Dopo aver raccontato la mostra di Liu Xia al Martin Gropius Bau di Berlino (vedi articolo seguente), segnaliamo la presenza in Italia dei lavori dell’artista cinese: dal 24 settembre al 31 ottobre prossimi la Galleria d’Arte Raffaella De Chirico di Torino ospiterà una selezione di tredici stampe fotografiche, unite nella mostra The Silent Strenght of Liu Xia.
Dopo il successo della grande retrospettiva dedicata ad Ai Weiwei dell’anno scorso, il Martin Gropius Bau di Berlino consacra un’altra mostra a un’artista cinese che vive agli arresti domiciliari e subisce il divieto di rendere pubbliche le sue opere. Si tratta della scrittrice, fotografa e pittrice Liu Xia della quale si possono vedere, fino al 19 aprile, una cinquantina di scatti accompagnati da alcune poesie e da un’intervista video.
Liu Xia è anche nota per essere moglie e portavoce di Liu Xiaobo, scrittore e professore dissidente, tra i protagonisti del movimento di protesta di piazza Tienanmen, che ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace nel 2010 mentre si trovava in carcere a scontare una pena di undici anni. La condanna era stata pronunciata l’anno prima in seguito alla redazione del famoso manifesto Charta 08: un documento sostenuto da migliaia di intellettuali e attivisti (tra cui lo stesso Ai Weiwei) che si schiera esplicitamente a favore della rivendicazione dei diritti umani in Cina e che propone una serie di riforme in senso democratico per porre fine all’autoritarismo e all’oppressione del regime politico.
Alla notizia del Nobel, il governo ha immediatamente messo Liu Xia agli arresti domiciliari impedendole non solo di riscuotere il premio, ma anche di svolgere qualsiasi impiego remunerativo e divulgare i suoi lavori. La relazione con Liu Xiaobo è segnata dalle continue ingerenze e dagli abusi di potere; persino il loro matrimonio fu celebrato nel 1996 in un campo di rieducazione dove lo scrittore rimase per diversi anni a causa del suo impegno politico e della sua attività critica. Nell’intervista video in mostra ritroviamo l´artista che fa i conti con questa attesa, ancora lunga, raccontando i suoi problemi di salute e le sue difficoltà materiali in un quotidiano all’ombra della dittatura, in balia della più totale incertezza.
Attraverso queste fotografie, tutte in bianco e nero, prodotte nella seconda metà degli anni Novanta, si accede a un universo visivo opprimente e silenzioso, percorso dal motivo delle bambole. Si tratta di scene dal sapore surrealista, dominate da un senso di straniamento e d’impotenza. Non ci sono riferimenti nostalgici a un’infanzia perduta, bensì interazioni mancate, smorfie congelate, gesti imprigionati da forme spettrali di umanità.
La contestualizzazione politica non è esplicita, anzi ci troviamo in un mondo quasi parallelo e distorto che si esprime piuttosto a livello d’impalpabili stati d’animo interiori. Nonostante ciò molte immagini sembrano alludere, con una cadenza quasi ossessiva, alla mancanza di libertà e a una condizione di costrizione diffusa. Particolarmente toccante è il ritratto di Liu Xiaobo che porta sulle spalle una di queste bambole: il suo sguardo pare rivolto a un futuro incerto che, però, non teme di affrontare anche a nome di questi esseri “incapaci” di parlare. C’è forse un richiamo alle nuove generazioni e alla necessità di stabilire un dialogo con la propria storia, rompendo il silenzio e la censura che impediscono ogni forma di libertà, di confronto e autodeterminazione.
Clara Carpanini
Martin Gropius Bau – Berlino