Oggi vi presentiamo Barbara e Ale, ovvero Barbara Ceriani Basilico e Alessandro Mancassola, due artisti che collaborano dal 2005, quando frequentavano il biennio specialistico in Arti Visive all’Accademia di Brera. Tra i luoghi in cui hanno esposto compaiono il Centre Pompidou di Parigi, il Pac di Milano, il Rauma Art Museum, la Fondazione Merz e la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia e alla National Art Gallery di Tirana.
Difficili da incasellare nelle definizioni di video artisti o fotografi o in determinate correnti, Barbara e Ale non ricercano una continuità formale che possa portare lo spettatore a riconoscere un loro lavoro a prima occhiata.
Ci siamo incontrati un pomeriggio a Milano e mi hanno parlato del loro percorso artistico usando termini che in realtà sono delle chiavi di lettura. Diapositiva è la prima di queste parole: di un viaggio non raccontano il viaggio, di una storia non raccontano la storia ma ne mostrano un fotogramma estrapolato dal mezzo della narrazione per immagini, indipendente, come “una diapositiva smarrita da un parente lontano, scattata chissà dove, chissà quando, chissà con chi¹.”
La storia è negli occhi di chi guarda e lo spazio d’azione si trova, fisicamente, tra l’opera e lo spettatore, spazio che egli stesso è chiamato a colmare. La nostra mente, messa di fronte alla tappa centrale di un racconto, ne ricostruisce prologo ed epilogo; i lavori di Barbara e Ale non hanno bisogno di lunghi testi di spiegazione perché il fine non è il resoconto del loro viaggio ma piuttosto fornire l’input al viaggio di chi guarda.
Cinque volte all’anno una diga sulle Alpi che trattiene la più alta cascata d’Italia viene aperta. Barbara e Ale si sono inerpicati a duemila metri di altezza per filmare il dietro le quinte di questo raro evento. Into the void rappresenta a pieno il concetto di perdita di controllo: quando la diga viene aperta per lasciar defluire le acque, l’uomo celebra il suo controllo sulla natura, che però lo sorprende avvolgendo in pochi minuti tutto e tutti nella fitta nebbia sprigionata dalla cascata. Gli artisti stessi non hanno alcun controllo sull’evento: in difficoltà per la natura stessa del luogo, per le condizioni meteorologiche e per essere stati inglobati anche loro dalla nebbia.
Da meno di un anno Barbara e Ale hanno aperto un profilo Instagram, che si è dimostrato essere la piattaforma adatta a una narrazione per “diapositive”. Sul social si naviga per parole chiave che sono parte integrante dell’opera, e gli artisti hanno un riscontro diretto dello spazio d’azione dallo spettatore tramite i commenti. Nel profilo instagram possiamo scorgere per la prima volta nel loro percorso una certa continuità formale data dal tipo di luce che ricercano.
Con l’hashtag #cathedrals ci presentano il fascino delle strutture industriali abbandonate per quello che sono, senza nessun taglio d’ombra che possa caricarle di malinconia o tristezza. Sono architetture fotografate con una metodologia e un rigore formale becheriano – ma fatte a mano libera, senza l’ausilio di cavalletti – e la serialità di Beuys.
La prossima volta che compulsivamente prenderete in mano il vostro smartphone per sfuggire alla noia della quotidianità, vi invitiamo a visitare Barbara e Ale sul loro sito web e sui profili social di Instagram e Vimeo, per riscoprire quella che una delle funzioni primordiali dell’arte: dai dipinti rupestri in poi, si fissa su un supporto un’immagine che è ricordo o celebrazione di qualcosa avvenuta in un altro luogo e in un altro momento, così che chi guarda possa riviverla o immaginarla. Allo stesso modo potrete perdervi un po’ in viaggi e storie avvenuti chissà dove, chissà quando e chissà con chi.
Claudia Caldara
¹ tratto da Statement, portfolio di Barbara e Ale