È in corso al MAMbo di Bologna la mostra sui lavori di Lawrence Carroll, Ghost House, curata da Gianfranco Maraniello. Visitabile fino al 6 aprile 2015, la retrospettiva raccoglie circa 60 opere dell’artista australiano, realizzate da metà degli anni ‘80 ad oggi, un’occasione per conoscere e approfondire il lavoro di questo importante pittore contemporaneo.
Artista americano di origine australiana, Carroll (1954) si trasferisce a quattro anni negli Stati Uniti. A metà degli anni ’80 è a New York dove entra in contatto con artisti come Jasper Johns, Marc Rothko, Donald Judd, Sean Scully, che si rivelano influenti per la sua maturazione artistica; altro importante riferimento di Carroll è Giorgio Morandi, che esercita in lui un particolare fascino.
La prima stanza di Ghost House offre la chiave d’accesso per ripercorrere la sua carriera, ma non attraverso coordinate temporali: si assiste infatti all’accostamento di opere di periodi differenti, scelta espositiva che dà origine a una fitta trama in cui si possono scorgere assonanze e rimandi di una coerente ricerca artistica.
Al centro della prima sala un table painting in legno, cartone e colore può far pensare a un aquilone in fase di costruzione, al gioco di un bambino che per la sua grande creazione ha scelto materiali rovinati, comuni. I primi lavori ci introducono immediatamente in una logica del fare arte in cui ogni elemento è personale e scelto. Telai e tele non sono sostegni e supporti su cui stendere il colore, ma corpi, opere in fase embrionale concepite nella loro interezza. L’artista dipinge attraverso la materia giungendo a una naturale fusione tra pittura e scultura; i mezzi usati sono legno, tela, acrilico, olio, cera, carta di giornale e oggetti vari; non ci sono preziosismi, ma umiltà. La poetica di Carroll arriva come un sussurro. Le opere ci appaiono nella loro imponente leggerezza, inducono ad essere osservate in ogni parte, attraverso le fessure cieche e le intercapedini, percependone la volumetria.
Percorrendo le sale espositive attraverso box paintings, page paintings, calendar paintings, slip paintings, erasure paintings si è pervasi dal colore unico di Carroll, da lui definito “off white color”. Gialli, grigi, bianchi creano una tonalità neutra, mai uniforme, che rivela il lavoro manuale strato dopo strato: gradazioni vicine, mai stridenti o in opposizione caratterizzano una raffinata cromia, cercata, vissuta, voluta. L’uso della cera, opacizzando la superficie, rende meno evidenti segni e fenditure, come una pelle crea un velo che non nasconde ma protegge.
Significativo è il luogo in cui si svolge la mostra. Il MAMbo infatti, ospitando la collezione di Giorgio Morandi, permette di mettere in relazione e capire il rapporto di Lawrence Carroll con l’artista bolognese.
C’è la condivisione di una ricerca che procede incessantemente, in un continuo approfondimento del proprio linguaggio: un’assonanza di perimetri smussati, irregolarità, imperfezioni, assenza di margini netti. In entrambi captiamo l’importanza della luce e degli oggetti: bottiglie, ciotole, lampadine, fogli di giornale, fiori… Pacatezza e silenzio, vissuto e memoria caratterizzano entrambi. Le opere di Morandi come quelle di Carroll rimandano al momento della creazione, conservano i gesti dell’artista, l’intimità dello studio e del proprio sentire. Gli oggetti sono stati posti in un tavolo, toccati, osservati, spostati così come i pezzi di tela e di legno sono stati pensati, tagliati e riassemblati.
Quando, camminando, quasi sfioriamo un sacchetto pieno di lettere in terra o ci troviamo di fianco a un’asse di legno, la sensazione è quella di essere nel luogo dove Carroll lavora; quella tavola può essere stata appoggiata alla parete l’attimo prima di entrare a far parte dell’opera o trovarsi lì da anni in attesa di un suo utilizzo. C’è qualcosa di archeologico nel lavoro di Carroll, gli elementi vanno osservati attentamente e cercati, è così che si trova un fiore bianco, nascosto, in simbiosi con l’asse di legno appoggiata al muro.
Le tele di grandi dimensioni, che si mostrano come pareti con nicchie abitate da reliquie del quotidiano o come armadi dotati di mensole e piani di appoggio, si fanno contenuto e contenitore, quasi a dire che c’è un nascondiglio, un posto sicuro, un luogo per conservare.
In mostra anche alcuni lavori realizzati appositamente per l’esposizione bolognese e Freezing Painting, esposto alla Biennale di Venezia del 2013.
Visitare Ghost House è un’esperienza: sentiamo il tempo e una pittura che sa di polvere, da cui trapela ciò che sta sotto e sotto ancora.
Barbara Amadori
Lawrence Carroll. Ghost House
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna
fino al 6 aprile 2015
Ingresso intero € 6,00 – ridotto € 4,00