Fabio si tuffò nella corsia 3, dentro l’utero di sua madre, e la percorse a bracciate vigorose, come uno spermatozoo adulto. Fra gli umori clorati che lambivano il corpo, cosa sua e non sua, le bolle rilasciate dai polmoni parlavano di suoni ancestrali sopra l’intreccio di mattonelle azzurre.
Il corpo. Quasi si era dimenticato di averne uno, chiuso tutti i giorni dentro un ufficio buio, privo di finestre, esposto a ovest. Fabio guardava sulle croste del muro e ci leggeva soli mobili che avanzavano oltre la parete, declinavano nei cieli uterini, tornavano uova insieme agli altri pianeti.
«Questa schiena reclama nuoto. Tu sei capace di nuotare?», gli aveva chiesto il suo medico, battendogli una mano fra le scapole.
«Nuotavo da piccolo.»
«E poi?» E poi basta, stupido medico. (…)
Roberto Stradiotti – racconto tratto da La Luna di Traverso n.29 Origini, 2011
D’ARS year 55/n. 220/spring 2015 (incipit dell’articolo)
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