La serie di Silvia Mariotti Attempts, esposta al Mac di Lissone, cattura in scatti fotografici azioni congelate allo stadio del possibile, in cui soggetti umani dal volto occultato sono sospesi in contesti plausibili ma indeterminati, generando un’ambiguità che ci ipnotizza, ci incatena all’immagine nel tentativo vano di risolverla. Infatti, il vivido realismo delle figure, se da una parte facilita la nostra immedesimazione, dall’altra acuisce il bisogno di sciogliere quell’incertezza che ora sentiamo di condividere. L’immagine ambigua diviene così, per il nostro sguardo un simulacro in grado di evocare i possibili, costringendoci a vagliarli senza mai esaurirli in un incessante rimaneggiamento dell’interpretazione che resta precaria.
In Manipolazione atavica soggetti anonimi di un’azione misteriosa sono immersi in un’atmosfera nebulotica e atemporale che rinvia allo stato primordiale dell’agire, a quell’istante in cui l’atto ha una forma ancora indefinita e manipolabile, come la massa informe che i soggetti si apprestano a modellare inchiodati al ruolo di eterni demiurghi di un atto mancato e in attesa di uno sguardo che lo compia. Ma lo sguardo, privato dall’indeterminazione del contesto di una controprova tranquillizzante, è condannato a ogni colpo d’occhio a una ripetuta manipolazione della prospettiva assunta, esperendo come propria l’imprevedibilità che grava sugli esiti dell’umano agire ed esistere.
In Try n.4 l’incertezza compressa nell’immagine è tale da trasformare il soggetto ignoto in una sorta di macchia incombente che ci turba e ci chiede di interpretarla scegliendo fra possibilità intercambiabili, nel tentativo (a cui sia Try che Attempts potrebbero alludere) fallimentare di definire in anticipo ciò che ancora deve compiersi, di conferire un’identità a un soggetto senza volto. Ma l’atto non si compierà, il soggetto ignoto non diverrà riconoscibile e noi non ci libereremo da quell’inquietante incertezza di cui le opere esposte sono specchio implacabile, innescando una lucida presa di coscienza del destino di precarietà che accompagna l’esistere.
Gli Attempts di Silvia Mariotti si trasformano, dunque, in affascinanti metafore dell’immagine toutcourt, che nello scarto rispetto alla realtà compiuta diviene simulacro del possibile, ricettacolo di ciò che ancora può essere e si rende visibile nelle infinite interpretazioni che l’arte ci consente rispetto all’immodificabilità senza appello di un fatto ormai accaduto. L’esperienza del possibile condensato negli scatti ci costringe, così, alla difficile accettazione che quella condizione di ambiguità irrisolta è la stessa che affligge le nostre esistenze incompiute e imprevedibili. E la luce che fora l’oscurità dominante, in Impianto notturno, pare quasi l’emblema di quella consapevolezza che l’immagine sempre ci impone, in quanto potente catarifrangenza del divenire che attende all’orizzonte di una realtà fragile, come la nostra, dove tutto può ancora essere.
Martina Piumatti
ATTEMPTS
Silvia mariotti
A cura di Alberto Zanchetta
22 marzo – 27 aprile 2014
Mac-Museo d’Arte Contemporanea, Lissone