Les Rencontres de la Photographie di Arles si conferma tra i festival di fotografia più importanti al mondo. Fondato nel 1970, il festival si distingue per la presentazione di lavori quasi esclusivamente inediti e per una programmazione ricca, a cavallo tra passato e presente, tra arte e documentario. A solo un giorno dalla chiusura della settimana professionale dei Rencontres la scelta del nuovo presidente Hubert Védrine di annoverare tra le esposizioni principali di questa edizione The Heaven degli italiani Paolo Woods e Gabriele Galimberti acquista un senso tutto particolare.
The Heaven è infatti un documentario fotografico sui paradisi fiscali. Scattato con uno stile distaccato e analitico, le fotografie svelano le incongruenze e i piaceri della vita in 12 paradisi fiscali del mondo. Attraverso un giornalismo d’inchiesta, i due fotografi mostrano l’invisibile: non solo yatch, piscine lussuose e paesaggi tropicali, ma anche file interminabili di cassette postali delle aziende la cui sede sociale corrisponde ad un fermo posta, server ad altissima capacità dedicati esclusivamente al traffico internet sul gioco d’azzardo e completamente liberati dal giogo del controllo fiscale.
Woods e Galimberti mostrano come i paradisi fiscali non siano un’eccentricità tropicale, ma un elemento strutturale dell’economia mondiale. Sollevano le più fondamentali problematiche morali e interrogano la relazione che esiste tra pubblico e privato, tra aziende e stati, tra ricchi e poveri. Domande di estrema attualità, all’indomani del durissimo accordo europeo per il piano di salvataggio dell’economia greca, che dimostrano come la fotografia contemporanea sia ancora uno strumento di indagine capace di informare e denunciare, non priva di una certa volontà politica come apertamente dichiarato dalla sessione della stessa esposizione dedicata allo scandalo LuxLeaks.
Dal registro estetico diametralmente opposto, ma ugualmente dedicato a dar volto a realtà sconosciute, è l’esposizione di Martin Gusinde dedicata allo “spirito degli uomini della terra di fuoco” (L’esprit des hommes de la terre de feu). Scatti in bianco e nero dal valore decisamente antropologico, affascinanti perché ci trasportano in un universo scomparso, visione di un immaginario collettivo ormai quasi mitologico eppure ancora reale all’inizio del secolo scorso. Siamo in Patagonia, tra il 1918 e il 1924. Un prete missionario tedesco di nome Martin Gusinde dimora in seno alle società Selk’nam, Yamana et Kawesqar. Nel corso degli anni, il prete missionario tesse una relazione intima con diversi gruppi di queste società tribali, allora già considerabilmente indebolite, fino a diventare lo spettatore privilegiato dei loro riti sacri. Corpi nudi dipinti di bianco, pelli di animali cacciati con l’arco, piedi nudi sulla neve precedono gli abiti occidentali, camicie bianche e larghe gonne ad attestare la triste sottomissione di queste comunità alla dominazione culturale dell’uomo bianco, sino alla loro completa scomparsa. Fotografie nostalgiche, etnografiche, di rara bellezza e storicità.
Dalle reminiscenze etnografiche a quelle pop, l’esposizione Total Records ripercorre l’avventura fotografica iscritta sulle pochette dei dischi. Oggetti scomparsi dal nostro quotidiano, le copertine dei dischi 33 e 45 giri sono state spesso firmate dai grandi nomi della fotografia al punto che oggi si potrebbe riscriverne la storia attraverso quella dei vinili, questa l’ambizione della vasta rassegna fotografica. Dalla classica Patti Smith immortalata da Robert Mapplethorpe (Usa, 1975), a Miles Davis ritratto dal maestro Irving Penn per l’album Tutu (Usa, 1986), alle serigrafie di Andy Warhol per The Rolling Stones (UK, 1977).
In un’intervista Jean-Baptiste Mondino racconta i retroscena per la copertina dell’album Lovesexy di Prince (Usa, 1988) e, attraverso uno sguardo nel suo passato personale, analizza il ruolo sociale che il vinile ha ricoperto per tutta una generazione di ragazzi che “si scambiavano i dischi per far circolare idee, inviare messaggi, fumare joints…”, uno strumento di comunicazione che potrebbe essere comparato alle odierne reti sociali. Ruolo sociale confermato dalle numerose immagini di copertina censurate (John Lennon & Yoko Ono, Unfinished Music No.1 , UK, 1968), utilizzate come veicolo di denuncia della segregazione razziale negli Stati-Uniti della prima metà del XX Secolo (Collectif, Missisipi Blues, 1927 – 1941); oppure apertamente connesse ad un movimento politico (I have a dream. The Rev.Dr.Martin Luther King, Jr 1929-1968).
Un’ampia porzione della programmazione del festival è poi dedicata agli Stati Uniti: riletti attraverso l’opera dei pionieri della fotografia americana come Walker Evans (1903-1975) e Stephan Shore (1947), oppure attraverso gli occhi degli architetti Robert Venturi (1921) & Denise Scott (1931), le esposizioni esprimono la fascinazione per il paese dove insegne pubblicitarie e motel trasformano le strade in un susseguirsi di forme stravaganti, e celebrano con uno sguardo più o meno critico la società americana e i suoi valori.
Il festival Les Rencontres de la Photographie di Arles prosegue la sua programmazione con dibattiti, workshop, incontri, presentazioni, proiezioni e visite guidate alle mostre fino al prossimo 20 settembre.
Giada Connestari