuroni specchio si attiva sia quando si compie un’azione sia quando la si vede compiere. Quando guardiamo un oggetto manipolabile, nel cervello si attivano contemporaneamente delle zone visive e delle zone motorie che riguardano la nostra interazione con quell’oggetto, come se esso potesse essere definito compiutamente solo in base al suo uso. Dunque, vedere un oggetto implica richiamare il programma motorio che controlla che cosa fare con quell’oggetto, simulando un’azione potenziale. I neuroni specchio producono una sorta di imitazione interna di ciò che percepiamo coi sensi: Vittorio Gallese, uno dei membri del gruppo di ricerca che ha scoperto il sistema dei neuroni specchio, parla in proposito di “simulazione incarnata”. Il sistema dei neuroni specchio si attiva anche quando l’oggetto o l’azione si intuisconosoltanto (cioè quando sono in toto o in parte nascosti) e quando sono raffigurati in un’immagine (per esempio un quadro, un manifesto, una foto, un video…), aprendo nuovi campi di ricerca nell’arte e nella comunicazione. Inoltre l’attività del sistema dei neuroni specchio non riguarda solo la visualità ma tutta la sfera sensoriale.
La simulazione dunque, nella sua varietà, è una presenza costante nella cultura umana: abbiamo sempre simulato la natura, il vivente, il mondo di cui siamo parte nelle arti, nelle scienze, nelle tecnologie. Nelle arti questa dimensione è evidente sin dagli albori della rappresentazione, nelle pitture parietali dei nostri avi più arcaici, fino alle forme tecnologiche contemporanee di rappresentazione.
Il lavoro di Elif Ayiter, artista, designer e ricercatrice, ci mostra come nei metaversi, e in Second Life in particolare, la simulazione agisca a più livelli, nella comunicazione, nell’interculturalità, nella condivisione di differenze e valori, coinvolgendo discipline diverse come la storia, l’antropologia, la mitologia, la ludologia, il fashion design, le arti performative, i media studies… Dunque, gli artefatti virtuali come nuove modalità di esistenza, come ponti, come percorsi tra culture e identità culturali diverse.
Come abbiamo visto, la simulazione opera anche nelle dinamiche con cui ci confrontiamo coi nostri simili, è dentro di noi, la incarniamo, come nel caso dei neuroni specchio. Ma forse essa interviene anche a un livello più generale, nel cuore dell’evoluzione stessa. Quel processo che in alcuni animali adegua il colore della pelliccia alle stagioni e i fenomeni di mimesi animale e vegetale non potrebbero essere intesi come forme di simulazione?
La coevoluzione tra il vivente e l’ambiente, e il mutuo adeguamento che ne consegue non potrebbero essere considerati come fenomeni di simulazione? Lo stesso processo di selezione naturale, di “sopravvivenza del più adatto”, cioè di sopravvivenza del migliore adattamento all’ambiente, non potrebbe essere interpretato come una sorta di simulazione?
La simulazione, così ricorrente nell’antroposfera, potrebbe essere considerata come una conferma che noi umani siamo natura, e che è natura tutto quel che costruiamo. Più in generale, la presenza della simulazione nelle dinamiche naturali potrebbe condurre a un livello superiore: la natura che simula la natura. Infine, a conclusione di questo viaggio,
potremmo persino azzardare ulteriori problematiche. Per esempio: la simulazione, in tutte le sue forme, potrebbe essere considerata come una presenza universale, come una sorta di radiazione cosmica di fondo? Potrebbe emergere come elemento di compatibilità, come mutuo adattamento, come scambio di informazioni, come flusso di energia tra sistemi? Potrebbe essere considerata, a ogni livello, come una conseguenza dell’interazione?
Pier Luigi Capucci
D’ARS year 50/nr 204/winter 2010