Cera una volta il taglierino e il cartoncino “bristol”. Ed anche la plastica, il legno e il gesso. Persino il plexiglass, trasparente e perfetto. Poi sono arrivati i polimeri trasparenti, le resine, le schiume, addirittura i Led e le fibre ottiche.
Ed é cosí che il mondo della modellazione architettonica ha cambiato faccia. Ma non la sostanza.
Indispensabile strumento di progettazione, la realizzazione dei plastici architettonici, continua ad essere la forma di un’idea.
Controllo ineludibile della sua attendibilitá, il modello rimane la prima materializzazione di un concetto.
E non solo questo, la modellazione puó essere ancora di piú…
Ce lo insegna l’architetto Marco Galofaro, titolare dello studio di prototipazione e modellazione Modelab – www.modelab.it – con la sua sperimentazione azzardata e, aggiungerei, azzeccata.
Motivato da una curiositá spontanea e dall’entusiasmo di chi é curioso, appoggiata da un’elevata professionalitá e profonda conoscenza del mestiere, “gioca” a sperimentare. Ed é propio la sperimentazione che lo ha spinto al punto di dare vita a vere e proprie suggestioni formali. Pezzi spazialmente interessantissimi, formalmente affascinanti, incompiuti perché indefiniti, o finiti perché sufficienti, che stimolano l’immaginazione animando un universo di fantasia, bizzarro ma non cosí lontano.
Modelli di architettura o pezzi d’arte?
O ancora, dall’arte del modello, al modello d’architettura?
E viceversa?
Lo abbiamo chiesto a lui…
Da sempre l’unico modo per l’uomo di combattere la natura senza distruggerla è stata l’arte. Quella che si affida alla produzione di una forma ferma.
Attraverso l’arte l’uomo ha fondato una realtà artificiale che gli ha permesso di sentirsi creatore di una norma diversa. La Forma è la prova lampante di un comportamento non governato dalla natura ma da una creatività progettuale ed esecutiva.
L’Architettura ne è stato il tentativo più esplicito e significante mediante la costruzione, in scala col paesaggio, di una forma visibile anche da lontano…
Il modello rappresenta spesso il momento propedeutico di un’ architettura, l’espressione formata di un’ idea a futura memoria.
Nella prima fase possiede il potenziale tipico della condizione adolescenziale. Mi spiego meglio: all’inizio di un processo creativo la forma non conosce ostacoli e gode di una illimitata libertà progettuale (è questo il campo in cui mi colloco), fuori dalla necessità della scelta adulta. Tra il modello e l’esecuzione di un’architettura sembra spesso esserci quella distanza esistente tra adolescenza e maturità, in cui avvengono eventi di modificazione accidentali, alteranti la fisionomia iniziale.
Nel mio lavoro cerco dunque il gioco…
Arte e architettura, una linea sottile sulla quale Marco Galofaro cammina cercando di catturare l’essenza distintiva di ogni pezzo. Indistintamente.
La sua Carpet Villa è un tetto/tappeto che protegge e avvolge la casa che gli sta sotto, – essenza prima di ogni rifugio, e la casa è IL rifugio per eccellenza -. Una lastra di resina modellata a mano fino al punto di ottenere la forma che piú gli piace. Solo allora il processo di modellazione fantastica si ferma. Solo allora la forma “prende forma”. La forma ferma di cui parla Galofaro.
Non voglio rinchiudermi all’interno di un linguaggio precostituito, lascio che le immagini o le suggestioni di un progetto vengano a me e solo quando hanno preso forma cerco di dedurre le idee nascoste che tali immagini possono racchiudere.
Naturalmente corro sempre il rischio implicito dell’interpretazione, ma l’immagine-forma, una volta generata, se è immagine prototipica, contiene un’idea nuova, sebbene in una forma spesso da decodificare….
E varcando la soglia della percezione immaginaria, l’artefatto architettonico nella sua inafferrabile totalitá, puó ora essere ideato, progettato, organizzato e attrezzato, superando definitivamente il mondo dell’esperienza sensibile, il mondo del visibile, del tattile, dell’udibile, dell’olfattivo…per diventare forma-funzione. Anzi, immagine-forma-funzione.
Ma lo studio Modelab non si accontenta. Entra ora in gioco la tecnologia informatica e la macchina a controllo numerico. L’oggetto viene scansionato e poi rielaborato con il computer in modo tale che si possa passare da un modello molto piccolo (15 X 15cm), fino ad una estensione di 2.10 X 2.10m.
Dall’arte del modello al modello architettonico, quindi. Dove il modello architettonico non é una semplice rappresentazione, ma la genesi di un’idea e, certo, anche la sua resa.
Marco Galofaro non misura dunque il contenuto, il significato e la veritá delle rappresentazioni in base a qualcosa di esterno, ma in base a qualcosa che suppone riprodotto in esse, cercando nelle rappresentazioni stesse la misura e il criterio della loro veritá. Invece di considerarle pure e semplici copie in scala di qualcos’altro, vede in esse qualcosa in più che una registrazione data inizialmente in categorie fisse della realtá. Mito, linguaggio, scienza, … e l’arte della modellazione, sono perció simboli, non nel senso di pure e semplici figure che si riferiscono a una qualche realtá attraverso la suggestione o l’allegoria, ma nel senso di agenti ciascuno dei quali produce e postula un mondo proprio. E le rappresentazioni non sono quindi imitazioni, ma organi della realtá, nel senso che soltanto attraverso esse qualcosa diviene un oggetto da noi compreso e per noi reale.
Rendere é un’operazione non passiva e imitativa, ma dinamica e produttiva. Che il soggetto sia una cittá, un pezzo di cittá o un edificio, creiamo l’immagine a cui siamo in grado di arrivare.
Ció non significa che tutte le rese siano egualmente buone o giuste, o che siamo in grado di produrre a volontá qualunque cosa ci piaccia cosí come ci piace. Realizzare una giusta resa richiede sforzo, perizia e attenzione. I limiti del successo sono costituiti dalla nostra energia, pazienza, formazione, discernimento, abilitá manuale, ingegnositá e dai materiali di cui disponiamo. E questi materiali consistono in osservazioni, impressioni, ricordi, racconti, immagini, nozioni contenute nel fluttuante guazzabuglio delle rese comunicateci da chi abita i nostri spazi e da frammenti che chiamiamo la nostra “idea” di spazio.
Combinando, eliminando, deformando, modellando, riorganizzando, Marco Galofaro cerca di aprirsi la strada attraverso i tenaci stereotipi che rafforzano lo spazio contro la penetrazione, e di arrivare a un’efficace caratterizzazione. Un carattere cosí espresso é creato nella stessa misura in cui é scoperto.
Conquistare rappresentando é un atto di comprensione e di creazione.
Alessia Allegri