Nell’articolo L’artivismo dell’informazione, pubblicato nel 2010 sul numero 202 della rivista D’ARS, Martina Coletti descriveva in questo modo l’opera online di Marco Brianza Empire, all’epoca d’imminente pubblicazione: Riflette non solo simbolicamente il sistema di potere economico e politico attraverso un’insolita fotografia del nostro paese. L’immagine che compare sullo sfondo dell’opera è una diretta della torre Mediaset ripresa 24 ore su 24. A questa si sovrappone un collage di immagini, aggiornate ogni 15 minuti, di trasmissioni televisive, prodotti editoriali, quotidiani e siti web tutti riconducibili alla stessa sfera di influenza politico-economica (p. 20). Il progetto, dopo dieci anni, è ancora in corso sul sito https://www.theitalianempire.com. In retrospettiva non è solo un archivio maniacale del gruppo Fininvest, e quindi uno spaccato della storia italiana, ma apre a diverse suggestioni divenute talvolta urgenti (la rilocazione su piattaforme digitali di musei e spazi d’arte durante il lockdown), altre mainstream (l’estetica degli screenshot all’interno della pratica artistica) o necessarie (le questioni di restauro di opere digitali, come dimostra anche il libro di recente pubblicazione a cura di Valentino Catricalà e Domenico Quaranta Sopravvivenza Programmata: Etiche e pratiche di conservazione, dall’arte cinetica alla Net Art, Edizioni Kappabit 2020). Ne abbiamo discusso con Marco Brianza in un’intervista.
Eleonora Roaro: Il titolo è un omaggio al film Empire (1964) di Andy Warhol. Qual è il legame con Warhol e i suoi durational piece?
Marco Brianza: Una decina di anni fa, uscendo dalla mia casa di Sesto San Giovanni per prendere il treno, vidi la torre di Mediaset nel buio della notte e iniziai a fotografarla. Inizialmente mi interessava realizzare delle fotografie che si potessero estendere nel tempo, ovvero osservare i cambiamenti di una cosa attraverso la sua riproduzione fotografica. Non una fotografia dell’istante, ma della variazione del tempo. Il riferimento a Warhol è una suggestione che è arrivata in un secondo momento e sicuramente non mi interessava formalizzare il mio lavoro in forma filmica. Ciò che mi piace della fotografia è che il tempo lo mette lo spettatore rispetto a quanto accade con i time-based media. La scelta invece di produrre una nuova immagine ogni quindici minuti, invece, si lega alla celebre frase di Warhol in futuro tutti saranno famosi per quindici minuti, così come la serialità dell’opera on demand. Ogni ora si producono quattro cartoline dal valore di 9,99 €, numero che sembra una presa in giro da supermercato. Mi piace che l’arte non sia esclusiva e che uno la possa acquistare senza uscire di casa.
ER: Nel tuo progetto coesistono immaginario mediatico (i media del gruppo Fininvest) e le fotografie del mondo reale (letteralmente dalla finestra di casa tua) della torre Mediaset. Perché questa scelta?
MB: Marco Cadioli nel 2003 in The Net Photography Manifesto parla delle necessità di fotografare le cose online altrimenti non ne rimarrebbero nemmeno le rovine. Considera lo spazio online uno spazio diverso da quello reale, mentre il filosofo Floridi parla di onlife poiché reale e virtuale coesistono. Nel progetto Empire, oltre alla fotografia del mondo tangibile, ovvero la torre Mediaset, vi sono le fotografie di altri spazi – il paesaggio mediatico– in cui viviamo: siti web, riviste, libri, programmi televisivi. Sono le relazioni che abbiamo con il mondo. Per me hanno lo stesso valore la fotografia realizzata con la macchina fotografia e il fermo immagine del libro pubblicato questa settimana, o del telefilm in onda in questo momento: è una fotografia dello stato delle cose.
ER: Iniziato nel 2010 e tuttora in corso oggi dopo dieci anni, Empire, in quanto opera di Net Art, apre a questioni di restauro e di manutenzione per via dei costanti cambiamenti tecnologici e per il deterioramento fisico dei supporti…
MB: Io mi occupo della scrittura dei software che permettono all’opera di esistere nella sua forma attuale, ma richiedono manutenzione costante. Ho così adottato soluzioni affinché il lavoro sia ‘future proof’, ovvero resti stabile nel tempo con poche modifiche.
Empire è nato nel 2010 su un piccolo laptop con Windows XP, con un programma scritto in Visual Basic, ed è diventato una Raspberry Pi con Linux e un software scritto in Python. Mi aspetto che il software girerà sui computer del futuro. Non solo le tecnologie cambiano in maniera veloce, ma anche concettualmente. È mutato il modo di progettare le cose. Prima lo strapotere era Windows, oggi Linux: tutto internet gira su Linux.
La foto della torre Mediaset non è cambiata. Da dieci anni utilizzo la stessa macchina fotografica Canon S5 IS con uno zoom fino a 600mm che posso controllare da computer. Ho comprato però una testa a cremagliera più stabile perché, nel tempo, l’inquadratura si spostava di qualche millimetro. Ho inoltre una copia di Empire su un’altra Raspberry Pi sulle quali faccio le prove quando devo effettuare delle modifiche al software.
Ho dovuto cambiare browser perché Internet Explorer non permetteva più di visualizzare il sito web del TGcom. Ora Uso Firefox, che è open source. Ovviamente l’url dei siti da cui realizzo i vari screenshot non è più lo stesso e ho quindi dovuto riscrivere il software. Anche lo standard della TV è cambiata, per cui le immagini sono diverse: da PAL 4:3 è diventa HD 16:9. Nel 2022 cambierà anche lo standard di trasmissione televisiva. E come dico spesso in riferimento al progetto: È il mio computer che guarda la TV, non io! I contenuti non solo sono formalizzati come cartolina, ma sono archiviati separatamente: da una parte ci sono tutte le immagini del TG5, ad esempio, o le copertine de Il Giornale.
Inoltre vi sono stati cambiamenti all’interno del gruppo Fininvest in termini di quote azionarie per cui si sono aggiunte alcune riviste e altre invece non fanno più parte del progetto. In un certo senso Empire, se visto come archivio dell’immaginario mediatico italiano, ne mostra i cambiamenti, le evoluzioni o le involuzioni avvenute in questi dieci anni.
ER: Quando finirà Empire?
MB: Il mio intento è di tenere il sito attivo fino a che Silvio Berlusconi sarà in vita. Questo non solo per un fatto simbolico, ma anche perché questo insieme di media rappresenta il vecchio mondo ed è via via meno rappresentativo della nostra esperienza onlife. Oggi i social ci presentano una serie di contenuti personalizzati mentre questi media sono il frutto di un approccio broadcast. Vorrei inoltre rendere open source il software di Empire affinché possa essere utilizzabile liberamente da chiunque e declinabile su altri contenuti.
Marco Brianza, Empire, 2010 – in corso
https://www.theitalianempire.com