Come vivono le gallerie private la crisi che investe i musei a Roma, cioè il MAXXI e il Macro?
Iniziamo una piccola inchiesta tra gallerie di diversa collocazione e direzione.
La Nube di Oort è una delle gallerie nate qualche anno fa nel nuovo district d’arte creatosi intorno a Piazza Vittorio a Roma, per segnalarne gli umori multiculturali e le possibilità di un’attività non troppo condizionata dall’economia degli affitti e dei costi, che penalizza la città. Intorno alla Chinatown locale sono nati diversi studi d’artista, associazioni e gallerie interessanti come RAM radioartemobile, Sala 1 e altre.
Il direttore di La Nube di Oort, Cristian Stanescu, parla della sua esperienza di gallerista rispetto alla scena creata da MAXXI e Macro e sottolinea la funzione di Walter Veltroni nella nascita delle nuove realtà espositive: La loro presenza – afferma Stanescu – ha dinamicizzato la scena romana. La Fiera Roma Contemporary invece chiude la possibilità, dati i costi elevati, di una presenza forte di gallerie giovani. Inoltre la Pelanda (al Macro Testaccio) resta uno spazio poco utilizzato. Mentre ci sono diverse associazioni culturali no profit che lavorano molto e restano escluse per ragioni economiche. Poco anche lo scambio di artisti nelle mostre fra i nostri musei e quelli esteri. Detto questo l’ipotesi di chiudere il Macro è insensata. Ci sarà un confronto fra l’assessore alla cultura Flavia Barca e la Consulta per l’Arte Contemporanea. Vedremo.
Mentre nella galleria è in preparazione una mostra di Laura Palmieri – artista che lavora in direzioni diverse, usando il disegno e la scultura, presentata dalla critica e storica dell’arte Simonetta Lux – si è conclusa da poco la mostra del pittore americano operante a Roma Peter Flaccus, che ha presentato dei grandi dittici eseguiti rifacendosi all’antica tecnica dell’encausto. Le sue opere hanno titoli che guardano lontano, con una forma di nostalgia visiva come Alpi, Madagascar e Le isole. I colori accesi, sottolineati dalla tecnica insolita, richiamano Mark Rothko e gli studi di Support/Surface, il gruppo francese di ricerca sugli esiti dell’astrazione nei nuovi contesti espressivi. I quadri operano su percezioni inattese fra le divisioni dello spazio-superficie, e gli sfaldamenti della materia che si espande sulla tela ma anche in lieve rilievo, grazie ai supporti di gesso sui quali il colore si espande, creando una pittura in bassorilievo.
Si mette in moto una meccanica della visione e del gusto affidata al minimalismo di scelte coloristiche estremamente attraenti e di percezioni che non vogliono superare la soglia della lettura visiva e diventare intelligibili. I segni ricollegabili a cose e spazi sono più dei trompe-l’oeil che rimandi al figurativo; le forme sono segni del colore e della memoria più che oggetti concreti. Quindi una forma-colore con dentro la memoria di quelle di Arshyle Gorky, nei suoi paesaggi immaginari del Giardino di Sochi, il luogo della sua infanzia.
Una forma è una forma… Come lo strutturalismo insegna.
Lorenzo Taiuti
Galleria La Nube di Oort
Via Principe Eugenio 60, Roma
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