Le notti di Tino di Bagdad: questo il titolo del lavoro in realtà aumentata realizzato da ConiglioViola. Siamo a Torino, l’opera è ubiqua. Tanto per iniziare la si incontra nei manifesti esposti in molte delle pensiline degli autobus (circa trenta punti dislocati per tutta la città) dallo scorso 15 maggio. Su ogni manifesto è riprodotta l’immagine di differenti paesaggi realizzati con incisioni su rame e incorniciati da maschere che richiamano la forma di finestre orientaleggianti. Per entrare nel vivo dell’opera è poi necessario scaricare l’app (gratuita) TINO, lanciarla e inquadrare i manifesti: sugli schermi si anima un video, stralcio narrativo di una storia che si può ricomporre scoprendone i vari frammenti manifesto dopo manifesto.
La trama di Le notti di Tino di Bagdad, ispirata all’opera letteraria Die Nächte der Tino von Bagdad della poetessa espressionista tedesca Else Lasker-Schüler, viene dunque stravolta e lasciata in balia dei diversi percorsi urbani che lo “spettatore errante” sceglie di intraprendere. Il risultato è un esperimento di narrazione interattiva ispirata al concetto di letteratura combinatoria (Le Lionnais) che lascia al lettore/fruitore la scelta di comporre a proprio piacimento i vari elementi narrativi predisposti dall’autore.
Ecco una buona applicazione della Realtà Aumentata (AR): da molto si parla di questa tecnologia e del suo potenziale, cercando di capire in che modo questa possa entrare nel variegato mondo delle tecniche narrative. L’arte non è stata a guardare – ad esempio con il duo artistico Art Is Open Source o il collettivo Les Liens Invisibles e il Padiglione Invisibile in AR realizzato per la 54° Biennale di Venezia. Vi avevamo parlato anche dell’opera in AR realizzata per dOCUMENTA13, Alter Bahnhof Video Walk, nella quale i canadesi Janet Cardiff e George Bures Miller consegnano agli spettatori un tablet con il quale percorrere gli spazi della stazione centrale di Kassel.
Nel caso di Le notti di Tino di Bagdad la trama e l’interazione opera-spettatore-spazio si complica ulteriormente, coinvolgendo ogni fruitore con un ruolo attivo nel determinare una personale struttura geografico-narrativa. Anche secondo i suoi autori, questo lavoro, semmai avessimo bisogno di definizioni, va sotto l’etichetta di “film diffuso oltre che, più in generale, di opera transmediale o multimediale, partecipativa, pubblica, ubiqua… sicuramente poetica.
Sì, perché in questo caso la tecnologia si mescola con tecniche ed estetiche tradizionali che vanno dall’incisione al teatro delle ombre, dalla performance ai video in chroma key, per realizzare scenografie suggestive che in parte ricordano le atmosfere favolistiche del cinema di Georges Méliès.
L’intero progetto è stato prodotto in maniera partecipata all’interno degli spazi occupati della Cavallerizza Reale a Torino, tra il 2014 e il 2015. Come si legge nel sito del progetto: “D’accordo con Assemblea Cavallerizza 14:45, si è scelto di utilizzare l’esperienza di occupazione come incubatore artistico per sperimentare modelli di produzione culturale alternativi, basati sullo scambio di competenze tra le professionalità coinvolte nell’occupazione”.
Passeggiare per Torino e scoprire i vari spezzoni video filmici disseminati per la città (ecco la mappa) non esaurisce infine l’esperienza di Le notti di Tino di Bagdad: gli spettatori sono invitati a scrivere i propri racconti della principessa Tino e a inviarli tramite il sito tinobagdad.com, dove si legge che i più belli verranno pubblicati in un e-book e premiati.
Martina Coletti