Earthrise, il “sorgere della Terra”, è la prima immagine del nostro pianeta visto “dall’esterno”, ovvero dal suolo lunare, nella celebre fotografia scattata da William Anders il 24 dicembre 1968. È con questa immagine che si consuma un rovesciamento di prospettiva: dopo le rivolte studentesche del ’68 in Italia c’è chi si pone in atteggiamento critico di fronte all’euforia per la corsa allo spazio, all’entusiasmo di una tecnologia che promette sviluppo illimitato. Si profila quindi una lotta verso il basso: l’unica avventura realistica, quella che si comincia a chiamare “ecologica”. Alcuni iniziano a rendersi conto che il dito puntato verso la Luna distoglie lo sguardo dai nuovi cambiamenti politici ed economici permessi dallo sviluppo industriale e tecnologico, a scapito appunto dell’ecosistema della prospettiva antropologica.
Continuando quindi, dopo Vegetation as A Political Agent e Grow It Yourself la ricerca fra pratiche artistiche e coscienza ecologica e politica, la nuova mostra curata al PAV da Marco Scotini rintraccia in Italia alcuni lavori degli anni dal ‘63 al ‘73 che rappresentano queste prime prese di coscienza. “L’idea che faremo meglio a tornare alla terra intesa come risposta polemica all’esplorazione spaziale è l’idea di base dalla quale sono partito per questa avventura chiamata Agricola Cornelia”1 così scriveva Gianfranco Baruchello riguardo alla sua fattoria sperimentale, Agricola Cornelia S.p.A., un’opera rivoluzionaria fra estetica, agricoltura, zootecnia, dove sperimentare nuovi modi di abitare e lavorare; e far funzionare insieme natura, vita e arte. “Era il 1973, alla fine di tutte le esperienze politiche con le quali eravamo stati connessi dal Sessantotto in poi, e ci scoprivamo alla ricerca di valori diversi da quelli della normale militanza”.
Dalla conquista della Luna partono i fiorentini 9999, esponenti dell’Architettura Radicale, che in progetto Apollo 9999 portano sulla Luna i modelli di vita terrestri (fra cui la discoteca da loro concepita e gestita Space Electronic), per salvarli dalla distruzione dell’ecosistema dovuta a inquinamento e sfruttamento ambientale. In Vegetable Garden House è invece l’orto a irrompere nello spazio domestico, come pezzo di arredamento, rovesciando la prospettiva fra architettura e natura e verificando i “gradi di libertà” ancora possibili nell’abitare.
Un atteggiamento simile a quello di un Ugo La Pietra che compie una ricerca sugli orti spontanei strappati ai margini della metropoli milanese, in un processo creativo di recupero dei rifiuti della società dei consumi. I celebri Tappeti Natura di Piero Gilardi si inseriscono naturalmente in questa tendenza di “ritorno alla Terra” e consapevolezza del degrado ambientale, e gradualmente la loro gommapiuma da “tappeto” diventa arredamento, poi abito e infine costume per la protesta politica di piazza.
Da notare come questi lavori, come sottolinea Marco Scotini, siano contemporanei alla nascita dell’Arte Povera o agli Earth Works americani e inglesi di fine anni ’60 e inizio anni ’70, ma ne costituiscano quasi un’antitesi. Se anche gli Earth Works si confrontano con una posizione ecologica lo fanno in senso dialettico, neoromantico: natura come dimensione cosmologica o sublime, sovraesposizione di elementi naturali come simboli di energie e forze da rivendicare.
I lavori di Earthrise invece concepiscono sempre la natura come socializzata: se questa viene vista come un sublime perduto, ecco che sulla natura si può glissare a favore della produzione industriale e dell’accaparramento delle risorse. La posta in gioco è invece la consapevolezza delle implicazioni economico-sociali della natura, in una prospettiva pre-ecologica, che anticipa anzi il pensiero che anni dopo verrà detto ‒ con Félix Guattari ‒ ecosofico.
Alessandro Azzoni
EARTHRISE
Visioni pre-ecologiche nell’arte italiana (1967-73)
9999, Gianfranco Baruchello, Ugo La Pietra, Piero Gilardi
a cura di Marco Scotini
6 novembre – 21 febbraio 2016
PAV – Parco Arte Vivente, Torino
1 Gianfranco Baruchello, How to Imagine. A Narrative of Art, Agricolture and Creativity, 1983