L’occasione per parlare di arte sonora ci viene offerta da due eventi avvenuti in contemporanea all’Auditorium Parco della Musica di Roma: la mostra DOS Disegnare Oggetti Sonori e la personale dell’artista svizzero Zimoun, entrambe concluse alla fine dello scorso febbraio).
La mostra di Zimoun, dal titolo Emerging Microstructures, è il secondo appuntamento del nuovo progetto della Fondazione Musica per Roma dedicato all’arte del suono per lo spazio espositivo AuditoriumArte: One Space/One Sound. Il progetto, a cura di Anna Castelli Guidi – pensato come una rassegna periodica divisa in tre appuntamenti nel corso dell’anno- prevede di ospitare artisti che lavorano abitualmente con il suono o a progetti specifici di arte sonora. L’arte sonora fa della relazione tra suono, esperienza visiva (quando presente) e percezione architettonico/spaziale, il peculiare tratto che le permette di travalicare le discipline artistiche e di non trovare collocazione specifica se non quella di essere arte contemporanea.
Mentre per i galleristi e i musei questo potrebbe rivelarsi un limite, per gli artisti è un grande vantaggio: la possibilità di non essere catalogati e di poter spaziare liberamente fra le varie discipline è elemento di libertà espressiva. Lo stesso Zimoun dichiara di non sentirsi propriamente un artista sonoro ma un artista che combina componente sonora, visiva e architettonico/spaziale in un opera di sintesi, in costante equilibrio instabile, per dirla con le parole di una famosa opera di Paul Klee.
Questo perché, nelle opere di Zimoun l’equilibrio è dato dalla struttura, spesso ordinata, mentre l’instabilità è rappresentata dal suono. Emerging Microstructures è un’installazione composta dasessanta scatole di cartone tutte uguali, distribuite sul pavimento della sala espositiva in cinque file da dodici. Sopra ognuna di esse, parallelamente al lato alto, è posizionato un motorino a bassa tensione che fa ruotare una bacchetta di metallo di venti centimetri alla cui estremità è fissata una pallina di plastica in contatto col cartone. Il movimento circolare del motorino e la forma leggermente ricurva della bacchetta fanno scorrere la pallina lateralmente, il che provoca un suono costante ma irregolare, dato dalla imperfezione naturale dei vari oggetti in uso. La scatola vuota fa da cassa di risonanza amplificando il suono della pallina. Il risultato è che lo spazio è invaso da un suono profondo e avvolgente, instabile ma piacevole, che dà la sensazione di essere oltre che all’esterno, all’interno di una delle scatole. Pura meccanica del movimento, nessun computer che comanda i movimenti come ci si aspetterebbe di questi tempi, la complessità nella semplicità secondo le parole di Zimoun. Emerging Microstructures è pensata a moduli componibili che possano assumere varie forme per occupare lo spazio architettonico che la ospita ma anche di sonorizzarlo. Tutto ciò fa di quest’opera una perfetta sintesi stilistica.
Il prossimo artista ospite della rassegna sarà Francesco Fonassi, tra i vincitori della terza edizione del concorso 6Artista, mentre in precedenza Massimo Bartolini aveva presentato un’opera dal titolo Hum dedicata a Glenn Gould.
Nel foyer dell’Auditorium invece era ospitata la rassegna DOS Disegnare Oggetti Sonori. La Fondazione Musica per Roma e la IMF Foundation presentano la prima esposizione internazionale incentrata sul rapporto tra design e suono, a cura di Domitilla Dardi ed Elisabetta Pisu.
DOS è un viaggio tra oggetti, prodotti, installazioni e performance firmato da grandi autori che hanno fatto dell’elemento sonoro un aspetto importante della loro ricerca progettuale. Un percorso originale per raccontare un altro design, non solo bellezza e utilità ma anche sensorialità. L’aspetto sonoro diventa rilevante quanto quello visivo e l’oggetto acquista una sua voce. In mostra ci sono oggetti di design, diffusori acustici, strumenti musicali, installazioni interattive.
Tra le opere più riuscite figura sicuramente quella del duo di designer austriaci Misher’ Traxler, ovvero Katharina Mischer e Thomas Traxler. Alla loro prima esperienza con l’arte sonora, Trapped Flies simula una mosca intrappolata in un bicchiere. La mosca, ovviamente in plastica, si dimena per uscire e in questo suo dimenarsi sbatte contro le pareti di vetro producendo un sottile rumore che sarebbe molto fastidioso se prodotto da una vera mosca ma che invece risulta piuttosto piacevole. La leggera percussione di un bicchiere di vetro infatti produce un suono tra il melodico e il rumoristico che dipende sia dal tipo di vetro che dal suo spessore. In questo caso, disposti sulle mensole di una credenza tutta bianca abbiamo cinquantadue bicchieri di varie forme e spessore, rivolti a testa in giù. Ognuno di essi contiene una mosca collegata ad un motorino attraverso un filo trasparente semi-rigido. L’idea è semplice ma la sua realizzazione è piuttosto complessa.
L’installazione funziona con Arduino, l’ormai famoso progetto italiano di scheda a microcontrollore da utilizzare con un software open source. Attraverso Arduino si controllano i motorini che vengono azionati uno alla volta, a gruppi di 3 o 4 oppure tutti insieme. In questo caso si dà vita ad una sinfonia di percussioni per mosche e bicchieri di vetro. L’opera cattura subito l’attenzione del visitatore e risulta godibile e molto poetica.
Un’altra interessante opera è Carillon, dell’architetto designer Olivier Vadrot in collaborazione con il compositore Sebastien Roux. Vadrot ripensa il sistema di campanelle finora usati nelle scuole. Una suoneria originale per ogni classe, ognuna delle quali è un “mini-poema sonoro” di durata variabile dai 5 ai 30 secondi, costituite da suoni e voci che recitano un testo basato sui differenti insegnamenti scolastici. Pertanto, la suoneria dei corsi di arte si articola con una lista di colori usati in pittura, mentre quella delle materie scientifiche enuncia le principali unità di misura. I diffusori acustici sono in legno e riprendono l’estetica essenziale delle radio degli anni ’30-’50. L’opera ha una pulsantiera, per ascoltare la campanella basta premere uno dei pulsanti del pannello. Le brevi composizioni di Sebastien Roux, pur essendo funzionali, sono molto evocative e l’opera si ascolta come fosse un radio dramma con le sue voci suadenti e i delicati suoni di accompagnamento. L’intento dell’artista è proprio quella di installare gradualmente un suono nello spazio (e non una suoneria brutale come è spesso il caso). Il suono arriva progressivamente e decade altrettanto gradualmente. Durante il tempo della campanella, l’insegnante ha il tempo di finire la frase, se ne ha iniziato una e questa non è una rottura.
La voce aiuta a veicolare contenuti educativi, incarna attraverso le parole l’idea di conoscenza. L’artista ricorre a una forma poetica per trasmettere informazioni, ci parla di un’idea di educazione differente e rispettosa dove i bambini imparano le nozioni di base, che sono il fondamento della nostra società, e attraverso le quali costruiamo il nostro futuro.
Stefano Tedesco
D’ARS year 53/nr 213/spring 2013