La carriera di critico di Gillo Dorfles ha attraversato l’Italia dagli anni ’30 a oggi e Skira le ha dato forma nel libro Gillo Dorfles. Gli artisti che ho incontrato. Un volume di 864 pagine che ripercorre l’arte del ventesimo secolo attraverso gli scritti monografici del critico: presentazioni di libri, introduzioni a cataloghi e recensioni di mostre sia personali che collettive in gallerie private e musei pubblici, pubblicazioni su quotidiani, riviste e periodici tra i più importanti del ‘900 italiano.
Il libro ha l’aspetto di un dizionario, fasciato da una sovraccoperta arancione – colore scelto da Dorfles in persona – e ha pressappoco le dimensioni di un vocabolario di greco antico. Gli scritti sono divisi per decenni e organizzati in ordine cronologico, dando vita così a un vero e proprio racconto storico. La raccolta esclude i testi specifici sulla Biennale di Venezia che sono già stati pubblicati in Inviato alla Biennale. Venezia 1949-2009 edito da Scheiwiller, e articoli incentrati sulla filologia e riflessioni più ampie pubblicati per il Corriere della sera. Le grandi dimensioni del volume e l’organizzazione degli articoli lo rendono fruibile più come un’enciclopedia o un manuale che come una lettura di piacere: in questo senso sarebbe stato interessante aggiungere anche un indice delle fonti e un indice dei nomi, per poter sfruttare una lettura trasversale del lavoro del critico.
Dal 1930 al 1936 Dorfles scrive per la rivista L’Italia Letteraria – continuando la collaborazione anche nel ’46, quando alla fine della guerra riprende le pubblicazioni con il nome La Fiera Letteraria – riguardo ad artisti del calibro di Boccioni, Carrà, De Pisis e Fontana. Negli anni ’45 e ’46 recensisce le mostre delle gallerie milanesi per Il Mondo, rivista fiorentina che ha come fondatori Bonsanti, Montale e Loria. Ha inoltre una rubrica intitolata Artisti nello studio, in cui racconta delle visite negli atelier con un’attenzione particolare alla profondità psicologica degli stessi artisti. È proprio questa una delle caratteristiche della scrittura del critico, che afferma: “viene prima la persona che la sua attività o il suo ruolo: l’artista deve essere una persona”¹.
Nel ’46 inoltre inizia la lunga e fruttuosa collaborazione con la rivista Domus, per cui scriverà di Arp, Brancusi, Mondrian, Klee, Malevič e tanti altri. Nel ’48 nasce il Movimento Arte Concreta MAC, di cui Dorfles è un esponente. Attraverso bollettini e cataloghi il critico presenta gli artisti che fanno parte del movimento, scioltosi dieci anni dopo, nel 1958.
Sono tante le riviste che vantano la penna di Dorfles tra i propri autori, come Metro, L’Œil, Aut Aut e Art International per cui ricordiamo uno dei testi riportati in questo volume “Il ready-made di Duchamp e il suo rapporto con l’arte d’oggi”, in cui prende spunto dalla prima mostra dei ready-made dell’autore in Italia, curata da Arturo Schwarz nel 1964, per analizzare il lavoro dell’artista individuandone cause ed effetti nell’arte contemporanea con una lucidità tale da sembrare scritto in tempi molto più recenti.
Fra le pagine di Gillo Dorfles. Gli artisti che ho incontrato possiamo estrapolare i temi cari all’autore, come l’elogio dell’approssimazione e l’eclettismo come qualità fondamentale di un pensatore libero. Per Dorfles svicolare il pensiero da vie già battute è una prerogativa importante in un critico. Nella sua carriera si è spesso occupato anche outsider dell’ambiente artistico, appassionandosi, molto prima di altri colleghi, alla performance e alla body art così come alla grafica pubblicitaria e al fumetto. Possiamo in questo senso ricordare i testi dedicati a Tadeusz Kantor, pittore, scenografo e regista teatrale polacco, Renato Calligaro, fumettista di satira politica, Armando Testa come grafico pubblicitario e Marina Abramovic come esponente della body art. Di fianco a scritti sui massimi esponenti dell’arte del ventesimo secolo troviamo anche recensioni di artisti semi-sconosciuti, ma soprattutto di artisti che Dorfles ha conosciuto e che anche grazie alla sua penna sono poi diventati famosi, come Castellani e Bonalumi. In particolare quest’ultimo gli fu segnalato dal suo dentista durante una seduta: il dottore gli disse di conoscere un artista davvero bravo che avrebbe assolutamente dovuto incontrare. Questa è forse una delle qualità migliori di Dorfles, non avere assolutamente preconcetti ed essere consapevole che l’arte può essere scoperta in ogni momento, in ogni luogo e in ogni tempo, anche al di fuori dei circuiti artistici.
Nella sua completezza questo libro abbraccia più di ottant’anni di avvenimenti e potrebbe essere considerato tranquillamente un manuale dell’arte del ‘900. Tra le sue pagine possiamo ricostruire la storia delle mostre del “Secolo breve”. Notizie, critiche e curiosità sugli artisti sono ormai facili da rintracciare, specie nell’era digitale, ma in questo volume sono raccolti testi che in altro modo non sarebbero alla nostra portata e che ci permettono non solo di avere un’idea di quello che è stato ma di conoscere come lo è stato, com’è stato accolto, quali riflessioni ha suscitato, l’hic et nuncdel momento.
¹ Intervento di Gillo Dorfles alla conferenza Gillo Dorfles una vita per l’arte organizzata da Skira il 24 ottobre 2015 presso Palazzo Reale, Milano.
Claudia Caldara
D’ARS anno 56/n. 222/primavera 2016
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