Dal 21 febbraio al 29 aprile la galleria nazionale del Jeu de Paume di Parigi espone la prima grande retrospettiva di Ai Weiwei in Francia. Artista polivalente, prolifico e provocatore, Ai Weiwei (Pechino, 1957) si consacra da trent’anni alla critica sociale e al militantismo artistico, tanto che è difficile distinguere la sua vita e il suo pensiero dalle sue creazioni artistiche come architetto, artista concettuale, fotografo, performer e blogger.
Ai Weiwei è un osservatore perspicace della società contemporanea e un paladino della libertà d’espressione e di comunicazione, spesso negata dal clima di controllo e censura che vige in Cina. Le attività dell’artista sono infatti mal sopportate dal governo: nel 2008, in seguito al terremoto che ha colpito la regione centrale del Sichuan, il suo lavoro di documentazione fotografica e sensibilizzazione pubblica nei confronti delle negligenze delle autorità gli sono valsi una retata poliziesca e un’emorragia cerebrale. Un anno dopo, nel 2009, il suo blog è stato soppresso a causa del contenuto critico antigovernativo, mentre l’anno scorso l’artista è stato recluso per quasi tre mesi in un luogo segreto ed è tutt’ora in regime di libertà a raggio ridotto.
La mostra del Jeu de Paume ripercorre i momenti salienti del percorso artistico di Ai Weiwei dagli anni Ottanta a oggi, attraverso il prisma delle sue fotografie e dei documenti video. I muri della prima sala sono tappezzati delle fotografie che compongono la serie “Provisional Landscapes”, realizzata in varie città cinesi tra il 2002 e il 2008. Le immagini documentano un paesaggio urbano desolato in continuo mutamento: in Cina lo stato possiede tutte le terre e può costruire e demolire a piacimento interi villaggi e quartieri che spariscono in pochi giorni trasformandosi in terreni abbandonati ed enormi cantieri. Nella stessa sala sono esposte le fotografie delle fasi di edificazione dello stadio nazionale costruito a Pechino per le Olimpiadi del 2008. Ai Weiwei è stato infatti consulente artistico del progetto del “Bird’s nest” (come viene comunemente chiamato lo stadio per la sua struttura di piloni che ricorda un nido d’uccello), pur prendendo le distanze dall’evento dei giochi olimpionici, troppo sfruttato, a suo parere, a fini propagandistici.
Seguono le immagini e le videointerviste del progetto artistico proposto da Ai Weiwei per Documenta 12 (2007), una delle mostre d’arte contemporanea più importanti del mondo che si tiene ogni cinque anni a Kassel. Per l’occasione, Ai Weiwei è riuscito a far arrivare mille e uno cinesi in Germania e ha realizzato una sorta di “installazione vivente”, concepita come un canale di scambio culturale. Considerate le difficoltà di ottenere un passaporto valido per l’espatrio in Cina, il progetto sembra una favola, da cui il suo titolo “Fairytale”.
Di fronte ai sessanta ritratti di cittadini cinesi in attesa del visto per la Germania, è esposto il gigantesco trittico “Dropping a Han-Dynasty Urn” (1995) che ritrae Ai Weiwei mentre lascia cadere e frantumare ai suoi piedi un antichissimo vaso in ceramica.
La provocazione iconoclasta di Ai Weiwei prosegue con la serie “Study of Perspective” (1995-2010) composta da ventisette immagini nelle quali l’artista mostra irrispettosamente il dito medio di fronte ai simboli della tradizione o dell’ordine costituito: il suo dito medio svetta in primo piano sullo sfondo della piazza Tienanmen a Pechino e della Casa Bianca a Washington, ma anche della torre Eiffel a Parigi, del palazzo ducale di Venezia, e persino di un arcobaleno. Questo dito la dice lunga sulla “prospettiva” dell’artista nei confronti di ogni tipo d’autorità politica, storica o culturale…
La mostra presenta anche un’ampia documentazione d’immagini prese con il telefono cellulare e di testi e messaggi apparsi sul blog dell’artista prima della sua soppressione, oltre a numerose fotografie documentarie sulla scena artistica pechinese degli anni Novanta, quando l’avanguardia ruotava attorno all’esperienza della comunità degli artisti dell’East Village (1993). Il percorso espositivo si conclude con le fotografie del giovane Ai Weiwei a New York, passando dall’East Village di Pechino a quello “originario” di Manhattan, dove l’artista ha vissuto dieci anni, dal 1983 al 1993. Vero e proprio giornale di bordo, le fotografie analogiche in bianco e nero di questo periodo immortalano la miseria urbana americana, ma anche i momenti di lotta militante per i diritti dell’uomo e gli scontri tra manifestanti e polizia, testimoniando la lunga vocazione sociale di Ai Weiwei.
Il titolo della mostra, Entrelacs (Intrecci), evoca la complessità di un artista contemporaneo sempre intento a tessere legami tra ambiti e discipline diverse, tra passato e presente, tra vita e arte, tra la contingenza dei problemi sociali e l’universalità dell’espressione artistica.
http://www.jeudepaume.org/
Silvia Mattei
D’ARS year 52/nr 209/spring 2012