Il lavoro in relazione al medium filmico e documentaristico costituisce uno dei temi principali a cui si era dedicato Harun Farocki fino alla sua improvvisa scomparsa nel luglio dell’anno scorso. Insieme alla compagna, artista e curatrice Antje Ehmann, a partire dal 2011 aveva sviluppato un progetto internazionale e itinerante attraverso dei workshop condotti in collaborazione con il Goethe Institut. Considerando il pionieristico film L’uscita dalle officine Lumière del 1895, Farocki aveva riflettuto in più occasioni, anche attraverso i suoi scritti, sull’apparente perdita di interesse del cinema nei confronti del soggetto «lavoro». Di fronte alla globalizzazione e ai cambiamenti radicali degli ultimi decenni, si era dunque riproposto d’indagare le nuove forme di lavoro utilizzando un codice visivo rigoroso e il più possibile sintetico.
La mostra Labour in a Single Shot presso l´Haus der Kulturen der Welt di Berlino presenta i risultati di questa opera collettiva sviluppata in 15 città di tutto il mondo tra cui Lisbona, Atene, Hangzhou, Tel Aviv, Bangalore, Buenos Aires… La consegna molto precisa prevedeva la realizzazione di un video di massimo due minuti riguardante una determinata attività lavorativa, un filmato composto da una sequenza unica, senza possibilità di tagli o di montaggio. Dopo un intenso scambio, i partecipanti erano stati invitati a catturare delle azioni, spesso ripetitive, in tempi ristretti, cercando di condensarne il flusso senza perderne di vista gli aspetti essenziali. Il risultato è una serie di ritratti eloquenti che mostrano l´invisibilità di un quotidiano dalle implicazioni profondamente sociali e anche esistenziali. In alcuni casi attraverso la concentrazione del soggetto e il distacco dell’osservatore sembra scaturire una sorta di drammaturgia intrinseca al gesto stesso.
L´allestimento della mostra, visitabile fino al 6 aprile, è a cura dello studio Kuehn Malvezzi e consiste in un´ampia installazione all’interno di uno spazio oscurato e percorribile dove i filmati vengono fruiti uno accanto all’altro, in serie alternate, suggerendo confronti, rimandi e contrasti. Le illustrazioni grafiche degli artisti Alice Creischer e Andreas Siekmann forniscono informazioni sui dati e le cifre del lavoro nei vari paesi coinvolti, allargando la prospettiva di analisi storica sul campo. Infine un gruppo di video disposti a lato, rende omaggio al corto dei Lumière – come un ritorno alle origini – mostrando pezzi girati all’uscita di fabbriche e uffici contemporanei.
Il varcare questa soglia potrebbe sembrare un rituale ordinario e neutrale mentre basta porsi al di là della camera per rendersi conto di quanto lo sguardo possa scoprire anche in un passaggio, apparentemente così minimale, indizi forti della nostra condizione contemporanea.
Clara Carpanini