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AND: trasformazioni nel mondo del libro

Il mondo dei libri da tempo sta subendo diverse trasformazioni, dapprima dovute all’utilizzo di massa di internet e di recente dovute alla nascita dell’editoria digitale. Negli ultimi anni la definizione dei nuovi formati digitali ha posto diverse domande e qualche allarmismo circa il diritto d’autore e la tutela dalla pirateria. Nonostante si tratti di dibattiti che dichiaratamente cercano di tutelare a livello giuridico la proprietà intellettuale, nella maggior parte dei casi sono altre le intenzioni taciute.

Già nel 1993, Mark Rose, in Authors and Owners [1], dimostrò come nei secoli le discussioni sul diritto d’autore abbiano avuto una ricaduta sul concetto di creatività e di autorialità arrivando a definire la letteratura in senso lato. Il principio base che si è consolidato è che il libro non ha nulla a che fare con il suo supporto materiale, è piuttosto un’opera artistica immateriale frutto dello stile dell’autore. Questa forma più pura e trascendente ha permesso di spostare l’attenzione sulla figura dell’autore intesa come volto noto e ha rimosso dal dibattito uno degli agenti principali, cioè il mercato del libro. Inoltre ha creato imbarazzanti controsensi nel caso di opere frutto della collaborazione di più autori, o di opere in cui la casa di produzione compare tra gli autori.

Le trasformazioni degli ultimi anni, quindi, ci offrono l’occasione non solo di mettere in discussione il concetto di copyright in senso stretto, ma anche di indagare più a fondo le tante rimozioni avvenute nei secoli nel dibattito per la sua definizione. Su questo solco si può interpretare The Piracy Project, progetto nato nel 2009 e sostenuto dalla Central Saint Martins University of the Arts. Le ricercatrici Eva Weinmayr, Lynn Harris e Andrea Francke hanno deciso di avviare il progetto a seguito della notizia della chiusura della biblioteca interna all’Università. Questa notizia aveva scatenato l’interesse di diversi ricercatori, desiderosi di mantenere vivo e attivo quello spazio. Le curatrici hanno ideato una call internazionale per artisti, al fine di indagare le implicazioni filosofiche, giuridiche e pratiche del produrre copie pirata di libri utilizzando la tecnologia print on demand (stampa su richiesta).

La collezione di questi libri, che hanno ripopolato la biblioteca universitaria, è stata il punto di partenza per dibatti sul concetto di originalità, sulla nozione di paternità e sulle politiche del diritto d’autore. Nel 2011 è nato AND, un progetto di ricerca diffuso che non parte da idee precostituite sul copyright o sulla pirateria. AND indaga cosa accade quando chi partecipa rielabora o copia il libro scelto. In questo processo di dibattito e di pratica creativa ha un ruolo fondamentale la materialità dei libri stampati intorno ai quali si generano discussioni sempre diverse. Le promotrici del progetto definiscono il luogo in cui si trovano i libri stanza per la lettura, dove il contatto diretto con le persone innesca significati e rapporti nuovi con i libri.

Books from andpublishing.org
Books from andpublishing.org

La collezione è aumentata nel tempo, sia grazie a workshop pratici, sia grazie alla frequentazione di mercati neri dei libri, in particolare in Turchia e in Cina. In quest’ultimo stato la pirateria dei libri è una pratica diffusa a livello accademico. Oltre ai libri accademici, si trovano le riproduzioni dei libri più disparati all’interno di un mercato di dimensioni notevoli. Attraverso la collezione di The Piracy Project, disponibile anche online, è interessante scoprire il caso dei fumetti di Hergé, Le avventure di Tintin. Questi albi sono distribuiti da sei diversi editori che, nel produrre le copie pirata, si avvalgono di diversi disegnatori che riproducono in bianco e nero i disegni originali. In questo caso il tratto grafico distintivo dell’autore di Tintin passa in secondo piano, mentre nella vendita per il mercato nero diventa centrale il ruolo giocato dalla trasformazione in brand del personaggio Tintin. In una nazione come la Cina, il prodotto cartaceo si sottrae più facilmente ai controlli rispetto al digitale e paradossalmente è più semplice non solo la riproduzione non autorizzata, ma anche la modifica consistente dei contenuti e degli aspetti materiali del libro.

Tornando alla collezione AND, le modifiche materiali dei libri non provengono solo dai mercati neri. Gli interventi sono di diversa natura, vanno dalla reimpaginazione dei testi originali a cancellature, tagli o disegni. In alcuni libri, gli artisti che hanno risposto alla call hanno voluto mettere in risalto quanto sia importante nella fruizione il supporto utilizzato, soprattutto quando è digitale. È il caso del lavoro di Hester Barnard. L’artista canadese ha riprodotto tre differenti versioni cartacee del libro Jan van Toorn: Critical Practice catturando le immagini a schermo attraverso Google Books, con un iPhone 4 da 3,5 pollici, con un MacBook Pro da 16 pollici e infine con un Mac touch-screen da 30 pollici. Ogni dispositivo offre una qualità d’immagine diversa: mentre i computer sono autorizzati a visualizzare un’anteprima di ogni pagina, il dispositivo mobile non può farlo. Il risultato consiste in pubblicazioni liberamente reimpaginate con l’inclusione degli spazi vuoti. In questo caso la rimediazione del libro, cioè il passaggio da un medium a un altro, riesce a fare luce sui processi di intermediazione, vale a dire i passaggi dalla materialità del computer al codice, fino all’interfaccia con cui gli utenti si relazionano. Si dimostra in che misura anche l’errore, o il blocco della visualizzazione nell’esperienza della lettura, facciano parte del rapporto con la materialità del computer. Il progetto AND si è sviluppato nel tempo e ad oggi continua a muoversi in diversi contesti e spazi. Tra i dibattiti che si sono svolti, quello sulle regole di catalogazione dei libri sembra essere il più affascinante. Raggruppare i libri pirata per caratteristiche simili apre prospettive interessanti, soprattutto se le si osserva da più punti di vista. Ad esempio, durante uno dei dibattiti sono stati invitati tre importanti avvocati di provenienze diverse, per discutere degli aspetti legali e illegali della pirateria e per approfondire le zone di confine tra questi aspetti, partendo da alcuni libri della collezione.

Da questo dibattito è emersa una prima provvisoria catalogazione, il cui senso era apertamente legato al discorso in fieri. Negli eventi successivi, i termini della catalogazione sono stati modificati a seconda delle argomentazioni di partenza. Il pretesto della definizione innesca nuovi significati, ma lo scopo principale è dialogare a fondo su tutti quei processi personali che portano all’accettazione di una regola o alla sua infrazione, su quale senso diamo ai libri e quale rapporto stabiliamo con essi. Le curatrici non intendono arrivare a una mappatura completa o universale, ma piuttosto, partendo dalla scelta della parola AND, vogliono continuare a creare, andando oltre a congiunzioni e giustapposizioni, per dare origine a un balbettio inteso come nascita di nuove parole.

Loretta Borrelli
D’ARS year 54/nr 219/autumn-winter 2014

[1] Per un’attenta analisi del lavoro di Rose si veda My mother was a computer di Katherine Hayles. (vai alla recensione)

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