Che senso ha rivisitare oggi l’arte povera e concettuale degli anni sessanta? Moltissimo, e lo dimostra questa bella mostra di Giovanni Anselmo che si è aperta a Roma nello spazio affascinante dell’Accademia di San Luca
L’Accademia di San Luca gli ha attribuito il premio di eccellenza Presidente della Repubblica 2016 (premio istituito da Luigi Einaudi) e oggi gli dedica una mostra. E’ un’occasione per rivedere il lavoro di Giovanni Anselmo ed è uno dei graditi ritorni dell’arte concettuale in un momento in cui il neo-concettuale è diventato lingua di base e internazionale filtro di passaggio di idee per l’arte contemporanea.
Negli anni ’60 della “Remise en Question” (come si diceva quando il riesame delle Avanguardie Storiche era un atto eversivo) il ritorno alle avventure che avevano creato l’idea di avanguardia stava ricreando nuove prospettive di ricerca e nuovi spazi mentali. L’arte povera o concettuale che si accende a Torino negli anni Sessanta prende il carattere di una rivolta “ideologica” contro l’ondata informale, il sentire non analitico che riporta l’arte al magma sensoriale del Romanticismo. Anselmo vive la ricostruzione delle esperienze del Modernismo come un’apertura mentale e ottica sulle cose e sul mondo sensibile, come un superamento improvviso delle problematiche dell’arte occupate nello scontro fra arte astratta e le forme del figurativo. Anselmo stesso ha voluto curare la mostra aggregando le varie opere secondo un proprio ordine. Subito colpisce una gigantografia in bianco e nero, l’opera che dà il titolo alla mostra: Entrare nell’opera, 1971.
Un uomo, l’artista stesso, corre al centro di un vasto prato, comunicando una forte sensazione di libertà e avventura. L’avventura di ritrovare in quegli anni i processi di interpretazione del termine arte, inteso come un’apertura in tutti i sensi del testare la realtà, filosofica, scientifica, relazionale. E la Felicità di scoprire nuove regole o anti-regole dell’arte. Le misurazioni del reale, gli incontri fra esperienza e coscienza, il dubbio sui termini che definiscono i concetti.
Partendo dalle esemplificazioni la parola “Particolare” collegata alla pittura richiama immediatamente la definizione di un’immagine attraverso un suo “particolare”: la parola proiettata sul pubblico potrebbe indicare che il pubblico è un particolare in fondo a un’immagine, ma anche identificarsi come persona nella massa degli altri, individui o cose. O si è particolari della realtà o si è “particolari” rispetto ad altri.
Dove le stelle si avvicinano una spanna di più diverse basi di marmo, come piedistalli di antiche statue, sono collocate nel giardino dell’Accademia e il titolo indica una funzione: avvicinarsi alle stelle di una spanna in più. I lavori di quegli anni hanno la costante di ridefinire le “cose” come tracce semplici e dirette insieme del vissuto e della fantasia. “Tell it Like It Is” era la parola d’ordine delle nuove culture radicali. Anselmo (come altri di quell’area) dice “le cose come sono”, come secondo lui sono, i desideri e le osservazioni più semplici sulla realtà, dandogli però il peso di considerazioni filosofiche.
Quale filosofia? Il misto di idee che iniziano a circolare in quegli anni e che diffondono una Filosofia delle “Cose”, cioè del reale rivisto come scoperta primaria, fuori dai linguaggi prestabiliti e dentro l’opera. Franco Passatore, uno degli sperimentatori a Torino della fantasia e del linguaggio all’interno dell’animazione culturale con l’infanzia, utilizzava il linguaggio infantile dove le parole e le cose prendono un senso nuovo. Io ero l’albero e tu il cavallo, un suo libro dove i bambini davano un senso al mondo rinominandolo, poneva insieme un’istanza innovativa nel linguaggio e un’istanza creativa e fantastica nel senso delle cose. Una sapiente infanzia della percezione è l’obbiettivo perseguito. Un’ottica che sembra coincidere in parte con le scelte fatte dal gruppo dell’arte povera e concettuale.
Gli esperimenti continuano: dal 1971 si passa al 1982, con Il panorama con mano che lo indica, dove una foto comprende sia la mano che indica che il paesaggio indicato. E poi, in un ordine non cronologico, i tanti lavori che Anselmo ha continuato a produrre andando controcorrente negli anni ’80 quando l’arrivo del Postmoderno sterzò il sistema dell’arte verso una più “accettabile” produzione figurativa e citazionista. La pietra, il colore puro, la bussola che indica le direzioni del nostro pianeta, le materie tangibili del reale, rimangono nel corso degli anni i suoi punti di riferimento linguistici.
Verso oltremare, 1984 Pietra, cavo d’acciaio, nodo scorsoio, oltremare. I sottotitoli equivalgono a dichiarazioni di estetica. Scabri, semplicemente esplicativi, parlano delle materie che compongono le immagini, indicando con semplicità, stando bene attento che il dito che indica la luna non nasconda la luna stessa.
Questa franchezza di presentazione dell’opera e le proiezioni nel pensiero e nella fantasia di questa bella mostra ci “guariscono” dai giochi di Cattelan con le sue banane-quadri e dagli ormai insopportabili “Billionair’s shows” di Jeff Koons, che invadono gli spazi mediatici mondiali assordandoli e impedendo alle idee vere e importanti del contemporaneo di esprimersi.
Lorenzo Taiuti
Fino al 31 gennaio 2020
Palazzo Carpegna, Piazza dell’Accademia di San Luca 77, Roma
Orari: dal lunedì al sabato: 10.00 – 19.00 Ingresso gratuito