Il Florian di Venezia è sicuramente uno dei caffè più famosi al mondo, accattivante per l’atmosfera e la storia che si possono respirare tra i suoi tavoli. Nato nel 1720 e ricordato come il primo caffè italiano, il Florian si conferma come luogo interessante anche per il suo connubio con l’arte e la cultura. E non semplicemente per le prestigiose frequentazioni di artisti e intellettuali che nel tempo hanno reso mitico questo punto di incontro internazionale – ricordiamo tra i tanti Lord Byron, Ugo Foscolo, Goethe, Gabriele D’Annunzio, Eleonora Duse, Modigliani – ma anche e soprattutto per la serie di iniziative dedicate all’arte contemporanea. L’idea di associare gli spazi del caffè all’arte contemporanea, nasce nel 1988 con la serie di mostre del progetto Temporanea: le realtà possibili del Caffè Florian che fin da subito dimostrano una scelta curatoriale strettamente legata all’idea di site specific: Non chiedevamo all’artista di appendere i propri quadri o esporre le proprie sculture, ma di reinterpretare gli spazi del Caffè – sottolinea il direttore artistico Stefano Stipitivich. Ogni due anni, in concomitanza con la Biennale di Venezia – la cui idea sembra sia nata proprio tra le pareti del Caffè Florian alla fine dell’800 – hanno interagito con gli spazi del locale Bruno Ceccobelli, Mimmo Rotella, Fabrizio Plessi, Gaetano Pesce, Luca Buvoli, Arcangelo, Irene Andessner, Fausto Gilberti, Botta&Bruno, Marco Tirelli, Pietro Ruffo e, quest’anno, Omar Galliani con Sogno della Principessa Lyu Ji.
L’importante collezione che il caffè ha acquisito nel tempo, viene ora proposta al pubblico nella sede del Florian di Firenze (in Via del Parione 28): una serie di collettive permetterà al pubblico di scoprire i lavori degli artisti coinvolti in allestimenti pensati sempre con la modalità del site specific, in stretto dialogo quindi con i precedenti eventi veneziani e con l’anima delle location fiorentine. L’inaugurazione di venerdì 11 ottobre da’ il via a questo ciclo espositivo che apre, non a caso, con il lavoro dell’artista umbro Bruno Ceccobelli, il primo ad aver esposto la propria arte negli spazi veneziani del caffè con Figli d’api nel 1988. L’opera di Ceccobelli catalizza immediatamente l’attenzione con la sua parete intarsiata di lavori in tecnica mista carichi di simboli esoterici, archetipi e immaginari che ben si accordano con la riscoperta dell’inconscio e del misticismo che hanno caratterizzato quest’ultima Biennale di Venezia. Ad accogliere il pubblico anche i totem video di Fabrizio Plessi, un lavoro realizzato per i 290 anni del Caffè Florian di Venezia e qui accompagnati dai ventiquattro studi preparatori delle videoinstallazioni Cristalli liquidi e Movimenti dell’anima entrate a far parte della collezione del caffè. Tra i nomi degli storici presenti, anche Arcangelo con le sue Anfore (1999) esposte su ponteggi di cantiere come reperti archeologici, omaggio ad un passato recente che crea un cortocircuito tra la memoria del secolo scorso e un futuro di difficile definizione.
Pietro Ruffo e Antonio Demetz, tra gli artisti più giovani insieme a Paolo William Tamburella, intervengono con due suggestive interpretazioni della sala cinese: con Negative Liberty (2011) di Ruffo, uno sciame di leggere libellule di grafite avvolge in un’atmosfera quasi zen per una meditazione sul concetto di libertà, sui pericoli derivanti dalle interpretazioni distorte, o meglio illusorie (eco della caverna di Platone?) della libertà con gli insetti pronti a spiccare un volo, ritagliati dalla carta dello sfondo, ma bloccati da spilli al muro, come da residui seminali di potere. Dalla luce illusoria si passa al fuoco purificatore che “carbonizza” completamente La credenza della memoria (2012) di Demetz, una sala che fa quasi da contraltare alla precedente e immerge lo spettatore in una scatola scura intarsiata di inserti dorati, tutt’altro che opprimente.
A stravolgere gli spazi con interventi site specific nei soffitti del caffè contribuiscono invece le ceste bengalesi di Tamburella, Florian bangla – che nel 2011 avevano ricoperto la Sala delle Stagioni del caffè veneziano e che ricordano anche qui il rischio di estinzione dell’artigianato tradizionale sotto i colpi della globalizzazione – e i fogli sospesi di Luca Buvoli, arista poliedrico italiano che vive a New York e che affida alla simulazione del volo aereo dei suoi disegni, l’animazione degli storyboard fumettistici del suo Not-a-Superhero (1997).
Da segnalare il progetto, in via di realizzazione, Florian Underground, dedicato a giovani artisti emergenti, prevalentemente del territorio, per creare, come afferma Stefano Stipitivich, non solo uno spazio museale, ma allacciare anche un dialogo con la città. Gli artisti coinvolti avranno a disposizione gli spazi non aperti al pubblico del deposito che si trova sotto al caffè, per realizzare ed esporre un proprio lavoro. Il work in progress e l’opera realizzata saranno visibili esclusivamente attraverso un sistema di webcam che monitoreranno in tempo reale lo stato dei lavori restituendone la diretta su postazioni video presenti sia al Florian di Firenze che a quello di Venezia.
Nell’attesa di scoprire le prossime mosse del Florian nel modo dell’arte contemporanea anche nelle altre sedi del caffè, in città come Roma e New York, non resta che arricchire il rito del caffè con la fruizione di mostre tutt’altro che scontate.
Martina Coletti