From Border to Home, Biennale di Architettura di Venezia 2016: le proposte del padiglione Finlandia per l’emergenza immigrazione. Quando l’architettura è capace di progettare opportunità nella rilettura di ciò che viene visto come una minaccia.
Un tema interessante e molto attuale che si ritrova in modo trasversale in molti luoghi di questa Biennale di Architettura di Venezia 2016 è quello dell’accoglienza.
Accoglienza e integrazione.
I flussi migratori che stanno portando in Europa numeri sempre maggiori di persone, hanno messo in evidenza, tra gli altri, gli aspetti legati all’accoglienza: non solo per rispondere alla forte pressione dell’emergenza abitativa nel breve periodo, ma anche per promuovere la creazione di nuovi spazi per l’abitare che possano accogliere una nuova popolazione europea. In un percorso di integrazione sociale e culturale che presenta non pochi ostacoli.
Ormai è chiaro e condiviso: le migrazioni sono sempre esistite, non sono un fenomeno da considerarsi transitorio e se mal governate sfociano in forme di insediamenti urbani prossime a quelle che vengono dette “informali” (quelle che vengono chiamate, a seconda del paese in cui si sono sviluppate, slums, bidonville, baraccopoli, etc). È allora interessante chiedersi quale ruolo ha, e può avere, l’architettura e l’arte della progettazione in tutto questo.
La domanda sposta il ruolo dell’architettura: il progetto degli spazi dell’abitare si amplia nella progettazione di forme, anche embrionali, di nuove comunità urbane integrate socialmente oltre che spazialmente.
Su questo tema colpisce per la frizzante aria di tolleranza, il padiglione della Finlandia (o Aalto Pavilion, Giardini dell’Arsenale), dove sono presentati i risultati di From Border to Home, concorso indetto proprio su queste tematiche dal Museo di Architettura Finlandese in collaborazione con l’Associazione Finlandese degli Architetti. Il padiglione stesso si presenta in modo simbolico rispetto alle riflessioni proposte dai progetti presentati al suo interno: l’edificio disegnato dal celebre Alvar Aalto nel 1956 come struttura temporanea è, invece, ancora oggi uno dei luoghi dell’esposizione internazionale a Venezia. La sua temporaneità iniziale si è consolidata in durevolezza.
“Oggigiorno” – dichiara il curatore dell’esposizione del padiglione, Marco Steinnberg – “la sfida dell’Europa non è la costruzione di nuove città, bensì quella di trasformare le città esistenti al fine di creare una società inclusiva e più bilanciata. In questo contesto l’architettura deve riconquistare la sua capacità non solo di dare forma a edifici, ma anche di progettare nuove soluzioni sociali. È proprio grazie alla combinazione di queste sue capacità che l’architettura potrà aiutare a concretizzare i principi di una migliore abitabilità”.
Alcuni esempi in mostra nel padiglione. Start with a roof, propone strutture apparentemente temporanee che, assolta in una prima fase la loro funzione di rifugio d’emergenza, divengono i tetti di costruzioni stabili, di lungo periodo, creando nell’attuale l’embrione dello sviluppo futuro.
I flussi migratori diventano un’opportunità per affrontare il problema casa più in generale attraverso forme di rigenerazione di spazi urbani sottoutilizzati o in disuso nel progetto Enter the Void.
We house refugees prevede abitazioni dove lo spazio per l’ospitalità temporanea è una caratteristica integrata duratura. Si tratta appartamenti donatori, con una stanza in più, dedicata all’ospitalità temporanea: abitazioni pronte per rispondere all’attuale mutevole richiesta di alloggio, promuovendo nuove forme della flessibilità urbana.
Flessibilità che diventa realtà, in uno scorcio di futuro, nella vision di Helsinkikasbah, dove la mutazione urbana parte dal basso e si concretizza in nuove forme di habitat; in cui le diverse comunità si integrano, nello spazio fisico e nelle pratiche socio culturali, senza soluzioni di continuità.
Ben risponde dunque il padiglione finlandese allo stimolo lanciato da Aravena a ricercare nell’architettura, oggi, strumenti e modelli che hanno sviluppato proposte integrate per affrontare le intense sfide sociali contemporanee.
Michela Crevatin