Dopo aver parlato di Last Summer, torniamo al Festival Internazionale del Film di Roma, in corso fino al 25 ottobre.
Spazzatura, rifuto, scarto: questa è la traduzione letterale di Trash, titolo dell’ultimo film di Stephen Daldry in concorso all’edizione 2014 e presentato all’interno di Alice nella città, la sezione riservata ai film per ragazzi. Con questo film Daldry dimostra ancora una volta la vicinanza alla prospettiva degli adolescenti, confermando un punto di vista adottato, ad esempio, con il celebre Billy Elliot (2000) e Molto forte, incredibilmente vicino (2011). Film sull’amicizia e sul gioco di squadra, Trash costruisce un ottimo plot senza cedimento alcuno in un mondo immerso nella spazzatura da capo a piedi.
Gordo, Raphael e Gabriel sono tre amici quattordicenni che vivono in una favela di Rio e si guadagnano la giornata lavorando nella discarica a cielo aperto accanto cui sorgono le loro baracche; trattati come rifiuti, non si aspettano nulla dalla vita, ma si aspettano molto dai soldi e dal potere che hanno. Una mattina, tra i rifiuti, Gabriel trova un portafoglio che, oltre a contenere un bel gruzzoletto, nasconde un mistero che i tre decidono di risolvere iniziando a cercare una cassetta di sicurezza, un uomo di nome Santos, una Bibbia e dei soldi. Il prezzo da pagare? Le loro vite, ovviamente, perchè dietro questa caccia c’è un uomo corrotto che non guarda in faccia a nessuno e quindi i tre giovani moschettieri devono guardarsi le spalle dai poliziotti che li rincorrono su e giù dai tetti delle baracche e case di Rio.
La scrittura del film è impeccabile e ciascun indizio è funzionale alla soluzione del mistero (poche eccezioni; ad esempio: perchè dilungarsi nel mostrare la videocamera di Miss Olivia sotto il letto mentre i ragazzi sono portati via?) che i ragazzi inseguono testardamente e senza mostrare alcun segno di stanchezza, nonostante le minacce, le botte, le corse all’impazzata per la città. Molti i richiami a film e registi, il più vicino è indubbiamente The millionaire di Danny Boyle. Dall’India ci trasferiamo in Brasile, ma poco cambia: una realtà di degrado, vite borderline che intravedono una possibilità di riscatto, corruzione ad ogni livello, bambini che sanno cosa bisogna fare al contrario degli adulti. La messa in scena rafforza questa congiuntura scegliendo una fotografia satura, un montaggio musicale riempitivo e costruendo sequenze già “vincenti” nel film di Boyle, come le corse sui tetti a ritmo di musica o il balletto di chiusura.
Oltre a tutto questo che rende Trash un film godibile, coinvolgente e sicuramente “vendibile”, c’è la crudeltà del sistema. Scena che mi sembra suggellare questo aspetto è quella della violenza su Raphael. Catturato, Rapahel è spinto sul sedile posteriore della macchina della polizia; questa inizia a danzare sulla strada a ritmo di musica classica, con il capo della polizia che osserva questo macabro balletto sperando tutto il male del mondo per il piccolo. Daldry aveva in mente Kubrick e Beethoven sulle sequenze di violenza di Alex in Arancia Meccanica?
Questo piano di lettura lo metterei da parte, perchè Trash non vuole parlare della rivoluzione del sistema (nonostante se ne fa cenno), né della corruzione o delle responsabilità degli adulti (preti o poliziotti che siano): è un film che racconta l’amicizia e lo fa costruendo un gioco, una caccia al tesoro. E ai ragazzi piace giocare.
Elena Cappelletti