Il Museo Pecci apre a Milano in uno spazio, di oltre mille metri quadrati, ricavato da un edificio di archeologia industriale nella zona dei Navigli, in Ripa di Porta Ticinese dove sono in programma esposizioni delle opere della collezione del Centro Pecci di Prato e mostre, presentazioni di progetti editoriali, opere site-specific.
L’edificio, un loft ottocentesco concesso in comodato gratuito per tre anni dal comune di Milano, il cui intervento di ristrutturazione dello spazio è di notevole impatto, consta di una galleria con una parte delle collezioni storiche del museo, una caffetteria, una libreria specializzata dove organizzare eventi ed incontri. Una vetrina sull’attualità e sul “made in Tuscany” in cui la Regione Toscana, tramite Toscana Promozione, ha investito migliaia di euro: un progetto ambizioso che porta a Milano una delle più interessanti collezioni d’arte contemporanea in Italia. Lontani dall’idea di globalizzazione della cultura – queste le parole di Marco Bazzini, direttore artistico del Pecci, uno tra i più giovani direttori artistici di un museo d’arte contemporanea– “il vero motore del progetto di espansione del Centro Pecci a Prato e a Milano è la collezione permanente raccolta in oltre 20 anni. La possibilità di valorizzare le oltre 1350 opere d’arte contemporanea, potendole esportare, è per noi un’importante opportunità.”
L’inaugurazione della sede del Museo Pecci Milano, ha in programma una serie di appuntamenti in successione durante il 2010. Il primo, dedicato alla ricerca visiva di NIO architecten, autori del progetto di ampliamento della sede di Prato soprannominato dagli addetti ai lavori “il piercing”.
A Milano viene proposta l’opera inedita Dark Matter (2010) la scultura lucida e zoomorfa che occupa i tre quarti della nuova struttura, sacrificando lo spazio dedicato alle altre opere della Collezione Pecci all’intorno. Si tratta di un’installazione, fondata sul concetto cosmologico di “materia oscura” e incentrata sul connubio fra creazione artistica, produzione industriale e innovazione tecnologica, che permette di addentrarsi nell’immaginario poetico da cui trae origine il lavoro di NIO, il cui percorso si è sviluppato dal 2001 a oggi attraverso una serie originale di progetti e realizzazioni contrassegnati da titoli sorprendenti come The Amazing Whale Jaw, The Cyclops, Touch of Evil, o Sensing the Waves (il progetto d’ampliamento del Centro Pecci a Prato). Come afferma Maurice Nio: “Questo è il mio sogno. Infettare il soffice con il duro. Il limite con il cristallino. Il virtuale con il reale. L’intelligenza con la stupidità”.
NIO architecten è uno studio olandese di architettura e design che non si limita a una particolare tipologia o categoria architettonica, ma applica i propri progetti all’ambiente pubblico e privato realizzando abitazioni private e collettive, edifici industriali, ponti, arredo urbano, etc…; la recente attività del team è ben documentata in un volume monografico pubblicato da Equal Books, Corea. Lo staff di creativi è diretto da Maurice Nio, classe 1959: fondatore e membro del Gruppo NOX con Lars Spuybroek fino al 1996. Gli interventi di NIO architecten giocano sulla saturazione dei colori utilizzati, si distinguono per le forme “molecolari” e la fluidità dei volumi; Nio è l’architetto-scenografo, l’intellettuale che sprezza il sapere accademico, ma che scrive testi di successo, lo sceneggiatore che pensa a un’architettura ricca di stimoli cinematografici, dove la costruzione diventa “icona”, immagine cult.
In parallelo, Nio si sta occupando del grande progetto di ampliamento della sede storica di Prato – inaugurata nel 1988 in seguito alla donazione di Enrico Pecci al comune di Prato – presentato a Roma nel 2007, che prevede un rinnovamento e un notevole ampliamento degli spazi (inaugurazione prevista per il 2012). Un enorme anello metallico si connette al vecchio edificio di Italo Gamberini e ne modifica e potenzia spazi e fruizione. La nuova costruzione, di cui sono già cominciati i lavori, dalla copertura circolare di metallo scintillante e l’alta torre simile ad un’antenna, permetterà la creazione di nuove sale per la collezione del Centro, ponendo volumi vivaci a ridosso del vecchio corpo, che sarà destinato alle mostre temporanee. La nuova estensione del museo si presenta, in relazione al carattere del museo esistente, da un lato come un intervento rigido e meccanicistico, ispirato ai laboratori tessili di Prato, e dall’altra come una digressione ‘elastica’ e sognante. La nuova estensione circonda l’edificio esistente intersecandolo solo ove necessario lungo il circuito espositivo. Poiché l’angolazione del piano espositivo varia in continuazione, si originano all’interno dell’edificio spazi dalle atmosfere differenziate, atte ad accogliere differenti possibilità espositive. Le due strutture architettoniche si integreranno non soltanto da un punto di vista strutturale ma, proprio come simbolizza anche la loro immagine, cioè due anelli concentrici, diventeranno la sintesi di un progetto culturale, iniziato più di venti anni fa.
In un passato recente il Pecci si era già fatto ambasciatore dell’arte italiana con “Italian Genius Now”, mostra itinerante (Tokyo, Seoul, Taipei, Hanoi), prodotta dal Centro, dedicata alla creatività italiana. Il 2010 è un anno grandioso per il Pecci che, in seguito a una severa selezione è stato scelto per rappresentare l’arte contemporanea italiana all’Expo di Shanghai appena inaugurato.
Elisabetta Kluzer
D’ARS year 50/nr 202/summer 2010