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Fino al 28 Settembre lo Schinkel Pavillon presenta Force Majeure, prima personale di Thomas Hirschhorn a Berlino. Si è parlato spesso di questo artista svizzero che negli ultimi vent’ anni ha messo in discussione il concetto di arte, proponendola come un “corpo critico” e cercando l’attivazione di un pubblico eterogeneo. Force Majeure continua la pratica artista di Hirschhorn e trasforma il “cubo bianco” dello Schinkel Pavillon in un’installazione di grande formato. Il padiglione è trasformato nel luogo di un incidente. A differenza di precedenti installazioni, l’artista non inserisce un’opera nello spazio espositivo ma procede con una decostruzione dell’intera struttura. Il soffitto sembra crollare e creare una scultura-collage composta da cavi elettrici, materiale isolante, cartone.
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L’incidente inscenato non devasta solo un monumento architettonico (il padiglione è un tesoro del dopoguerra), ma frantuma anche la protezione ideologica dello spazio istituzionale. Quale istituzione no profit lo Schinkel Pavillon è innanzitutto uno spazio per l’incontro contemplativo con l’arte. Thomas Hirschhorn trasforma quest’incontro in uno scontro. I visitatori sono esposti a una situazione di disagio; il soffitto ha già iniziato a crollare sotto un peso incommensurabile e continuerà a farlo.
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Force Majeure costringe lo spettatore a dare un’occhiata più da vicino. Tutto ciò che normalmente rimane nascosto sotto la superficie è ora alla luce del sole e il pubblico è invitato a mettere in discussione le sue aspettative. A causa della forza di gravità tutto è ora visibile e si creano nuovi legami, nuove connessioni e dinamiche. Force Majeur sfida la nozione di scultura contemporanea, è una forza spietata che obbliga a guardare, un corpo critico che ci sottopone a una nuova logica.
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Importante è la scelta del libro fotocopiato Zettels Traum di Arno Schmidt appeso al soffitto. Secondo Hirschhorn infatti, i libri migliori non vengono letti per essere capiti, la comprensione non è mai il punto, il punto è quello di sperimentare qualcosa. Lo stesso possiamo dire per le opere di Hirschhorn: non chiedono di essere capite ma ci obbligano a confrontarci con ciò che non sappiamo, a porci domande e a mettere in discussione le nostre posizioni. Da italiani non possiamo fare a meno di notare che l’incidente di Hirschhorn sta già avendo luogo in molti spazi culturali del nostro il paese. Il soffitto crolla metaforicamente e realmente e le istituzioni si trovano a dover cercare l’equilibrio, come funamboli, tra forze che sembrano non potersi conciliare. Come nel labirinto di cavi di Force Majeure, il nostro ruolo sembra essere dunque quello di spettatori critici e attivi, che sanno interrogarsi, guardare sotto la superficie e reagire.
Laura Casarsa