La mostra AISTHESIS – All’origine delle sensazioni, a Villa Panza (Varese) dal 27 novembre 2013 al 2 novembre 2014, documenta la ricerca e la poetica di Robert Irwin (1928) e James Turrell (1943), esponenti dell’Arte Ambientale americana. Il progetto espositivo, realizzato dal FAI – Fondo Ambiente Italiano – e LACMA – Los Angeles County Museum of Art – in collaborazione con il Guggenheim Museum di New York, il Getty Research di Los Angeles e l’Archivio Panza di Mendrisio, si articola in diciannove opere tra installazioni, lavori site-specific e proiezioni. Dove vi sono degli oggetti, questi perdono di peso, diventano immateriali: sono ologrammi, proiezioni, rifrazioni, colonne trasparenti. La luce, a sua volta, è concreta, palpabile: per illusioni ottiche, inganni percettivi vediamo cose che non ci sono. Il punto di vista, la nostra posizione nello spazio, i nostri sensi creano l’opera. Questi lavori, fatti di spazio e luce, invitano a ripensare il modo in cui percepiamo la realtà. Aisthēsis (αἴσθησις), termine greco che dà il titolo alla mostra, indica la percezione legata a tutti i sensi. Il tatto e la vista costituiscono un tutt’uno: l’occhio non è staccato dal corpo e il corpo non lo è dalla mente.
I due artisti sono già presenti a Villa Panza dagli anni ’70 con dei lavori site-conditioned commissionati dal collezionista Giovanni Panza di Biumo, in quegli anni interessato alla scena artistica di Los Angeles. Robert Irwin realizza nel 1974 Varese Scrim, una stanza bianca che inganna la nostra percezione: dove sembra esserci un muro, prestando maggiore attenzione, si nota un velo di nylon. Del 1973 è invece Varese Window Room, una finestra senza infissi che incornicia un grande albero: l’immagine cambia al variare delle stagioni ed è diversa in ogni momento della giornata.
Sky Space I (1974) di James Turrell è una stanza completamente vuota e bianca con un varco quadrato sul soffitto. Il visitatore è invitato a guardare quella porzione di cielo come se fosse un dipinto variabile: ora un monocromo blu, ora una notte stellata. Sono quadri che mutano nel tempo e che non sono mai uguali a loro stessi, poiché inquadrano una porzione del reale. Sembrano dirci che abbiamo bisogno di una cornice attorno alle cose per vederle davvero. Ci invitano a prendere del tempo per osservare le cose, per entrare in sintonia con esse.
Il percorso espositivo approfondisce il rapporto instauratosi tra i due artisti tra il 1967 e il 1971 con lo psicologo della percezione Edward Worz. All’interno del programma Art and Tecnhnology, organizzato dal LACMA, conducono esprimenti sui campi percettivi totali (Ganzfeld) e sulla deprivazione sensoriale, esperimenti che porteranno alla creazione di ambienti immersivi. E in occasione di questa mostra Turrell, nella Scuderia Grande della villa, ha realizzato un nuovo Ganzfeld: uno spazio vuoto, senza orizzonte, dove sofisticate luci programmate rendono difficile percepire la differenza illusione ottica e spazio reale. Robert Irwin, invece, ha pensato ad una nuova installazione site-conditioned, Villa Panza 2013: un labirinto di veli, dove la luce modella in modo geometrico e ritmico lo spazio.
Pochi sono gli oggetti presenti in mostra, e sono “immateriali”. Untitled (Column) (2011) di Robert Irwin è una colonna in plastica acrilica trasparente che riflette luci e colori. Gli Holograms (2011-2013) di Turrell sono realizzati con esposizioni di film olografico in grado di trattenere frammenti di luce multidimensionali. L’olografia sembra essere la naturale prosecuzione di una ricerca iniziata negli anni ’60 con i Projetion Pieces, conservati al Guggenheim di New York, alcuni dei quali presenti in mostra, dove, attraverso proiezioni luminose, si percepisce la presenza di figure geometriche che fluttuano nella stanza. Queste figure non esistono, sono frutto dell’inganno dei sensi.
L’olografia illude in modo ancora più profondo i meccanismi del processo di visione: permette di vedere oggetti che appaiono come reali, solidi, tridimensionali, ma che non si possono toccare. Il tatto è chiamato quindi in causa come elemento discriminante tra realtà e virtualità, è parte fondamentale alla percezione sensoriale totale nota come aisthēsis. Nell’olografia è l’osservatore a decidere l’immagine: è necessario spostare il proprio corpo, in un processo conoscitivo analogo a quello impiegato di fronte al reale fenomenico. L’immagine non solo si trasforma a seconda del punto di vista, ma esiste anche dove non si vede. È staccata, indipendente dal supporto (l’immagine può essere davanti, dietro, altrove…) mentre non può esistere un quadro senza una tela, un video senza uno schermo. Oggetto reale e immagine, nell’ologramma si avvicinano fino quasi a confondersi, interrogandoci sui meccanismi della visione e, quindi, su ciò che sappiamo (o crediamo di sapere) sul mondo.
Eleonora Roaro