Il Musée d’Art Moderne (MAM) di Parigi ospita Flux, una personale dedicata a David Altmejd.
Punto di arrivo e generatrice di un nuovo inizio che impedisce la strutturazione del percorso espositivo, The flux and the puddle (Il flusso e la pozzanghera) è il perno attorno il quale sembra ruotare la cosmogonia di questo quarantenne franco-canadese. In un inanellarsi di forme cristallizzate nel loro divenire a generare una wunderkammer – con tanto di minerali, vegetali e dettagli anatomici – della presa di coscienza di inizio millennio, ecco aprirsi un accesso alla mappatura mentale dell’artista. Minimalismo e barocca violazione del convenzionale prestabilito si incontrano a costituire uno iato armonico e nel contempo fastidioso nel risvegliare una percezione troppo spesso assopita dal glittering mediatico.
Quasi immediato per contenuti e atmosfere il richiamo all’universo di Matthew Barney da cui si differenzia per un approccio maieutico in virtù del quale il punto di partenza si situa all’interno della creazione artistica, laddove il compagno di Bjork invita piuttosto a una rinascita/ritorno all’utero materno.
Ogni cosa è oggetto di trasformazione, le forme più pure subiscono progressive contaminazioni che sfociano in lupi mannari e creature parzialmente cancellate dal passaggio del tempo.
Destabilizzanti nel suscitare interrogativi in merito all’identità occulta di ciascuno, affascinanti nel loro veicolare l’energia di un costante fluire, questi “mostri” permettono nelle intenzioni dell’artista di trovare un punto di riferimento: le sculture minimaliste vengono infettate da elementi mutuati dal lato oscuro dell’immaginario collettivo che parla di violenza e si inserisce nel ciclo del cambiamento.
In una sorta di continuum il gesto assurge a protagonista di questo processo: le mani, che già il nostrano Penone ha sublimato a icona della dicotomia tra positivo e negativo, diventano per Altmejd l’elemento fondante di una partenogenesi da cui scaturiscono i Bodybuilders, i Relatives e i Watchers, esseri antropomorfi generati da una progressiva accumulazione del gesto stesso. Incontrare questi silenziosi guardiani di gesso che presiedono la sottile soglia tra astrazione e rappresentazione proietta il visitatore in una dimensione quasi onirica dalla quale è – forse – possibile cogliere l’essenza nascosta del divenire. Difficile dire se tale processo implichi sofferenza o sia frutto di un distaccato compiacimento: Altmejd lancia un invito a interagire con un mondo in cui ognuno è libero di trovare le proprie risposte.
Danilo JON SCOTTA
David Altmejd
Flux
Musée d’Art Moderne (MAM), Parigi
Fino al 1 febbraio 2015